Nella filiera produttiva del vino anche bottiglie di vetro e contenitori di carta e cartone hanno un ruolo importante nella valutazione della Sostenibilità di una cantina. Ecco i consigli e le riflessioni di un esperto come Marco Tonni che, con alcuni colleghi, ha messo a punto un calcolatore di CO2 per il settore
Il settore vitivinicolo è alla ricerca di strumenti concreti per controllare la Carbon Footprint, l’impronta carbonica, ovvero la misura delle emissioni di gas a effetto serra nell’atmosfera.
Aumento della temperatura, surriscaldamento del Pianeta e cambiamento climatico globale impattano sull’ecosistema vitivinicolo a partire dal vigneto, dallo sviluppo della pianta alla maturazione dell’uva, dalla tempistica di vendemmia alla qualità del vino.
Il tema è caldo, in tutti sensi: ci si interroga sugli impatti ambientali e sulla trasparenza nelle dichiarazioni dell’impronta carbonica da parte delle cantine stesse.
Importanti brand hanno deciso di monitorare il proprio livello di emissioni di gas a effetto serra: il monitoraggio in prima battuta ha riguardato esclusivamente l’attività, ma l’ambito si è ora esteso a tutta la filiera, inclusi gli indotti: vengono quindi monitorati l’insieme dei gas prodotti nei processi connessi all’attività core ma anche in quelli non direttamente controllati dall’azienda.
Le emissioni avvengono per elettricità ed energia, per i carburanti, per la concimazione e la gestione del suolo, per il gasolio agricolo, per lo smaltimento dei rifiuti.
Come calcolare la CO2 del settore vitivinicolo? Un approccio
Si fa presto tuttavia a dire Sostenibilità, ma nel mondo del vino quale può essere l’approccio corretto? Lo abbiamo chiesto a Marco Tonni, agronomo rappresentante di Sata Studio Agronomico di Rovato (Bs) e consulente in aziende del settore vitivinicolo per la gestione agronomica e fitosanitaria di vigneti, con particolare riguardo alle tematiche legate a sostenibilità, biodiversità e tecniche avanzate di viticoltura biologica.
“Per Sostenibilità intendiamo la capacità dell’umanità di soddisfare le esigenze del presente senza pregiudicare la possibilità delle future generazioni di rispondere alle loro necessità – è l’incipit di Tonni – per fare questo è necessaria una visione integrata e olistica. È indispensabile poter misurare ciò che succede, scoprire le criticità, programmare i miglioramenti e comunicare in modo efficace e credibile“.
Nella filiera produttiva del vino bottiglie e contenitori hanno un ruolo importante a livello di emissioni, così come imballaggi in carta e cartone: Marco Tonni e Pierluigi Donna di Sata Studio Agronomico e Isabella Ghiglieno con Leonardo Valenti del Disaa – Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università degli Studi di Milano, hanno condotto una ricerca su oltre 50 aziende vitivinicole.
Il calcolatore Ita.Ca, messo a punto da Sata con una collaborazione internazionale, è il primo calcolatore italiano di emissioni di gas serra per la filiera vitivinicola.
Lo studio ha messo sul banco degli imputati anche il packaging e le sue componenti, che hanno un peso non indifferente nell’impronta carbonica aziendale: come gestire questa situazione?
Tonni spiega che “il packaging rappresenta normalmente dal 25 al 35% delle emissioni aziendali. La quota maggiore (circa il 70%) è il vetro, ma anche le confezioni rappresentano una parte rilevante. I tappi di sughero invece, grazie alla presenza dei boschi a monte della filiera, possono essere considerati neutri o quasi, dal punto di vista delle emissioni di Ghg – prosegue il dott. Tonni – la questione forniture è rilevante. Non solo per il packaging del vino, ma per la sostenibilità di tutti i fornitori, sia ambientale che sociale, poiché dobbiamo sempre pensare anche a come si svolgono le filiere dei materiali che acquistiamo. La scelta del fornitore dovrebbe quindi essere animata da considerazioni che puntino non solo alla qualità del prodotto, ma anche alla sua filiera“.
