C’è una piccola rivoluzione che sta “germogliando” nelle città del mondo: è il desiderio di auto-produrre e vivere in prima persona un orto, anche come forma di socialità. Cogliendo questa tendenza in atto, Magazine Green Planner ha organizzato lo scorso 5 ottobre un convegno in tema presso lo spazio Avanzi.
Oggi si parla di orti collettivi, spesso antidoto alla solitudine (orto-terapia), occasione di coesione e di collaborazione, rivalutazione degli spazi per esempio nei condomini.
Ci sono i corporate garden (orti aziendali) che azzerano le gerarchie e stimolano la collaborazione per un obiettivo comune o gli orti a scuola che coinvolgono bambini e famiglie nel recupero del fondamentale rapporto con la natura.
La green economy, insomma, germoglia anche – o forse soprattutto – nell’orto che sta sottocasa, a scuola o in azienda.
Lo dice Marco Salvaneschi di Smart Garden, società che si occupa di consulenze per orti e giardini e distribuzione di attrezzature e sementi, con particolare attenzione alla sostenibilità, che ha creato il concept Urban Green Revolution così sintetizzato.
“Vogliamo avvicinare tutti al verde. È una rivoluzione non solo filosofica o da addetti ai lavori, ma un fatto concreto. Forniamo soluzioni alla portata di tutti e accessibili anche da un punto di vista economico. Si tratta di una sfida moderna: l’orto ci riporta alla storia delle generazioni che ci hanno preceduto e oggi contribuisce a ritrovare una nuova forza di aggregazione e socialità. I valori di questa rivoluzione verde sono molteplici: coltivare il bello, ottimizzare e verticalizzare gli spazi, riciclare, compostare, riutilizzare, proteggere la biodiversità e l’ambiente”.
Ormai la realtà dell’Urban Farming è diffusa in tutto il mondo e, solo per fare un esempio, in una città come Toronto il 40% degli abitanti coltiva un orto. Da non sottovalutare infine il vantaggio economico del coltivare i propri ortaggi né la riduzione di imballaggi e trasporti inquinanti.
In tempo di guerra la coltivazione di ortaggi venne stimolata dalla necessità: in Italia si svilupparono gli Orti di guerra, negli Stati Uniti i Victory Garden e in Gran Bretagna i Dig for Victory, a dimostrazione della resa che in termini di produzione può dare un orto.
Ma non è solo un piacere. E produrre cibo sarà una necessità sempre più pressante, ha aggiunto Marco Bettinelli di Smart Garden: oggi siamo 7 miliardi di persone, di cui 900 milioni sottonutriti, ma presto raggiungeremo i 9 miliardi.
Come e dove coltiveremo? Orientarsi verso un’auto-sufficienza alimentare diventerà una scelta sempre più vincente e da un certo punto di vista un ritorno alla civiltà che, non dimentichiamo, si è sviluppata proprio grazie all’agricoltura. Se prenderemo questa direzione anche l’ambiente avrà grandi vantaggi.
Ormai è risaputo che una dieta basata sui vegetali, soprattutto a km 0, è sana sia per la salute sia per il pianeta e contribuisce a ridurre le emissioni di CO2 e lo spreco di acqua (elevate criticità degli allevamenti intensivi), oltre a diminuire l’impatto di trasporti, plastica del packaging e rifiuti.