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IFI: il crollo dei prezzi cinesi non giustificato da economie di scala

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Foto di anncapictures da Pixabay

Il Comitato IFI, Industrie Fotovoltaiche Italiane, intende fare chiarezza sulle continue affermazioni attraverso le quali i rappresentanti europei dei produttori cinesi, in particolare le dichiarazioni di AFASE, sostengono che il calo dei prezzi dei moduli cinesi degli ultimi anni sia effetto di economie di scala e non di azioni illegali di dumping, tema oggetto dell’investigazione aperta dalla Commissione Europea lo scorso 7 settembre.

I dati trimestrali dei principali gruppi produttori di moduli cinesi si commentano da soli: per Trina Solar il margine operativo netto (EBIT margin) è passato dal +22% del terzo trimestre 2010 al +0,8% dello stesso periodo nel 2012; ancora peggiore è la situazione dichiarata da Yingli Green Energy, che da un margine operativo netto assestato al +20% nel Q3 2010 si è passati al -42% nel Q3 2012, con perdite di gestione attestatisi a 152,6 milioni di dollari.

Suntech Power Holdings Co. Ltd, che deve ancora rendere pubblici i dati del terzo trimestre 2012, ha diffuso i preliminari di metà 2012, che vedono il passaggio da un margine operativo netto del Q3 2010 di +8% a un provvisorio –10% per il Q2 del medesimo anno.

Ma ci sono dati sempre più allarmanti trasmessi da altri grandi produttori cinesi, come LDK Solar Co. Ltd, che ha di recente annunciato pesanti perdite nel secondo trimestre 2012: la perdita netta per il trimestre è stata di 254 milioni di dollari, mentre nello stesso periodo del 2011 la perdita netta registrata era stata di 87,7 milioni di dollari.

“Inizia ad avere toni imbarazzanti la difesa che i portavoce dei produttori cinesi stanno continuando a diramare, nel tentativo di condizionare l’opinione pubblica e gli organi istituzionali in una fase molto delicata dello svolgimento dell’investigazione anti-dumping condotta dalla Commissione EU” dichiara Alessandro Cremonesi, presidente di Comitato IFI “La difesa delle economie di scala, cui si avvantaggerebbero i produttori cinesi, viene negata nei fatti dai pesanti dati pubblici di bilancio comunicati dagli stessi gruppi: milioni di perdite e margini negativi, non sostenibili da nessuna industria al mondo, nonostante aiuti e accesso illimitato al credito”.

“Rispetto all’evidenza di tali numeri ci chiediamo come ancora possa ritenersi credibile la difesa che i produttori cinesi si ostinano a portare avanti, attribuendo alle economie di scala il merito di determinare i prezzi cinesi sul mercato europeo inferiori di oltre il 40% rispetto a quelli praticati dai produttori nazionali ed europei. In aggiunta è assodato che tutte queste compagnie abbiano goduto negli ultimi anni di finanziamenti illimitati a tasso pressoché nullo da parte delle banche governative cinesi.

È notizia di oggi che il produttore solare cinese JinkoSolar Holding Co., Ltd. ha ottenuto un finanziamento da 1 miliardo di dollari dalla China Development Bank. Ecco qual è il vantaggio illegittimo rispetto ai produttori italiani ed europei. L’industria Italiana, per contro, ha visto chiudersi i rubinetti dell’accesso al credito e, laddove concesso, erogato a prezzi di interessi superiori all’8%”.

Ad avvalorare tali affermazioni era già intervenuta Bloomberg (Firing Up China’s Solar Market, Businessweek) che sanciva come l’industria dei pannelli solari cinesi fosse diventata la più grande al mondo grazie a una semplice formula: produrre in Cina, vendere in Europa.

Traendo vantaggio dai generosi finanziamenti erogati internamente, che secondo il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti ammonterebbero a 30 miliardi di dollari in sostegno statale per il solo anno 2010, le aziende produttrici cinesi hanno trascorso anni ad incrementare la loro capacità produttiva ma, considerando il limitato mercato interno per l’acquisto e l’installazione di sistemi di energia solare, i cinesi hanno puntato l’attenzione sulle esportazioni, in particolare verso Italia, Germania e altri paesi europei.

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