Come prevenire le frane? Uno studio condotto dall’Università Milano Bicocca e La Sapienza di Roma sulle grandi frane ha portato a un modello utile per la loro prevenzione
In agguato stanno le frane. Soprattutto in questa stagione dove le piogge non stanno risparmiando i territori montani e le alluvioni sono un vissuto di sempre più italiani. Prevenire le frane, lo ripetiamo ancora una volta, è un ottima strategia territoriale.
Ma come? Un nuovo modello messo a punto in collaborazione tra l’Università Milano Bicocca e La Sapienza di Roma, sostenuto da Fondazione Cariplo, punta a prevedere i movimenti delle grandi frane di roccia.
Combinando esperimenti di laboratorio su materiali naturali, campionati dalla zona di taglio di una grande frana lombarda (frana di Spriana, Sondrio) e osservazioni in situ, i ricercatori hanno studiato i meccanismi che regolano la transizione dell’attività delle frane da lente a veloci, fornendo indicazioni che consentiranno di migliorare l’affidabilità dei modelli previsionali.
I risultati del lavoro dei ricercatori di Milano Bicocca dimostrano che le deformazioni di grandi frane, che si muovono su superfici di scorrimento basali ben sviluppate, sono regolate dalle interazioni tra diversi processi associati a rapide variazioni delle pressioni dei fluidi nelle zone di taglio.
La competizione tra processi che determinano una riduzione o un aumento della resistenza modula lo stile di deformazione della frana e la sua transizione da lenta a veloce, fino al collasso catastrofico.
In particolare, le superfici di scorrimento rispondono a rapide variazioni delle pressioni dei fluidi, associate per esempio a precipitazioni intense o rapido scioglimento delle nevi, con improvvise accelerazioni, seguite da decelerazioni spontanee e da periodi di movimento a velocità costante, che si può mantenere stabile oppure evolvere verso il collasso quando le sollecitazioni superano determinati livelli critici.
Il lavoro Slow-to-fast transition of giant creeping rockslides modulated by undrained loading in basal shear zones, è stato recentemente pubblicato sulla rivista Nature Communications.
Dallo studio emerge che le grandi frane evolvono silenziosamente per migliaia di anni e sono caratterizzate da movimenti lenti – pochi millimetri all’anno – prolungati nel tempo e alternati a periodi di accelerazione, che possono avvenire rapidamente e provocarne il collasso in modo catastrofico.
In questi casi, l’energia mobilitata è tale da cancellare intere comunità, distruggere infrastrutture di trasporto o di approvvigionamento energetico e di modificare per sempre i paesaggi montani, ma anche la geografia umana delle zone coinvolte (come nel caso delle frane del Vajont o della Val Pola).
Piogge intense, scioglimento della neve o degradazione del permafrost: nel corso della loro evoluzione, queste frane divengono sempre più sensibili agli agenti esterni e alle loro variazioni in un contesto di cambiamenti climatici.
Prima di questo studio, tuttavia, i meccanismi che regolano la transizione dell’attività di frana da lenta a veloce non erano stati ancora del tutto chiariti, specialmente nell’ottica di una previsione pratica della loro evoluzione per la mitigazione del rischio.