Si stanno verificando in varie parti del mondo contagi di Coronavirus fra alcune specie di animali e il ritorno di focolai di aviaria e peste suina. I maggiori indiziati sono gli allevamenti intensivi e la nostra pessima gestione degli animali e della natura. Anche a discapito della nostra salute
Nelle ultime settimane sono stati sterminati migliaia di visoni in Danimarca perché contagiati dal Coronavirus.
La premier danese Mette Frederiksen ha quindi predisposto l’uccisione di 17 milioni di visoni, la totalità degli esemplari allevati in Danimarca per produrre pellicce.
Secondo le analisi in corso il virus sarebbe mutato in questa specie. L’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha lanciato l’allarme e sembra, secondo gli studi in corso, che il virus in questo caso sia stato trasmesso dagli uomini contagiati agli animali che, diventando serbatoio, trasmettono il virus all’interno della loro specie e di nuovo all’uomo.
Siamo quindi di fronte a uno spillover – ovvero a un passaggio del virus da una specie all’altra?
Anche in Italia si è registrato qualche caso di contagio da Coronavirus in alcuni allevamenti di visoni, così come in Spagna, Paesi Bassi, Svezia, Stati Uniti.
I visoni sembrano essere particolarmente indifesi di fronte a questo virus, considerando soprattutto le condizioni in cui sono costretti a vivere negli allevamenti intensivi dove vengono allevati per diventare pellicce.
L’Oie (Organizzazione mondiale per la salute animale) ha pubblicato una bozza con le linee guida per invitare i Paesi a monitorare le possibili trasmissioni da uomo ad animali, in particolare negli allevamenti.
Allo stesso modo negli allevamenti intensivi di galline in Olanda si sono dovuti abbattere 215mila animali portatrici di aviaria. In questo scenario si sono inserite anche le denunce di nuovi casi di peste suina africana in Germania, virus innocuo per gli uomini ma altamente contagioso per i maiali, che vengono sterminati in massa per fermare i contagi.
Il timore è che si possa diffondere nel resto d’Europa e la Cia – Agricoltori Italiani ha già chiesto al Governo di potere intervenire ancora più massicciamente sull’abbattimento dei cinghiali.
Insomma la situazione fa capire come la convivenza con la natura e con gli animali come la intendiamo non è più sostenibile.
Gli allevamenti così innaturali, veri e propri luoghi infernali dove gli animali sono costretti a vivere in condizioni miserabili, ammassati, stressati, alimentati con cibi industriali e dannosi, riempiti di ormoni e antibiotici, in attesa di una morte crudele, non possono che essere i luoghi dei focolai delle malattie e delle epidemie.
Non può più essere lo sterminio degli animali ammalati la soluzione a questi rischi.
Scienziati, virologi, ricercatori e le associazioni di tutto il mondo stanno da tempo denunciando questo nostro modo di considerare gli animali, non come esseri viventi ma come semplici oggetti, prodotti.
Questa visione utilitaristica e antropocentrica si sta rivelando estremamente pericolosa anche per la nostra salute.
Ci sono circa 1.400 agenti patogeni noti alla medicina moderna, il 60% di questi sono derivati da animali. Le epidemie che si sono sviluppate negli ultimi anni, come il Covid, l’aviaria, la Sars, Ebola e altre, derivano da zoonosi.
Come denuncia l’associazione Animal Equality Italia attraverso le parole della sua Direttrice, Alice Trombetta: “Quante altre epidemie da zoonosi dovremo sopportare prima che l’umanità comprenda i rischi reali dell’allevamento intensivo e agisca drasticamente in tal senso? Anche qualora si stimasse un rischio basso, quale percentuale di rischio siamo disposti a tollerare quando a essere in gioco è la nostra sopravvivenza?“.
Naturalmente la soluzione non è sterminare gli animali ammalati per colpa nostra, ma ripensare il nostro rapporto con la natura e con gli altri esseri viventi, permettendo loro di vivere in linea con le esigenze di ogni specie preservandoli dal nostro sistema di sfruttamento.