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Bioclean, un progetto europeo di recupero della plastica

bioclean-progetto-europeoBioclean è un progetto europeo di recupero della plastica che parla anche italiano, grazie al ruolo di coordinamento svolto da Fabio Fava, docente dell’Università di Bologna.

In sintesi, come ha spiegato il docente intervenendo a Energythink, iniziativa promossa da Eni e da Legambiente per affrontare i grandi temi legati alla all’energia e all’ambiente, il progetto si preoccupa di recuperare attraverso approcci chimici sostenibili basati su microorganismi naturali, i rifiuti plastici abbandonati in fondo al mare oppure destinati alle discariche.

Bioclean, progetto finanziato dalla Commissione Europea con tre milioni di euro e partito da un anno coinvolge 19 partner (aziende, centri di ricerca e università) tra cui anche Plastics Europe, la federazione europea delle aziende produttrici di plastica da petrolio.

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Il board di consultazione è composto da 21 referenti alcuni rappresentanti del mondo ambientalista e altri delle grandi industrie: per l’Italia ci sono Versalis, Novamont e la piattaforma tecnologica nazionale per la chimica sostenibile.

“L’idea” ha spiegato Fava “è isolare microorganismi nuovi partendo da campioni di plastica abbandonati nell’ambiente da tanti anni. È necessaria infatti una intimità tra la flora microbica di quell’ambiente e la plastica che può aver consentito nel tempo che i microorganismi si specializzassero nell’utilizzare questo materiale come fonte di nutriente per la loro crescita”.

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Per ottenere questo risultato questo sono stati campionati materiali plastici situati nel mar Egeo o all’interno di impianti di compostaggio e discariche; al momento ha chiarito il docente che l’università ha già isolato una decina di microrganismi nuovi che hanno dimostrato un’interessante attività.

L’obiettivo del progetto è duplice: da un lato mira a sviluppare reattori con approcci chimici sostenibili dove questa plastica di scarto, che oggi va in discarica, possa essere trattata con l’idea di frammentarla tramite la produzione di pezzi di molecole che possono poi essere riutilizzati.

Dall’altro cercherà di utilizzare queste comunità microbiche per stimolare e accelerare i processi di degradazione naturale delle plastiche laddove si trovano questi materiali, per esempio nei mari o nei siti di compostaggio.

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