Pietro Follini, di Urban Symbiosis Design, è un designer e regista con un progetto di installazioni indoor che mirano a migliorare la qualità dell’aria e ad aumentare il benessere nel posto di lavoro attraverso l’installazione di moduli di design eco-compatibili – realizzati con materiali sostenibili e resine biobased.
Ma sono le piante biofiltranti base di questo progetto chiamato Urban Symbiosis Design che aiutano in primis a ridurre l’inquinamento indoor. In che modo? Lo abbiamo chiesto direttamente al designer.
Su quali piante biofiltranti sta portando avanti i suoi progetti di bioarchitettura?
Stiamo presentando, come Urban Symbiosis Design, le Cleaning Stations, design di sistemi modulari che sfruttano la capacità di particolari piante di combattere attivamente l’inquinamento in uffici (come all’interno di quelli di Edi – Effetti Digitali Italiani) e in ambienti domestici.
Il sistema è costituito da moduli geometrici che, ispirati a morfologie proprie dell’ecosistema, ospitano Bromeliacee (in particolare Tillandsie).
Perché la sua attenzione si è soffermata su queste? Quanto e come assorbono l’inquinamento?
Come Urban Symbiosis Design, abbiamo l’obiettivo di rinegoziare il rapporto tra città e natura utilizzando materiali sostenibili nella produzione di oggetti di design che abbiano un ruolo attivo nella loro presenza nel quotidiano in relazione al luogo e all’umano.
Perché queste piante sono uno strumento straordinario da gestire: non hanno radici e vivono nutrendosi di scambio gassoso e pulviscolo atmosferico che viene catturato dalla peluria (tricomi) delle foglie, oltre alla rugiada.
L’assorbimento di gas, pulviscolo e acqua avviene attraverso due cellule preposte (stomi e tricomi) all’assimilazione e alla successiva metabolizzazione.
La loro struttura morfologica, non necessitando di reti di aggrappaggio, terra e impianto idrico, permette di offrire un’agile evoluzione rispetto alla complessità d’installazione e manutenzione dei Green Walls.
Il fascino di queste piante è di essere epifite, cioè in natura crescono nelle foreste sui grandi rami di piante, usandole come semplice sostegno e non per procurarsi il nutrimento.
E nei confronti dell’uomo attuano una perfetta simbiosi mutualistica. La letteratura sui test scientifici, relativa all’assorbimento di composti chimici nocivi (gas volatili, PAHs, VOC) da parte delle Tillandsie è esaustiva e posiziona questa famiglia di piante tra le più efficaci nell’assorbimento.
Le ricerche scientifiche esistenti attestano infatti che la capacità di assorbimento di sostanze inquinanti da parte delle piante Bromeliacee raggiunge 0,2 milligrammi per chilogrammo di pianta.
Non sono invece ancora stati eseguiti test mettendo in relazione piante biofiltranti e luoghi rappresentativi di ambienti indoor perché non era ancora nata una proposta di design vivo che proponesse moduli di design, carichi di Tillandsie, negli interni. Noi siamo i primi a proporlo.
E per completare la lacuna scientifica stiamo avviando una serie di test con il dipartimento di Chimica dell’Università di Bari.
Sono piante a km 0? Autoctone?
Assolutamente no, provengono dal Centro-Sudamerica, non sono replicabili in modo seriale in serra e l’unico modo per allevarle in Italia è quello di far crescere pazientemente i nuovi germogli che la pianta genera una volta avvenuta la (spettacolare) fioritura.
I tempi di crescita sono comunque molto lunghi. Noi utilizziamo, nelle nostre Cleaning Stations, piante L-XL per catturare meglio e maggior air pollution. Queste piante hanno tra 7 e 10 anni di vita.
Che tipo di cura richiedono?
Abbiamo progettato le Cleaning Stations immaginandole come ideale supporto di continuità con la loro condizione naturale e consigliamo ai nostri clienti di posizionarle con una buona esposizione alla luce e poca esposizione al sole, lontananza da caloriferi e/o aria condizionata e possibilmente una buona umidità.
Tutto sommato condizioni analoghe alle esigenze umane. Le piante vanno bagnate con regolarità, nebulizzando le foglie in un periodo settimanale-mensile, secondo la specie della pianta.