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Gli obiettivi di sviluppo sostenibile, pietra angolare per il post Covid-19

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Ecco come gli obiettivi di sviluppo sostenibile possono aiutare la ripresa dopo l’emergenza sanitaria. E una grossa mano per il monitoraggio dell’ottenimento dei risultati può arrivare dalla citizen science

La crisi sanitaria ha portato alla luce profonde carenze nei sistemi di salute pubblica, inclusi quelli dei Paesi più ricchi che si consideravano preparati ad affrontare tali emergenze.

Utilizzando un nuovo indice che misura l’efficacia della risposta al Covid-19 di 33 Paesi dell’Ocse, comprensivo di parametri sanitari ed economici, è stato possibile rilevare come alcuni Paesi, provenienti dalla regione Asia-Pacifico, siano riusciti più efficacemente rispetto ad altri a contenere il virus e a minimizzare i danni causati alle proprie economie.

Nel Sustainable Development Report di quest’anno, analisi che fornisce annualmente dati aggiornati per monitorare e classificare il livello di realizzazione degli Sdg da parte degli Stati Membri delle Nazioni Unite, è stato quindi inserito un approfondimento sui probabili impatti a breve termine della pandemia sul raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, descrivendo come gli stessi possano favorire il processo di risanamento successivo all’emergenza e il recupero economico a livello globale.

L’Italia conferma la posizione dello scorso anno, classificandosi al 30mo posto del Sdg Index 2020, dietro altri Paesi dell’Ocse, oltre quelli nordici, la Francia, la Germania e la Spagna.

La situazione del nostro Paese dunque non evidenzia variazioni significative rispetto allo scorso anno, con un sostanziale andamento positivo verso il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Qualche miglioramento rispetto all’anno precedente si registra in merito ai trend di consumo e produzioni responsabili Goal 12 (Consumo e produzioni responsabili), mentre il Goal 3 (Salute e Benessere) indica un peggioramento delle condizioni di salute e benessere.

Riguardo al Goal 15 (Vita sulla terra), nonostante la prestazione sia inferiore rispetto allo scorso anno, si nota un trend positivo relativamente alla protezione dell’ecosistema e a una maggiore attenzione verso la protezione della biodiversità.

Situazioni critiche in cui perdurano i maggiori ritardi si verificano per il Goal 9 (Imprese, innovazioni e infrastrutture) a indicare un livello ancora inadeguato di investimenti e azioni di promozione delle innovazioni industriali e delle infrastrutture, per il Goal 14 (Vita sott’acqua) che denuncia la perdita progressiva di biodiversità in riferimento alle acque marine (scarsa qualità dell’acqua, pratiche di pesca non sostenibili, pesca illegale), per il Goal 13 (Lotta contro il cambiamento climatico) dove persistono le maggiori sfide legate alle azioni per mitigare il climate change.

Riguardo al Goal 1 (Lotta alla povertà) e al Goal 2 (Fame zero), l’Italia non mostra variazioni sostanziali rispetto al 2018 confermando un quadro negativo che vede un aumento della popolazione a rischio povertà, un incremento dell’obesità e di stili di alimentazione non salutari a sfavore della dieta mediterranea.

La cooperazione ha un ruolo strategico

Di fronte alla crisi causata da Covid-19, a 10 anni dalla realizzazione dell’Agenda 2030, il report sottolinea il ruolo strategico della cooperazione internazionale e delle partnership, Goal 17 (Partnership per gli obiettivi), fondamentali per accelerare l’individuazione di soluzioni rapide per una ripresa di lungo termine dagli effetti della pandemia.

Il rapporto identifica quindi cinque provvedimenti chiave che dovrebbero guidare la cooperazione internazionale e il dialogo fra le Nazioni:

  1. individuare e diffondere rapidamente le migliori pratiche
  2. rafforzare i meccanismi di finanziamento per i Paesi in via di sviluppo
  3. indirizzare l’attenzione verso le aree a scarso approvvigionamento alimentare
  4. garantire protezione sociale
  5. promuovere la ricerca e la diffusione di nuovi farmaci e vaccini

Per Sabina Ratti, chair del Sustainable Development Solutions Network italiano (SDSN Italia) e senior advisor in ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) “anche nel nostro Paese, l’Agenda 2030 indica la direzione per rispondere efficacemente alla crisi determinata dalla pandemia e per stimolare la resilienza trasformativa del sistema socioeconomico, avendo come riferimento i suoi principi di equità, inclusione, rispetto degli ecosistemi e collaborazione globale. Sarà fondamentale portare l’analisi, partendo dallo sguardo internazionale del Rapporto Sdsn, alle comunità, alle città, alle Regioni per tenere conto delle specificità territoriali e per attivare la collaborazione di tutti gli attori istituzionali, accademici, sociali ed economici“.

