Enea effettua un ulteriore passo avanti nei segreti dello zafferano. Si può ora creare biotech sia la picrocrocina, la molecola responsabile del gusto dello zafferano, che il safranale, il composto che invece contribuisce al suo aroma
Forse non è alla stessa stregua della scoperta dei recettori del gusto umami, ovvero il quinto gusto dopo dolce, amaro, aspro e salato, ma quello che il team di ricercatori del Centro Ricerche Enea Casaccia ha sviluppato in questi ultimi mesi potrebbe fare la differenza nella produzione biotecnologica dello zafferano che potrebbe diventare più profumato e gustoso di quello naturale.
Perché, il laboratorio guidato da Gianfranco Diretto è ora in grado di produrre picrocrocina, la molecola responsabile del gusto dello zafferano, e il safranale, il composto che invece contribuisce al suo aroma.
“Il cosiddetto oro rosso – spiega il valore degli studi non solo dal punto scientifico, ma anche di mercato Gianfranco Diretto – è altamente richiesto per le sue elevate proprietà organolettiche e farmacologiche, compreso un ruolo preventivo di una serie di malattie degenerative – per questo, è uno dei prodotti maggiormente soggetti a frodi e adulterazioni alimentari a livello di colore, tramite l’aggiunta ad esempio di materiali di più basso valore economico, quali fiori di calendula, curcuma, ma anche cotone, trucioli di legno e persino plastiche, mentre il sapore e l’aroma non potevano essere riprodotti fino a oggi, dal momento che la glucosiltransferasi è presente solo nello zafferano“.
Dopo aver brevettato il metodo per produrre le crocine, le molecole di colore giallo-rosso associate al colore dello zafferano, dalle proprietà antiossidanti e protettive nei confronti di malattie degenerative della retina e di alcune forme tumorali, l’Enea svela dunque la glucosiltransferasi: si tratta di un enzima che aggiunge zuccheri che servono per stabilizzare e conservare una serie di molecole prodotte dalle cellule, come appunto la picrocrocina.
In particolare “gli studi hanno permesso di scoprire – spiega Alessia Fiore, ricercatrice dello stesso Laboratorio – che, mentre tutte le specie selvatiche di zafferano accumulano le molecole del colore, solo un ristretto numero è in grado di produrre picrocrocina, dimostrando che la comparsa del gusto e dell’aroma sia avvenuta evolutivamente più tardi rispetto al colore“.
Insomma, la ricerca condotta in collaborazione con l’Università spagnola di Castilla-La Mancha è in pieno stile Kokumi, termine giapponese che significa ricco di sapore. E di profumi.