Abitare in città e sentirsi in armonia con la Natura è possibile? Dopo decenni passati a urbanizzare forzatamente ogni angolo di territorio, si potrebbe tornare a ricreare spazi verdi che ci riportino in una quotidiana armonia naturale? Il progetto Urban Jungle ci prova…
Il Comune di Prato, in Toscana, ha previsto un investimento di 4 milioni di euro (3 finanziati dall’Ue) per un progetto di riforestazione urbana che vede nel capitolo Urban Jungle il suo centro vitale e innovativo.
Il nostro pensiero, ormai disconnesso con la Natura – fatto di luoghi e esperienze comuni – ci porta subito a identificare l’Urban Jungle con un reticolo di palazzi stile anni ’50 e ’60, spina dorsale dei quartieri periferici delle grandi città industriali del nord Italia o di Roma, piuttosto che con un contesto verde.
Invece si tratta di un’altra giungla: quella del rapporto stretto tra verde, animali e persone. Quello delle foreste tropicali dei film di avventura. Perché c’è bisogno di tornare a questo.
Prato è la terza città della Toscana, famosa per il distretto tessile più importante d’Europa e per la più vasta comunità cinese d’Europa.
La cittadina toscana conta poco meno di 200.000 abitanti, di cui il 20% di etnia estera, con oltre 20 comunità straniere presenti nel territorio, in prevalenza cinese: una vocazione all’accoglienza di chi ha voglia di rimboccarsi le maniche per trovare il suo spazio di lavoro, prima cosa facile, ora molto più difficile.
Urban Jungle, il progetto di riforestazione urbana di Prato
Il progetto di riforestazione urbana di Prato vede il supporto tecnico di grandi specialisti, tra i quali Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale dell’Università di Firenze – fondatore del progetto Pnat, spin off universitario – che si occupa dei green benefit e Stefano Boeri – architetto creatore del Bosco verticale di Milano – per il piano di azione.
Nei giorni scorsi avrebbe dovuto tenersi una presentazione ufficiale del progetto Urban Jungle alla cittadinanza – poi saltata per gli ovvi motivi sanitari – ed è per questo che Green Planner ha contattato direttamente Valerio Barberis, assessore all’urbanista e all’ambiente del Comune di Prato, per saperne di più.
Perché a Prato dovrebbe funzionare un esperimento come questo?
“Perché questa città – ci spiega l’assessore – ha una “forma insediativa” particolarmente interessante e atipica, sia dal punto di vista urbanistico che sociale. La città non si è sviluppata a partire dal centro del nucleo principale verso l’esterno, ma sono stati i villaggi satelliti un tempo a vocazione agricola che hanno guidato lo sviluppo urbano verso la città, a partire dal boom del tessile negli anni 50-60.
Infatti lo stesso tessuto industriale del distretto, fatto ancor oggi di una miriade di piccole e medie imprese, ha agevolato la diffusione di questo fenomeno, trasformando delle realtà agricole in artigianali, per poi allargarsi con le esigenze di sviluppo dell’industria.
I laboratori tessili cresciuti spesso accanto alla casa-fattoria e lungo la rete di canali (chiamati Gore) che riforniscono d’acqua la città – elemento prezioso per l’industria tessile come per l’agricoltura – hanno però consentito di mantenere spazi verdi tra villaggi e centro città“.
È al recupero e alla valorizzazione di questi spazi che punta il progetto Urban Jungle. I cantieri partiranno già nel 2011 e riguarderanno 3 aree che, rispetto al centro medievale della città, sono poste a raggiera da sud-ovest verso sud-est (Firenze); a Nord restano le propaggini dell’Appennino e i suoi boschi.
Ma il progetto Urban Jungle, al di là degli aspetti tecnici è molto di più: è economia circolare, pur non producendo alcun reddito diretto; è una terapia gratuita tralasciata negli anni per le medicine artificiali; è un evento sociale che può togliere Prato dall’anonimato del vicino di pianerottolo.
Il verde unisce menti e cuori e ha effetto calmante; la gente che passeggia in un parco tende a salutarsi, a dare da mangiare alle anatre nello stagno o a condividere momenti di stupore, magari davanti a un bambino vivace, a un uccello che canta su un ramo o allo scoiattolo che scende da una pianta. È una sensazione che abbiamo condiviso in tanti senza neppure accorgercene.
“L’uomo si è co-evoluto con le piante e ha sempre vissuto in ambienti nei quali le piante rappresentavano quasi l’intero ecosistema” ricorda Barberis riprendendo uno spunto della relazione introduttiva al progetto Urban Jungle.
In termini evoluzionistici, la rottura di questo legame atavico è recentissima e “le conseguenze cominciano a essere evidenti anche ai semplici cittadini. Se noi abbiamo abbandonato la natura, la natura non ci ha abbandonato. È per questo che ogni pianta in più in città è un valore per cui combattere. Ogni pianta è un valore in sé” conclude Barberis.
Ma è sugli aspetti di economia derivata che è bene fermarsi a riflettere maggiormente.
“Gli alberi cambiano positivamente l’ambiente in cui viviamo moderando il clima – si legge nella relazione al progetto – migliorando la qualità dell’aria, riducendo il deflusso delle acque piovane e la presenza di CO2 nell’aria. Quantificare questi benefici è il miglior metodo per capire quanto sia importante il nostro patrimonio naturale“.
Quantificare vuol dire fare anche un calcolo economico, perché il verde aiuta a ridurre le isole di calore in estate e mitiga il freddo e il vento in inverno. Inoltre gli alberi assorbono CO2 e contribuiscono a rigenerare la vitalità dei terreni, evitando al tempo stesso fenomeni idrogeologici pericolosi.
Infine gli immobili situati nei pressi di parchi hanno un valore immobiliare superiore: per i proprietari di case sono un beneficio finanziario, per uffici e centri di aggregazione sociale, come bar e ristoranti, sono un valore economico.
Ma c’è un altro aspetto che per l’Urban Jungle di Prato potrebbe rivelarsi un positivo fattore economico: quello del turismo. “Soprattutto grazie al crescente interesse per il turismo sostenibile” come conferma lo stesso assessore Valerio Barberis.
Un effetto che ha reso il Bosco verticale di Milano così famoso in tutto il mondo e meta di studio; un richiamo per i turisti, che lo cercano nelle guide, ne restano incuriositi, ne parlano e creano così un indotto che contribuisce ad attirare altre persone e genera benefici economici per gli esercizi commerciali e di ristorazione dell’area.
Cosa che anche a Prato l’Amministrazione locale spera possa accadere, perché è un progetto sperimentale riconosciuto dalla Comunità Europea il cui valore è di immediato recepimento a livello Europeo; e perché Prato è situata a soli 10 chilometri da Firenze.
Vista l’attuale saturazione del capoluogo toscano, già oggi molti turisti si spostano a Prato per la più facile ricezione alberghiera e viaria. Inoltre Prato è la città dell’arte contemporanea, un prolungamento ideale con la Storia dell’Arte, con Firenze culla del Rinascimento.
Prato non solo è sede del Centro Pecci per l’arte contemporanea della Regione Toscana, ma ha monumenti di artisti contemporanei di fama internazionale sparsi per la città; inoltre la cittadina è un centro medievale e rinascimentale tutto da scoprire, perché la sua vocazione turistica è rimasta in secondo piano rispetto alla sua fama industriale.
La crisi tessile dello scorso decennio da un lato e l’arrivo di alcune università straniere dall’altro hanno fatto intravedere agli amministratori locali una conversione economica, che sta diventando realtà.
L’Urban Jungle si preannuncia quindi un punto di osservazione per il turismo in cerca di emozioni in spazi aperti: la natura sui tetti, sui muri oltreché in terra, diventa luogo di osservazione, ma anche di sperimentazione e di vissuto.
In conclusione questa operazione travalica i confini della città. Mettere al centro dello sviluppo socio-culturale il verde urbano è una opportunità per tutte le società moderne; è il collante tra le nuove generazioni, che chiedono il rendiconto del loro futuro ai genitori, e la società che si è fatta prendere la mano da un benessere fatto di oggetti, ma non di sensazioni.
Fortuna vuole che quel manto verde vivente è più resistente all’aggressione del tempo e dello spazio del nostro accanimento a distruggerlo: la crescita delle foreste in territori abbandonati appena venti anni fa, ne è l’esempio vivente. Ci auguriamo dunque di poter vedere realizzato Urban Jungle il più presto possibile.
Dati del progetto di giungla urbana a Prato
Per quantificare gli effetti della vegetazione censita sulla città di Prato è stato utilizzata l’applicazione i-Tree Eco che analizza i benefici prodotti dal verde, sia dal punto di vista ambientale (miglioramento della qualità dell’aria, risparmio di energia, contrasto ai cambiamenti climatici), sia da quello economico.
i-Tree Eco è un’applicazione che fa parte di una suite di software (i-Tree Tools, 2015) sviluppata dal Servizio Foreste del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti d’America (Usda) per valutare e analizzare i benefici e la struttura del verde urbano.
- territorio comunale: 97,35 kmq
- aree aperte: alberi, giardini, agricole e incolti 65,4%
- di cui alberi: circa il 9%
- asfalto: 20,8%
- tetti: 13,8%
- 29.151 alberi censiti
- 1 albero alto fusto ogni 1.300 abitanti
- anidride carbonica intercettata: 69.600 kg
- rimozione di 3.715 kg di inquinanti
- risparmi energetici: 2.010 Mwh
- intercettano: 7.981 m3 di acqua meteorica (ruscellamento)
- benefici economici: 878.000 euro
- investimento complessivo: 4 milioni di euro (75% finanziato dalla Comunità Europea)