Articolo a cura dell’Associazione Gestione Corretta Rifiuti (GCR) di Parma
Dal 2002 la Lombardia ha interrotto la sua corsa all’aumento di rifiuti e dal 2008 c’è una decrescita evidente. Oggi la produzione pro-capite ha gli stessi valori del 1999, nonostante l’incremento di un milione di abitanti. Nel 2011 la raccolta differenziata ha superato in quantità il rifiuto residuo.
E il risultato è oggi evidente: gli inceneritori avranno un sotto utilizzo tra il 35 e il 70% delle loro capacità. Per Legambiente Lombardia è lo showdown dell’incenerimento, la fine del trentennio dei forni. Gli inceneritori, infatti, sono in quantità doppia rispetto al necessario.
Uno degli scenari possibili è che la regione, come paventato in questi giorni dai comuni dell’Emilia Romagna, diventi un’altra pattumiera per l’Italia, con camion in arrivo dal centro sud.
Legambiente però contesta questa soluzione e addirittura ritiene ecologicamente più conveniente l’esportazione dei rifiuti, per esempio quelli campani, verso il nord Europa via nave, soluzione adottata a Napoli con la multiutility che GCR aveva individuato come motore della riconversione del Paip, rivoluzione bloccata dagli arresti di Parma e dalla indisponibilità di Iren a prendere in considerazione questa alternativa.
A questa situazione però sembrano non esserci alternative, i forni in eccesso vanno spenti. I 13 camini della Lombardia sono troppi e non è pensabile che si facciano altri investimenti in revamping o ristrutturazioni.
Ma già oggi gli inceneritori lombardi, in particolare Brescia, importano rifiuti da fuori regione, a volte da fuori nazione, viste le loro enormi bocche affamate.
I tempi sono cambiati, l’età degli inceneritori volge al termine. Legambiente elogia il sistema cradle to cradle, dalla culla alla culla, altro cavallo di battaglia di Gcr in questi anni di lotta.La produzione delle merci deve essere circolare (senza spreco) e non lineare come oggi.
Legambiente sollecita i gestori alla trasformazione del loro core business, una conversione all’eco business, per orientarsi a impianti di trattamento intesi al recupero di materiali anche da esso (le Fabbriche dei Materiali) e soprattutto flessibili e convertibili progressivamente a trattare flussi crescenti di raccolta differenziata mano a mano che questa aumenta ulteriormente.
È una ulteriore apertura al modello emiliano, quello di Reggio Emilia, quello che l’amministrazione comunale di Parma insegue, quello che viene sollecitato a Forlì.