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Attività sportiva, fa bene alla salute e all’integrazione

pubblicato il: - ultima modifica: 12 Ottobre 2021
attività sportiva

attività sportivaL’attività sportiva fa bene – oltre che alla salute dei nostri ragazzi – anche all’integrazione: lo rivelano i dati dell‘indagine condotta da Irpps-Cnr su un campione di circa 1.200 studenti delle scuole secondarie di primo grado e ad alcuni dei loro docenti.

L’attività sportiva è un vettore fondamentale di consenso e di entusiasmo, tanto che addirittura il 95% dei ragazzi intervistati gli ha attribuito un punteggio superiore a 8 su 10.

Le motivazioni sono diverse: piacere e divertimento, oltre che l’opportunità di socializzare e stare bene in salute. La metà dei ragazzi predilige sport di squadra – calcio e basket raggiungono la stessa preferenza del 21%.

I benefici sono molteplici, infatti i ragazzi che praticano sport hanno più amici di quelli che non svolgono alcuna attività sportiva in orario extrascolastico e sono in particolare gli studenti stranieri ad aumentare il numero di amici.

Circa l’80% dei ragazzi pratica un’attività sportiva al di fuori dell’orario scolastico ma si nota una notevole differenza tra i ragazzi italiani (l’86% di loro fa sport) e quelli stranieri – la percentuale qui scende di sette punti percentuali tra i figli di coppie miste e cala addirittura al 63% fra i giovani nati all’estero.

Un bell’esempio di questa sinergia tra attività sportiva e integrazione è rappresentato dalle GP EcoRun, organizzate da Green Planner, che quest’anno, grazie anche a Fondazione Cariplo, aprono le porte gratuitamente alle classi scolastiche (maggiori dettagli per iscrivere le vostre classi in questo articolo).

Attività sportiva extra-scolastica: qual è lo scenario italiano

I bambini e gli adolescenti nel nostro Paese sono oltre 10 milioni, di cui un 10% circa nati da genitori non italiani. Nella scuola, la presenza di studenti con cittadinanza non italiana è in crescita: dai 196mila nel 2001-2002 si è passati agli attuali 814mila.

Ma qual è il ruolo dell’attività sportiva nell’inclusione sociale? Il numero di amici su cui si può contare è uno degli indicatori di integrazione: tra i ragazzi stranieri, oltre il 51% di chi pratica sport ha più di cinque amici, mentre tra coloro che non fanno alcuna attività sportiva la percentuale scende al 29%.

Inoltre, tra gli studenti con genitori italiani la percentuale è bilanciata tra chi ha nella propria cerchia solo amici italiani e chi ha sia amici italiani sia stranieri; appena l’8% dei ragazzi con background migratorio invece dichiara di avere esclusivamente amici di origine straniera.

La pluralità conseguente all’immigrazione sembra metabolizzata e accettata dalla maggioranza degli studenti, sia a livello di esperienze relazionali sia di risposte, da cui emerge un atteggiamento abbastanza positivo.

Il 70% degli intervistati con genitori italiani è contrario a squadre composte da soli italiani, opinione condivisa dal 90% degli stranieri.

Purtroppo l’idea che quando si fa il tifo per la propria squadra può capitare un gesto violento, pur rigettata dalla maggioranza, registra un dissenso di misura se confrontato con quello sugli altri temi proposti: l’11% dei giovani si dichiara addirittura molto d’accordo che l’aggressività possa essere una componente delle manifestazioni di sostegno alla squadra del cuore.

Adele Menniti del Cnr-Irpps, coordinatrice della ricerca conclude dicendo che “i principi fondanti dell’attività sportiva appaiono ben radicati nella strutturazione pur incompleta del sistema di valori dei giovani. Tuttavia le esperienze, gli atteggiamenti e i comportamenti risentono di altre importanti dimensioni come il genere, il background migratorio e lo status economico”.

Il gruppo di ricerca Irpps-Cnr che ha realizzato lo studio è composto da Marco Accorinti, Maria Girolama Caruso, Loredana Cerbara, Maura Misiti e Antonio Tintori.

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