Allarme Xylella tra i florovivaisti Italiani: il batterio che ha causato ingenti danni tra gli uliveti pugliesi arriva nelle serre. A rischio anche la coltivazione di piante in vaso e fiori. Lo denuncia Aldo Alberto, presidente dell’associazione dei Florovivaisti Italiani
Oltre al disastro in Puglia, la sottovalutazione dell’allarme Xylella può distruggere l’intero settore delle piante. La disastrosa gestione dell’emergenza Xylella ha colpito non solo il comparto olivicolo pugliese ma rischia di distruggere tutto il florovivaismo nazionale.
Il florovivaismo italiano è in allarme anche per la reputazione delle imprese del settore, che potrebbero essere considerate propagatrici di microrganismi e insetti nocivi nelle attività di export.
Il rischio coinvolge le piante in vaso e anche i produttori che commerciano specie estranee al batterio Xylella. Tutto questo potrebbe determinare forti squilibri commerciali e pesanti ripercussioni per uno dei comparti principali dell’agricoltura italiana.
A seguito della cattiva gestione dell’epidemia, l’associazione Florovivaisti Italiani chiede al Ministero delle Politiche agricole un continuo confronto con tutte le organizzazioni del settore per fronteggiare la crisi.
Il florovivaismo rappresenta in Italia il 5% della produzione agricola totale e si estende su una superficie di quasi 30mila ettari, contando 21mila aziende (100mila addetti), di cui 14mila coltivano fiori e piante in vaso e 7mila sono vivai.
Il settore vale circa 2,5 miliardi di euro, di cui il 55% va attribuito ai prodotti vivaistici (alberi e arbusti). In Europa, le aziende florovivaistiche contano un fatturato di oltre 20 miliardi di euro e l’Italia, vale il 15% della produzione comunitaria.
Tra i maggiori produttori in Italia c’è la regione Liguria, seguita da Toscana, Campania e Sicilia.
Allarme Xylella: un’emergenza senza, per ora, soluzioni
Il problema è molto grave, soprattutto perché a oggi non esiste ancora una cura in grado di eliminare il batterio vegetale Xylella fastidiosa che minaccia non solo i Paesi mediterranei ma la maggior parte del territorio dell’Unione Europea.
Almeno secondo le conclusioni dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) che, nonostante abbia constatato che alcuni trattamenti sperimentati in questi anni possono ridurre i sintomi, ha anche confermato che questi non eliminano il batterio.