Home Agricoltura 4.0 Il green new deal ha un alleato: la canapa

Il green new deal ha un alleato: la canapa

coltivare la canapa in italia
Foto di Matteo Paganelli (Unsplash)

Coltivare la canapa significa fornire materia prima ai settori della bioedilizia, della plastica, oltre che al mondo tessile, cosmetico e alimentare

Sulla canapa è necessario fare chiarezza anche alla luce degli ultimi avvenimenti accaduti nei giorni scorsi in Senato. Il settore, infatti, è portatore di enormi potenzialità e non può essere liquidato solamente con il tema della cannabis light.

Coltivare la canapa in Italia significa, infatti, fornire eccipienti e materia prima all’industria alimentare (olio, ricco di antiossidanti, uno dei più completi integratori alimentari), a quello delle bioplastiche, della bioedilizia, cosmetica, farmaceutica e tessile.

Siamo in pieno green new deal e la canapa è elemento fondamentale non solo per lo sviluppo dell’agricoltura ma anche per la vita di tutti i giorni.

Anche per questo, la Cia-Agricoltori Italiani chiede al Parlamento di fare chiarezza sulla canapa, in seguito alla decisione della presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, di non ammettere un emendamento al maxi-emendamento depositato dal Governo che avrebbe permesso di colmare un vuoto normativo, rendendo lecito l’utilizzo di tutta la parte della pianta per attività industriali e manifatturiere, con l’indicazione certa e definitiva del limite di Thc allo 0,5%.

La canapa è il nuovo “oro verde” dell’agricoltura. La sua coltivazione in Italia ha visto un vero boom nell’ultimo triennio. La superficie dedicata è, infatti, passata da 950 a oltre 3.000 ettari (+200%) coinvolgendo centinaia aziende agricole e molti giovani imprenditori.

L’Italia fino al 1940 era il secondo paese al mondo per ettari coltivati (110.000 ettari), dopo l’Unione Sovietica, poi – di fatto – la canapa è scomparsa dalle nostre campagne con l’avvento del nylon e delle fibre sintetiche, derivate dal petrolio.

Oggi per gli agricoltori c’è, invece, il paradosso di poter coltivare canapa con limite di Thc da 0,2% a 0,6% senza poterne commercializzarne il fiore, per l’assenza di una norma legislativa che ne fissi i limiti di Thc.

A seguito della legge 242 del 2016, gli agricoltori hanno ricominciato a coltivare questa coltura che contribuisce a ridurre il consumo di suolo, diserbare i terreni e bonificarli dai metalli e, allo stesso tempo, è una produzione versatile grazie ai suoi mille impieghi.

Dai percorsi innovativi di economia circolare come i mattoni ecologici per la bioedilizia, ai pellet per il riscaldamento nelle case e il materiale bioplastico.

Importanti anche gli sbocchi nella filiera agroalimentare: pasta, pane e farina che non contengono glutine e l’olio ricco di Omega 3 importante per gli integratori alimentari perché ricchissimo di antiossidanti, senza dimenticare gli utilizzi per la cosmesi, detersivi, tinte e colori, solventi e inchiostri.

Da segnalare poi il percorso avviato per una filiera tessile green da Cia attraverso il marchio degli Agritessuti. L’industria tessile è la seconda più inquinante al mondo, responsabile del 20% dello spreco globale di acqua e del 10% delle emissioni di anidride carbonica.

Con la reintroduzione nel nostro Paese della coltivazione di canapa destinata al tessile, l’intero ciclo di produzione sarebbe 100% ecosostenibile: dalla semina fino all’estrazione della materia prima.

Coltivare la canapa ha, inoltre, il vantaggio di non dover ricorrere all’uso di pesticidi, essendo una coltura molto resistente alle erbe infestanti.

Condividi: