Recupero, riuso e riciclo delle acque: il Parlamento Europeo prende posizione in tema di siccità ed emana delle nuove linee guida per valorizzare le acque di scarto. Peccato che entreranno in vigore fra 3 anni
Finalmente l’economia circolare si occupa anche di acqua e del suo riuso. E lo fa con una nuova legge studiata e approvata dal Parlamento Europeo che definisce per la prima volta i requisiti minimi per l’utilizzo delle acque di recupero (cioè le acque reflue urbane che sono state trattate in un impianto di bonifica) per scopi agricoli in modo sicuro, proteggendo le persone e l’ambiente.
Un ottimo risultato, anche se va detto che le misure adottate entreranno in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea e si applicheranno solo tre anni dopo l’entrata in vigore.
Ma è intanto un segnale chiaro sull’allarme siccità che incombe sul Vecchio Continente. La Commissione Europea calcola che almeno l’11% della popolazione europea e il 17% del suo territorio sono stati colpiti dalla scarsità d’acqua. Durante l’estate, oltre la metà della popolazione della regione mediterranea è colpita dallo stress idrico. E le previsioni non sono rosee.
Il nuovo regolamento sul riutilizzo dell’acqua è stato adottato in via definitiva a Bruxelles senza votazione, in apertura di sessione. Come dire: tutti d’accordo su un tema di così altro profilo proposta dalla relatrice Simona Bonafè del gruppo Gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo.
Le nuove norme mirano a garantire che le acque reflue trattate siano riutilizzate in modo più ampio per limitare l’uso dei corpi idrici e delle acque sotterranee. Il calo dei livelli delle acque sotterranee, dovuto in particolare all’irrigazione agricola, ma anche all’uso industriale e allo sviluppo urbano, è una delle principali minacce per l’ambiente idrico dell’Ue.
“Potremmo potenzialmente riutilizzare 6,6 miliardi di metri cubi d’acqua entro il 2025 – ha commentato la Bonafè – rispetto agli attuali 1,1 miliardi di metri cubi all’anno. Ciò richiederebbe un investimento inferiore ai 700 milioni di euro e ci permetterebbe di riutilizzare più della metà dell’attuale volume d’acqua proveniente dagli impianti di trattamento delle acque reflue dell’UE, teoricamente disponibili per l’irrigazione, evitando più del 5% di estrazione diretta dai corpi idrici e dalle falde acquifere“.
Plaude al risultato anche Eleonora Evi, europarlamentare del Movimento 5 Stelle: “Il riutilizzo dell’acqua non solo permette di contrastare la scarsità idrica in Unione europea ma, riducendo il consumo e le spese energetiche, permette anche di combattere i cambiamenti climatici, gli eventi meteorologici imprevedibili e la siccità, che sono tra le principali minacce all’esaurimento delle riserve d’acqua“.
La Evi avrebbe voluto, però, uno scatto in più a favore dell’ambiente a tutto tondo includendo il problema delle microplastiche: “questa problematica non è affrontata nel Regolamento, ma siamo fiduciosi visto che la Commissione europea si è impegnata ad adottare delle misure volte a combattere il rilascio di microplastiche nelle acque e nell’ambiente“.
I gestori dei depuratori sono avvisati: prevenire anche questa tematica sarà ottima cosa per tutti.