Dopo l’Abs (acrilonitrile butadiene stirene) che non è biodegradibile e il Pla (acido polilattico) che invece è biodegradabile ma non riciclabile, ecco che arriva 3DPaper, il refill per le stampanti 3D a base di cellulosa da recupero e matrice idrosolubile Pva (polyvinyl alcohol).
È questo il risultato di un nuovo brevetto a base di scarti di carta e cartone di NextMaterials, spin-off affiliato al Consorzio Interuniversitario per la Scienza e Tecnologia dei Materiali (INSTM) e sviluppato in collaborazione con il Politecnico di Milano.
Il filamento 3DPaper è commercializzato da Sharebot che lo ha ampliamente testato sulle proprie stampanti. Per entrare nel dettaglio del brevetto abbiamo rivolto alcune domande al professor Alberto Cigada del dipartimento di chimica del Polimi referente dell’invenzione.
Da dove nasce l’idea di partire dalla carta per estrarre il filamento per stampanti 3D?
La nostra idea di partenza è stata quella di sviluppare un materiale per stampa 3D ottenuto da materiali riciclati e a sua volta facilmente riciclabile. Carta e cartone sono il materiale che più risponde a queste caratteristiche: tutti siamo abituati a veder riciclare cartoni ondulati, giornali e riviste, e questo anche da prima che il termine riciclabile diventasse di uso comune.
Per poter riciclare il nostro materiale insieme al macero che si usa per il riciclo di carta e cartone era pero necessario utilizzare una matrice idrosolubile: da qui il 3DPaper.
Poi abbiamo anche scoperto che il materiale aveva altre proprietà uniche: la saldabilità per bagnamento con acqua, la levigabilità dopo immersione in alcool denaturato, la velocità di stampa con piatto freddo, la non necessità di utilizzare lacca per permettere adesione al piatto, la facile colorabilità e impermeabilità e soprattutto la possibilità di modificare la forma dei prodotti stampati in 3D grazie alla tecnologia che abbiamo chiamato Shape Memory Forming. Crediamo che nessun altro materiale oggi utilizzato in stampa 3D abbia queste proprietà.
Può lo stesso materiale essere utilizzato per altre applicazioni?
Assolutamente sì, in primo luogo per la realizzazione di packaging. Il nostro materiale, che per queste applicazioni abbiamo chiamato Poly-paper si può usare il tradizionale cartone ondulato insieme a Poly-paper rigido e a Poly-paper flessibile e riciclare tutto insieme nella filiera carta/cartone.
Ovviamente, in questo caso la scarsa resistenza all’acqua dovuta alla matrice idrosolubile non è un problema, perché la resistenza all’acqua del Poly-paper (per altro modulabile a diverse temperature) è comunque maggiore di quella del cartone ondulato.
Per queste applicazioni il partner industriale con cui collaboriamo è Ghelfi Ondulati, azienda che produce cartone ondulato e imballaggi, soprattutto per il settore alimentare.
Veniamo alla soluzione brevettata per le stampanti 3D. Come viene prodotta?
Il materiale base viene preparato (così da conservare il know-how) da NextMaterials. I filamenti vengono estrusi da aziende che si occupano di produzione dei filamenti 3DPaper, senza significative modifiche rispetto alla produzione di tutti gli altri filamenti.
Per la commercializzazione abbiamo scelto Sharebot, l’azienda italiana più forte nella produzione di stampanti 3D, che da subito ha creduto in noi e con cui abbiamo attivato varie collaborazioni.
Il costo del materiale è paragonabile a quello dei filamenti di qualità. La sostenibilità è garantita dal fatto che per riciclare è sufficiente buttare i pezzi scartati nei bidoni di carta/cartone, presenti a pochi metri da ogni casa.
Il materiale è stato sviluppato e testato inizialmente nell’ambito di una tesi di laurea magistrale in Design & Engineering di cui ero relatore, svolta da una tesista, Nadia Barelli, che è diventata anche coautrice del brevetto.
Torniamo a NextMaterials: in che confini tecnologici agite?
NextMaterials è uno spin-off del Consorzio Interuniversitario Nazionale che raccoglie 46 università italiane. I soci dello spin-off sono docenti universitari con ruoli rappresentativi nel Consorzio.
Obiettivo dello spin-off è favorire il trasferimento industriale dei migliori risultati della ricerca accademica nel campo dei materiali e della nanotecnologie, che altrimenti rischierebbero di restare chiusi nei laboratori universitari.
La caratteristica più importante di è che non distribuisce utili, ma reinveste tutti gli utili in contratti di ricerca con le Università per supportare le ricerche che ci sembrano più interessanti.
Proprio per questo le tecnologie di punta di NextMaterials sono molto differenziate: trattamenti biomimetici per l’osteointegrazione di impianti dentali, filtri antibatterici per impianti di depurazione e frigoriferi, depuratori ambientali in cartine ondulato (venduti con il brand NextMade.com), trattamenti solgel per la funzionalizzazione di tessuti, da oggi materiali per stampa 3D e da domani speriamo anche materiali innovativi per il packaging.