Il parlamento europeo ha approvato la ratifica da parte della UE dell’Accordo di Parigi, decisione che sarà formalmente approvata dai ministri e poi registrata alle Nazioni Unite.
Non è ancora chiaro se la ratifica UE peserà per intero, o se verranno conteggiati ai fini dell’entrata in vigore dell’accordo solo i Paesi UE che hanno già ratificato a livello nazionale.
Comunque, il 7 ottobre verranno raggiunte formalmente le condizioni perché l’Accordo di Parigi diventi effettivo (un mese dopo) all’apertura della COP22 di Marrakech.
La UE pesa per il 12,08%, mentre con i Paesi che hanno già ratificato si ha comunque un 4,38% che, con l’attuale 51,89% supererebbe il necessario 55% delle emissioni.
La UE pare tornata in carreggiata, nonostante non ci abbia certo fatto una gran bella figura ad arrivare alla ratifica dopo USA, Cina, India e molti altri.
A essere messa in discussione è stata la leadership europea sul cambiamento climatico e sull’economia del futuro. La decisione è arrivata giusto in tempo per consentire all’Europa di sedersi al tavolo per la prima riunione degli Stati che aderiscono all’Accordo (CMA1) a Marrakech.
Ma la UE è stata ed è ancora fuori sincrono con l’Accordo di Parigi: con il pacchetto UE 2030 le proposte di politica climatica ed energetica non corrispondono a un obiettivo di riduzione del 95% nel 2050 per rimanere ben al di sotto dei 2 gradi – come indicato dalle stesse decisioni UE.
Tra in Paesi UE, ancora una volta l’Italia non si distingue tra i migliori: il DDL di ratifica forse verrà approvato nel prossimo Consiglio dei Ministri. Il dubbio è lecito, visto che precedentemente era stato annunciato entro settembre. Soprattutto, c’è il grande rischio che l’iter di approvazione si rallenti per via del referendum costituzionale: sarebbe un pessimo biglietto da visita.
Il WWF incoraggia Governo e Parlamento a destinare da subito una corsia preferenziale per la ratifica e procedere all’approvazione del DDL entro pochi giorni.
Quel che più delude è che l’Italia ha rallentato la ratifica europea, insieme alla Polonia, per contrattare sulla divisione del target europeo tra gli Stati Membri, sapendo benissimo che comunque quel target andrà rivisto al rialzo, perché inadeguato rispetto all’obiettivo di Parigi (limitare a 1,5°C e comunque ben al di sotto i 2°C, il riscaldamento globale).
Entro il 2018 l’Italia dovrà presentare all’ONU il piano di decarbonizzazione, insieme ai Paesi UE; nel 2018 ci saranno le elezioni; è tempo che si cominci a dimostrare di essere capaci di futuro. Il tempo delle parole è finito, deve iniziare l’era dei fatti.