L’impronta carbonica legata al packaging può sicuramente essere ottimizzata e le scelte possono essere molteplici: “ogni strategia che riduca l’impatto è valida – prosegue Tonni – dipende dalle attitudini aziendali e da come l’azienda interpreta la sostenibilità. Si possono ridurre i pesi delle bottiglie, utilizzare imballaggi leggeri, senza plastiche e plastificazioni, con meno colori, che siano facilmente riciclabili“.
Siamo fortemente convinti che le scelte del consumatore anche in questo campo siano determinanti, ma il marketing gioca un ruolo importante, anche sul vetro.
Quest’ultimo è un elemento importante dal punto di vista della sicurezza alimentare: la sua trasparenza, l’impossibilità di cessione di sostanze al vino che contiene, le caratteristiche per la protezione e la conservazione lo rendono un elemento essenziale nella filiera produttiva vitivinicola: Assovetro ha stimato che l’85% degli italiani considera il packaging in vetro il più sicuro sia per le bevande che per il cibo.
L’impiego nella raccolta differenziata e nel riciclo lo rendono inoltre un packaging sostenibile: la sfida è quindi quella di produrre bottiglie di vino più leggere, riducendo il consumo energetico e mantenendo inalterati gli standard legati alla resistenza.
In alcuni Paesi come la Svezia e il Canada, dove la sensibilità alla riduzione dei consumi energetici e delle emissioni ambientali è elevata, una bottiglia di vetro più leggera è un elemento importante nel percorso decisionale per l’acquisto di un vino.
Il mercato italiano deve ancora confrontarsi con questa realtà: spesso le bottiglie più leggere vengono utilizzate per i vini bianchi o per vini ritenuti poco prestigiosi.
Marco Tonni sostiene però che la pesantezza sia una sorta di specchietto delle allodole. Il vetro guarda oltre, contro l’infrangibilità dei luoghi comuni: la dimensione light potrebbe fare bene all’ambiente; per comprendere se un vino valga più di quanto costa, è necessario degustarlo.
Le bottiglie più leggere possono inoltre essere impiegate anche per i grandi rossi da invecchiamento: se sono di colore scuro la protezione è analoga, sempre in condizioni di buio, temperature e umidità corrette.
“È solo un problema di psicologia del consumatore – è l’opinione dell’esperto – la bottiglia alta o imponente fa più scena sullo scaffale, dove peraltro non dovrebbe rimanere a lungo, se si vuole preservare la qualità del vino“.
Dal 2009, Sata è stato il primo a lavorare in Italia al calcolo dell’impronta carbonica.
“Da allora a oggi, quasi un centinaio di aziende hanno realizzato il calcolo, alcune di esse in modo continuativo, e da lì si sono indirizzate progressivamente verso sistemi di certificazione della sostenibilità sempre più completi e articolati – prosegue Tonni – alcuni Consorzi si sono distinti per la loro attenzione alla sostenibilità. Il loro ruolo è fondamentale, perché sono vicini alle aziende e le inducono a riflettere e ad agire. Tra questi, sicuramente meritano una citazione particolare il Consorzio Franciacorta e il Consorzio Prosecco Doc, che si muovono su significativi percorsi di Sostenibilità“.
Tonni conclude la nostra intervista rivolgendosi ai consumatori: “vorrei ricordare l’importanza dell’attenzione alla sostenibilità: chiedete alle aziende e informatevi sui loro siti riguardo agli impegni di sostenibilità. È indispensabile che chi dichiara di essere sostenibile fornisca evidenze certe e trasparenti dei monitoraggi eseguiti, nonché di progetti in corso e realizzati. Solo così potremo convincere sempre più aziende a muoversi con determinazione verso la sostenibilità“.
Prendiamo nota e dalle nostre pagine rilanciamo l’invito.