Come la Citizen Science può aiutare nel controllo degli obiettivi di sviluppo sostenibile

Uno studio condotto dall’Iiasa ha analizzato il contributo attuale e potenziale dei dati della citizen science per monitorare gli obiettivi di sviluppo sostenibile a livello di indicatori.

Sono necessarie enormi quantità di dati accurati, tempestivi e completi per monitorare i progressi verso gli Sdg. I 17 obiettivi fissati dall’Onu nel 2015 comprendono attualmente 169 obiettivi e 231 indicatori unici, definiti in un quadro in evoluzione.

Tuttavia, molti di questi indicatori non dispongono di dati sufficienti per monitorare regolarmente i progressi. La citizen science – che indica quel complesso di attività collegate a una ricerca scientifica a cui partecipano semplici cittadini – può contribuire a colmare questa lacuna di dati.

Secondo una nuova ricerca pubblicata su Sustainability Science, la citizen science ha il potenziale per fornire i dati per tracciare un terzo di tutti gli indicatori Sdg. Lo studio ha incluso una revisione sistematica di tutti gli indicatori e ha mappato le iniziative passate e in corso che potrebbero fornire direttamente o indirettamente dati per il monitoraggio degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

La maggior parte delle iniziative di citizen science impegna il pubblico a contribuire con osservazioni di natura a livello globale, regionale, nazionale o locale, per cui non sorprende che il maggiore potenziale di input sia stato dimostrato per gli indicatori Sdg ambientali. Ciò è particolarmente incoraggiante in quanto, secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep), il 68% degli indicatori ambientali non dispone di dati.

Tra gli indicatori che si sono dimostrati ben allineati con gli approcci della citizen science ci sono quelli che potrebbero essere supportati da dati spaziali, come il monitoraggio della qualità dell’acqua o dell’aria, le minacce di malattie, la valutazione dei danni post-catastrofe e gli spazi aperti nelle città.

Come la citizen science compendia i dati tradizionali

I ricercatori dimostrano che, mentre i dati della citizen science non possono sostituire, né compensare tutti i limiti delle fonti di dati tradizionali, c’è un grande potenziale per nuove fonti di dati a complemento delle fonti tradizionali, come il censimento, le indagini sulle famiglie e i registri amministrativi che sono attualmente utilizzati per monitorare i progressi sugli obiettivi di sviluppo sostenibile.

In molti casi, le iniziative di citizen science sono già consolidate e richiedono solo vari gradi di modifica, apertura e collaborazione per portare sul tavolo i loro approcci e strumenti.

Esempi dallo studio di come la citizen science potrebbe contribuire al monitoraggio degli Sdg sono lo strumento Picture Pile sviluppato all’Iiasa e l’Humanitarian OpenStreetMap per l’indicatore sulla “perdita economica diretta attribuita a un disastro“.

Picture Pile richiede ai volontari di classificare le immagini satellitari per identificare gli edifici danneggiati dopo un disastro. È stato progettato come uno strumento flessibile che può essere utilizzato anche per monitorare gli indicatori relativi a povertà, sicurezza alimentare, salute dell’ecosistema e deforestazione, tra gli altri.

Nell’applicazione Humanitarian OpenStreetMap, i partecipanti digitalizzano le aree colpite dai disastri, che include l’identificazione delle strade danneggiate per consentire ai soccorritori di raggiungere le persone in difficoltà. I ricercatori possono poi applicare le funzioni di massimizzazione dei danni alle aree mappate per calcolare alcune delle perdite economiche dirette dovute a un disastro.

Lo studio ha anche dimostrato che la citizen science è stata introdotta con successo come parte del processo di segnalazione e monitoraggio dell’indicatore sui rifiuti marini che inizialmente non aveva a disposizione una metodologia e standard stabiliti a supporto. La metodologia di questo indicatore suggerisce attualmente la citizen science come fonte primaria di dati per il monitoraggio dei rifiuti marini.

I ricercatori sottolineano che per realizzare il pieno potenziale della citizen science sarà necessario dimostrare il suo valore nell’ecosistema globale dei dati, costruire partnership attorno a questi dati per accelerare il progresso degli obiettivi di sviluppo sostenbile e incoraggiare gli investimenti per migliorarne l’uso e l’impatto.

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