Home Imprese Sostenibili Campagna Detox: Greenpeace dà i voti alle aziende tessili

Campagna Detox: Greenpeace dà i voti alle aziende tessili

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L’intento della campagna Detox di Greenpeace è far capire che l’industria delle moda deve cambiare. L’impatto di questo settore sull’ambiente e sulla salute è stato, e continua a essere, insostenibile.

Per decenni i corsi d’acqua in tutto il mondo sono stati utilizzati come discariche, tanto che oggi combattere questa tipologia di inquinamento è diventata una vera e propria emergenza per il settore.

Ci sono Paesi in cui l’emergenza è da codice rosso, come per esempio in Cina, dove ormai circa l’80% delle falde acquifere non è più potabile (dati del Ministero per le Risorse idriche cinese).

In Italia le cose vanno decisamente meglio; oltre ai marchi famosi come Benetton, Miroglio e Valentino, ci sono 50 aziende (27 nel distretto di Prato) che hanno assunto impegni precisi nel rispetto dell’ambiente e dei consumatori.

Greenpeace si è attivata dal 2011 per sensibilizzare e sollecitare le industrie della moda con la campagna Detox My Fashion per ridurre le sostanze tossiche presenti nelle produzioni, sostanze che vengono immesse nell’ambiente, oltre a essere dannose per la salute dei consumatori e degli stessi lavoratori del settore.

Da sottolineare anche l’impegno che le aziende sottoscrivono nella selezione di fornitori in grado di offrire informazioni trasparenti.

La campagna Detox My Fashion di Greenpeace

Quest’anno la campagna, giunta alla terza edizione con la Sfilata Detox che valuta le prestazioni delle aziende che aderiscono all’iniziativa di Greenpeace, ha analizzato 19 aziende tessili di fama internazionale.

Sul podio Zara, H&M e Benetton che hanno fatto fede agli impegni eliminando le sostanze tossiche dalla loro filiera produttiva. Restano relegati nella categoria Retrovie marchi come Esprit, Nike, Victoria’s Secret e LiNing.

Sono invece 12 le aziende che si trovano nel limbo della categoria La moda che cambia, imprese che nonostante i progressi devono migliorare per rispettare le scadenze prefissate per il 2020.

Tra queste si trovano Adidas, Burberry, Levi’s, Primark e Puma. Nella stessa categoria si trovano anche C&A, Fast Retailing, G-Star, Mango e gli italiani Miroglio e Valentino ma con un punteggio più alto in termini di riduzione di sostanze chimiche e trasparenza nel ciclo produttivo.

La campagna Detox dal 2011 a oggi ha coinvolto 76 marchi internazionali che si sono impegnati per un cambiamento concreto anche a livello legislativo. Il lavoro da fare è ancora lungo ma l’azione di Greenpeace che negli anni si è avvalsa anche di flash mob sensazionali, è riuscita a sensibilizzare sia il settore sia l’opinione pubblica, fondamentale per incidere sulle scelte produttive.

La moda deve fare i conti anche con i ritmi frenetici del fast fashion che produce capi dalla vita molto breve con conseguente grave impatto ambientale. Greenpeace si ripromette di intervenire con le prossime campagne su questo fronte promuovendo un ciclo di vita più lungo e il riciclo dell’abbigliamento.

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Silvia Massimino Silvia Massimino: è convinta che le scelte di tutti i giorni possono fare la differenza. Da tanti anni si occupa di moda, in particolare di moda sostenibile, per informare e comunicare gli sviluppi del settore; è stata attivista per i diritti degli animali, altra sua grande passione | Linkedin
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