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Bioetanolo da biomassa lignocellulosica in modo sostenibile

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Foto di anncapictures da Pixabay

bioetanolo da biomassaSteam explosion: è questo il nome della tecnica per ottenere bioetanolo dalla biomassa lignocellulosica senza componenti chimici che dà positivi risultati per l’ambiente e per l’industria chimico-farmaceutica.

La principale novità di questa invenzione sta nell’impiego di un sistema a basso impatto ambientale, che usa solo aria e vapore e consente di allontanare selettivamente gli inibitori della fermentazione degli zuccheri ottenuti dalla biomassa senza rimuovere i carboidrati solubili, preziosi  per ottenere un alto rendimento del bioetanolo, e senza ricorso ai prodotti chimici.

Gli inibitori ottenuti dalla biomassa in seguito a questo trattamento possono essere recuperati per condensazione e valorizzati come coprodotti nell’industria chimico-farmaceutica. La biomassa lignocellulosica è costituita principalmente da cellulosa, emicellulosa, lignina più altri componenti organici e inorganici (sali minerali) i cui rapporti  possono variare in funzione della tipologia o natura della biomassa.

La struttura compatta determinata dalla cristallinità della cellulosa e dalla struttura tridimensionale della lignina, rende difficile la trasformazione nel prodotto desiderato. Per questo motivo è necessaria una fase di pretrattamento per modificarne la morfologia, favorendo la rottura dei legami chimici tra i vari componenti della biomassa, per rendere più efficiente l’azione degli agenti biologici e chimici.

Generalmente la fase di pretrattamento è di tipo idrotermico, il cui risultato è la destrutturazione a livello molecolare della biomassa, che rende più facile e meno impegnativa la separazione delle tre componenti emicellulosa, cellulosa e lignina, e che risulta particolarmente interessante perché comporta un basso consumo energetico, l’utilizzo di impianti relativamente economici e non richiede l’uso di particolari prodotti chimici. Un esempio di impianto di steam explosion è attivato presso il Centro Enea della Trisaia.

Il trattamento consiste nell’uso di vapore saturo ad alta pressione per riscaldare rapidamente la biomassa che è mantenuta a una temperatura compresa tra 180 e 220 °C per un massimo di dieci minuti e successivamente la pressione viene riportata a livello di quella atmosferica realizzando una decompressione esplosiva che sfibra ulteriormente la biomassa, rendendola immediatamente pronta per l’utilizzo per la produzione di bioetanolo mediante processi di idrolisi della cellulosa e fermentazione alcolica.

Il pretrattamento però presenta come criticità il fatto di determinare la produzione di alcune sostanze che inibiscono il processo di fermentazione essendo nocive per i microrganismi utilizzati  (per esempio Saccharomycies cerevisiae). Queste sostanze quali acido formico, acido acetico, furfurale, idrossimetil furfurale e benzaldeide, sono generalmente dell’ordine di poche percentuali in peso rispetto al prodotto esploso e sono volatili.

Finora i metodi di rimozione di detossificazione del materiale esploso erano: il lavaggio con acqua, che però provoca anche la perdita di oligomeri solubili che invece accrescono la resa etanolica, o l’essiccazione per molte ore in stufa a 60 °C , che però irrigidisce la fibra e rende la saccarificazione meno efficace, abbassando di conseguenza i rendimenti, oppure i metodi altamente inquinanti per l’ampio ricorso a sostanze chimiche convenzionali con conseguenti problemi di smaltimento. L’invenzione, sperimentata in scala in laboratorio, può considerarsi significativa per analoghi impianti in scala industriale.

Per approfondire l’argomento vi rimandiamo all’articolo Bioetanolo da biomassa lignocellulosica chemical free pubblicato da ENEA.

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