L’esodo della disperazione si può fermare soltanto con l’agricoltura.
Questo è il messaggio che la Cia-Confederazione italiana agricoltori ha lanciato in Expo nel corso della giornata Dalla terra la sola speranza di pace e sviluppo organizzata da Ases, l’Ong promossa dalla Confederazione, che opera da anni in tutte le zone svantaggiate del mondo e ha illustrato un progetto mondiale di cooperazione.
Dino Scanavino, presidente di Cia e di Ases, ha ribadito come il modello portato avanti dalla Ong dei coltivatori italiani ha dimostrato che è possibile una via diversa allo sviluppo della cooperazione internazionale.
“È indispensabile” ha spiegato Scanavino “operare per creare attraverso l’attività agricola, attraverso la valorizzazione delle comunità rurali e la promozione dei prodotti identitari dei diversi Paesi una migliore condizione di vita delle popolazioni. La tragedia dei migranti che si sta consumando sulla sponda sud del Mediterraneo impone di trovare soluzioni durature capaci di ricostruire un tessuto economico e sociale tale da scongiurare la fuga disperata di quelle popolazioni. Noi abbiamo il dovere di contribuire alla crescita di quei Paesi; di rafforzare, attraverso l’impostazione di nuovi e maggiori programmi di cooperazione agricola, una politica di sviluppo sostenibile tale da offrire alle popolazioni, e soprattutto ai giovani di quei Paesi, una prospettiva”.
Con i progetti di Ases si è infatti dimostrato che un modello alternativo è possibile: coltivare la terra per alimentare la speranza e nutrire davvero il pianeta.
Con questa giornata Ases ha voluto raccontare in Expo le proprie esperienze di cooperazione internazionale, facendone derivare una sorta di format mondiale. I progetti di Ases-Cia, che ha dispiegato ingenti risorse nei suoi quasi 25 anni di attività, nascono tutti dall’ascolto delle esigenze delle popolazioni locali e si sostanziano come un intervento compiuto teso a migliorare la redditività delle colture, a impiantare tecnologie produttive, ma anche come sostegno alle esigenze di istruzione, di assistenza sanitaria, di diffusione culturale.
“Bisogna operare in tre direzioni” dice Scanavino “Migliorare le condizioni di vita delle popolazioni rurali, diffondere istruzione per consolidare know-how, rendere più produttive le colture anche attraverso l’uso della tecnologia e della ricerca. Questo è ciò che facciamo con Ases”.
Basti dire che solo tra il 2010 e il 2014 Ases-Cia ha portato a termine progetti per un valore di oltre 700mila euro, in paesi come Paraguay, Mozambico, Costa d’Avorio, Angola e Senegal, a cui vanno aggiunti gli oltre 370mila euro attivati con un progetto AATO in Paraguay per realizzare sette pozzi artesiani nel dipartimento di Misiones.
Nel corso di quest’anno sono già stati attivati progetti per altri 158mila euro in particolare in Mozambico e Paraguay come sostegno all’infanzia e per lo sviluppo rurale. Ma circa un venti percento dell’attività di Ases si svolge anche in Italia, attraverso progetti (come in Lombardia o in Basilicata) tesi all’educazione alimentare e alla valorizzazione del patrimonio rurale. Tutti i progetti Ases sono in partnership con organismi internazionali, comunità locali, missioni cattoliche o di altre confessioni e sono sovente interamente finanziati dall’Ong della Cia.
Tra i progetti che Ases ha finanziato e concluso ci sono la coltivazione del riso per l’autosufficienza alimentare nella comunità rurale di Oulampane (Senegal), la realizzazione di centri sanitari e di accoglienza oltreché di orti nel distretto di Marromeu (Mozambico), la coltivazioni di menta e frutto della passione nel dipartimento di Misiones (Paraguay), lo sviluppo agricolo integrato della comunità rurale di Ouarkhokh (Senegal) attraverso la creazione dell’orto di villaggio, la costruzione di un asilo nel comune di N’Dalatando (Angola) finalizzato ad accogliere i figli delle donne lavoratrici presso un’azienda agricola sorta su un terreno di 70 ettari messi a disposizione dalla locale Diocesi.
Questi sono solo alcuni esempi dei piani portati avanti da Ases nel mondo e dei quali si è parlato durante i lavori a Expo, nella Sala Convegni del Teatro della Terra nel Biodiversity Park. Dopo la relazione introduttiva di Claudio Guccinelli (direttore di Ases), sono intervenuti Livia Pomodoro (presidente Milan Center for Food Law and Policy), Antonio Gaudioso (segretario generale Cittadinanzattiva) e Andrea Sgarbossa per ENAMA.
Successivamente sono stati illustrati i progetti Ases nel mondo attraverso le relazioni di Giuditta Politi (presidente Cia Ancona) sulle attività in Mozambico, di Mario Maiorana (imprenditore agricolo) per l’Uganda, di Norberto Bellini (vicepresidente Ases) per illustrare i progetti in Paraguay, di Leone De Vita (Gruppo Abele) sulle attività in Costa d’Avorio, di Gianni Rasera (I Care Onlus) per il Senegal. È toccato invece ad Antonio Corbari (imprenditore agricolo) tracciare il profilo di un progetto biennale che Ases sta sviluppando a Milano con particolare sintonia ai temi di Expo: Nutrire la città che cambia.
“Credo che l’esperienza di Ases sia la più sintonica con l’idea di Expo: nutrire il pianeta, energie per la vita” ha evidenziato il presidente Scanavino nelle sue conclusioni “Come Cia abbiamo voluto porre l’attenzione sul tema imprescindibile di come, tramite l’agricoltura, si possa e si debba impostare un nuovo modello di sviluppo. È necessario operare per costruire una prospettiva economica a quelle popolazioni che oggi sono spinte all’esodo per disperazione. La cooperazione internazionale in campo agricolo è oggigiorno equivalente a un’azione di peacekeeping. Va assicurato reddito alle imprese e protagonismo sociale agli agricoltori innanzitutto per sfamare il pianeta, ma, affinché il diritto al cibo non sia un generico appello a risolvere l’emergenza alimentare bisogna ridisegnare una mappa del nuovo sviluppo mondiale capace di soddisfare da un lato la richiesta di cibo e, dall’altro, di preservare le risorse naturali. È necessario, quindi, rafforzare nel contempo la lotta a pratiche come il land grabbing, come la privatizzazione delle risorse idriche, come la riduzione delle specialità agricole a commodity, che sono l’estrinsecazione di un modello che depaupera il pianeta, non risolve la questione alimentare e mortifica la centralità del valore agricolo”.