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Il riscaldamento globale comincia dagli oceani

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Il Decennio del Mare inaugurato dall’Unesco è il palcoscenico ideale per raccogliere l’allarme sull’aumento di temperatura delle acque, denunciato da Ingv ed Enea. Worldrise fa scuola per proteggere il Mar Ligure: il Mediterraneo è tra i mari che rischiano di più

È fresco di stampa il primo studio completo mai pubblicato finora dedicato al tema del riscaldamento globale degli oceani.

Opera dello sforzo congiunto dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e dell’Enea, l’analisi è stata condotta in base ai dati sulle acque salate raccolti a livello mondiale nel corso del 2020, e restituisce un quadro decisamente preoccupante relativamente allo stato di salute dei mari nel globo.

Tutte le conseguenze dei nostri sprechi di energia e dei comportamenti dannosi per l’ambiente, infatti, si riverberano in primo luogo sulle acque.

Ecco perché, dati dello studio alla mano, la temperatura media globale dell’oceano, nell’anno appena concluso, ha fatto segnare il valore più alto mai registrato: lo strato più superficiale delle masse oceaniche, quello fino a 2.000 metri di profondità, risulta aver assorbito 20 zettajoule (10 elevato alla 21 joule) di calore in più rispetto all’anno precedente.

Come se, spiegano gli autori dello studio con un facile esempio, per un anno intero, sulla Terra, fossero rimasti in funzione ininterrottamente 630 miliardi di asciugacapelli.

Dopodiché, se riprendiamo in mano il manuale di geografia delle scuole superiori e ripassiamo il ruolo svolto dai mari nella regolazione del clima terrestre, prendiamo atto di quanto la situazione illustrata sia grave.

Acque più calde, infatti, significano maggiori quantità di vapore nell’aria e conseguente turbamento del ciclo delle precipitazioni, come stanno a ricordarci gli eventi calamitosi verificatesi nei mesi passati: le insolite violente tempeste nel nord Atlantico, l’uragano alle isole Fiji, gli incendi devastanti in Australia e nella regione amazzonica.

Il Mar Mediterraneo non sfugge alla disamina, se è vero che, anzi, è il bacino acquifero che evidenzia il maggior incremento di temperatura degli ultimi cinque anni.

Insomma, se il 2020 è stato tra gli anni più caldi di sempre, l’origine fisiologica va ricercata nel surriscaldamento delle masse d’acqua, sebbene la causa ultima, artificiale, sia da scovare nell’inquinamento da noi prodotto.

Perfetto: ci dobbiamo disperare? Per fortuna no.

Un risvolto ottimistico c’è, e attiene alla sensibilità e all’impegno di quelle istituzioni e di quei gruppi di interesse che alla salute dei mari tengono e da cui traggono il senso dei propri obiettivi e delle proprie azioni politiche.

Cominciamo dal vertice internazionale: l’Onu.

Questo mese di gennaio, infatti, segna l’inizio del Decennio del Mare, promosso dall’Unesco per sensibilizzare gli ambienti pubblici e privati verso una maggiore consapevolezza e un approccio sostenibile all’ecosistema marino.

In particolare, il documento intitolato Manifesto del Decennio del mare: verso l’oceano di cui abbiamo bisogno per il futuro che vogliamo si compone di cinque lettere chiave, tante quante sono quelle della parola oceano: O di onoro, C di contribuisco, E di educo, A di accessibile, N di noi siamo oceano, O di onda, la stessa che deve entusiasmare tutta l’umanità in difesa del prezioso patrimonio rappresentato dall’acqua.

Passiamo, poi, alle questioni di casa nostra. A tutela dell’incolumità del Mar Mediterraneo, pochi giorni fa l’associazione Worldrise ha presentato i risultati raggiunti dal progetto SEAstema Liguria.

Una rete di competenze, idee e proposte sviluppate dai cittadini, i turisti e gli stakeholder riuniti sotto l’egida del marchio dell’associazione, con l’obiettivo finale di promuovere e di consolidare la fruizione sostenibile delle risorse marine appartenenti alla costa ligure, attraverso la realizzazione di indicazioni e consigli per vivere al meglio il mare e mediante la preparazione di materiale didattico specifico da distribuire nelle scuole primarie.

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