Sono passati pochi giorni dal tragico evento della petroliera iraniana affondata al largo del Mar Cinese Orientale ma ancora si cercano i dispersi e non sono ancora chiari i danni per l’ambiente.
Purtroppo non è la prima volta che incidenti del genere mettono a repentaglio le vite di chi lavora sulle piattaforme petrolifere o sulle enormi navi che trasportano il greggio e i suoi derivati.
Le problematiche successive all’evento della petroliera iraniana affondata sono molto complesse e piene di variabili; per questo abbiamo chiesto un parere autorevole a Emanuela Sturniolo, amministratore delegato di Stantec, azienda che si occupa di progettazione ingegneristica e architetturale e di interventi di risanamento ambientale.
Emanuela Sturniolo è una geologa ed è stata project manager della bonifica della petroliera Haven – conclusasi nel 2008 – della portata di oltre 200mila tonnellate, che naufragò nel 1991 al largo di Arenzano.
“Le informazioni che ci giungono dai media cinesi ci fanno dedurre che, qualora non si intervenga in maniera tempestiva e adeguata, si potrebbe verificare un disastro ambientale” afferma Sturniolo “I danneggiamenti dovuti all’incidente, l’incendio e la natura stessa del carico (136mila tonnellate di condensato ultraleggero diretto in Corea del Sud) costituiscono una concomitanza di condizioni che impone allerta“.
Nel caso della petroliera iraniana affondata, le maggiori difficoltà in merito alla gestione del prodotto fuoriuscito sono legate proprio alla natura dello stesso. Si tratterebbe, in particolare, di petrolio condensato ultraleggero, che, a causa delle sue caratteristiche chimico-fisiche, presenta un comportamento diverso dal solito greggio, richiedendo una gestione particolarmente attenta.
Petroliera iraniana affondata: cosa succede alle sostanze inquinanti una volta sversate in mare?
Il petrolio condensato presenta, in generale – sebbene possano esserci differenze anche notevoli tra diversi tipi di condensato – una bassa densità relativa, galleggia cioè facilmente sull’acqua, un’alta pressione di vapore, possiede una forte tendenza a evaporare, una bassa viscosità, ha una forte capacità di fluire, e un basso punto di scorrimento, che corrisponde alla temperatura al di sotto della quale il prodotto non fluisce più; questa proprietà permette al prodotto di fluire anche in condizioni ambientali rigide.
Queste caratteristiche influenzano fortemente il destino che il prodotto subisce nell’ambiente marino; tutte le sostanze idrocarburiche, infatti, sono soggette a fenomeni degradativi, ovvero ad azioni chimico-fisiche e/o biologiche, che influenzano la diffusione e dispersione della contaminazione delle matrici ambientali e in parte possono contribuire alla mitigazione naturale degli impatti della stessa), tra cui:
- diffusione sulla superficie del mare (viscosità e volume del prodotto, oltre alle condizioni del mare, sono i fattori che più influenzano questo processo; in generale, grossi volumi di prodotto a bassa viscosità tenderanno a distribuirsi su un’area più ampia)
- evaporazione (composti molto volatili tenderanno ad evaporare, da un lato riducendo significativamente la massa di prodotto in galleggiamento dall’altro lasciando dietro di sé i residui a più alta densità e viscosità)
- dispersione (le onde e le turbolenze sulla superficie del mare causano la rottura del film idrocarburico in gocce di varie dimensioni, che restano in sospensione nella colonna d’acqua; questo fenomeno è particolarmente efficace su prodotti a bassa viscosità, soprattutto in presenza di onde, favorendo l’azione di altri processi come la biodegradazione e/o la dissoluzione)
- emulsificazione (attraverso questo fenomeno il prodotto sversato assorbe acqua marina, formando un’emulsione, che, in base alle caratteristiche del prodotto, può restare stabile per tempi anche molto lunghi)
- dissoluzione (questo fenomeno è poco efficace sugli idrocarburi in generale, in quanto le frazioni idrocarburiche più pesanti sono sostanzialmente insolubili, mentre quelle più leggere, pur essendo almeno parzialmente solubili, evaporano con un tasso molto superiore alla dissoluzione)
- foto-ossidazione (gli idrocarburi, sotto la luce del sole, possono reagire con l’ossigeno, cambiando composizione; tuttavia, anche questo processo ha uno scarso effetto sulla riduzione della massa)
- sedimentazione (le gocce di idrocarburi possono interagire con le particelle di sedimento, diventando abbastanza pesanti da affondare sul fondo marino; questo fenomeno può avvenire anche a seguito di un incendio, che consuma i componenti più leggeri)
- biodegradazione (nelle acque marine esistono molti tipi di microorganismi capaci di metabolizzare composti idrocarburici, fino a produrre biossido di carbonio e acqua; tuttavia, la loro azione, oltre a essere influenzata da diversi fattori come tipo di idrocarburo, disponibilità di ossigeno e nutrienti e temperatura, ha una velocità molto variabile, che la rende sostanzialmente un meccanismo efficace a lungo termine).
Per definire l’azione più efficace per la rimozione del prodotto fuoriuscito dalla petroliera iraniana affondata è necessario tenere in considerazione che, a causa dei processi sopra descritti, il prodotto sversato è in continua evoluzione nelle sue caratteristiche chimico-fisiche (a causa dell’azione delle onde, dei microorganismi, della luce solare) e risulterà, quindi, necessario pianificare un’attenta osservazione e valutazione delle stesse, monitorandone il cambiamento nel tempo.
Le possibili azioni preliminari per la petroliera iraniana affondata in Cina
Le azioni preliminari da intraprendere nel caso della petroliera iraniana affondata, per riuscire a definire la corretta strategia di intervento, sono le seguenti:
- valutazione della quantità di condensato fuoriuscito e determinazione delle sue caratteristiche chimico-fisiche, che, insieme al modello di diffusione/trasporto (vento, correnti, distanza dalla costa), possono permettere di definire la migliore strategia di rimozione/contenimento
- valutazione della quantità di condensato eventualmente rimasto all’interno della nave e di carburante della nave stessa, al fine di predisporre interventi di bonifica sul relitto
- valutazione di impatto ambientale, al fine di definire le conseguenze della fuoriuscita sull’ambiente (in particolare, sulla fauna) e pianificare una efficace strategia di mitigazione/intervento
In generale, quindi, le tecniche di intervento sul prodotto sversato possono essere raggruppate in tre categorie:
- contenimento meccanico o recupero, che viene generalmente applicato attraverso l’utilizzo di barriere, skimmer (una specie di pompa, che riesce a rimuovere solo l’idrocarburo in galleggiamento sull’acqua), materiali assorbenti naturali o sintetici
- metodi chimici o biologici come agenti disperdenti o gelificanti
- metodi fisici come pulizia con materiali assorbenti, lavaggi ad alta pressione, rastrellamenti e scavi
Una valutazione a parte, meriterà, in un secondo momento la strategia di intervento per la successiva rimozione del prodotto rimasto all’interno della petroliera iraniana affondata e per la bonifica del relitto.