Home Smart City Transizione ecologica: ecco perché il Ministero è un passo necessario

Transizione ecologica: ecco perché il Ministero è un passo necessario

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Foto da Pixabay

La transizione ecologica non può essere confusa con quella energetica – che è solo una sua piccola parte – ed è fondamentale per rimodellare la nostra società e ridarle uno sviluppo economico basato su saldi principi di tutela ambientale

Sviluppo economico sì, ma solo se saldamente ancorato a principi di tutela ambientale e di rispetto etico e sociale di lavoratori e consumatori… è da queste convinzioni che nasce la transizione ecologica. D’altra parte l’ecologia è la scienza che studia le funzioni di relazione tra l’uomo, gli organismi vegetali e animali e l’ambiente in cui – tutti insieme -vivono.

Per questo siamofortemente interessati a vedere come la novità più grande del nuovo Governo Draghi che sta per iniziare il suo lavoro in questi giorni – oltre a un ampio sostegno istituzionale super partes – ovvero l’istituzione di un Ministero della transizione ecologica, che va a sostituire quello dell’Ambiente aggiungendogli anche competenze infrastrutturali.

Innanzitutto, cosa si intende per transizione ecologica? Secondo il network europeo Etres (Educational and Training Resources for Environment and Sustainability) che si occupa di diffondere lo sviluppo sostenibile e l’educazione ambientale attraverso iniziative rivolte ai cittadini, per transizione ecologica si intendono una serie di strategie basate su un’etica della responsabilità che hanno l’obiettivo di creare un futuro sostenibile mantenendo gli equilibri planetari associati al benessere dell’umanità.

Un futuro sostenibile – badate bene che la sostenibilità non è solo quella economica e che non si può più scindere il problema economico da quello sociale e ambientale (vedi i casi di Taranto con l’ex Ilva in tempi recenti o, prima ancora, quelli delle fabbriche di amianto) – è quello definito da molti termini a noi noti: autoproduzione, economia circolare, crescita verde, attenuazione e adattamento per contrastare il cambiamento climatico.

A questo aggiungiamo il fatto che le aziende italiane sono in forte ritardo nel formare manager della sostenibilita competenti e che il loro cammino Green, nella maggioranza dei casi, è appena iniziato.

Ecco allora che, secondo Giovanni Ferri, professore ordinario di Economia e direttore scientifico del master in Management of sustainable development goals dell’Università Lumsa di Roma, “avere istituito un ministero per la transizione ecologica non è un mero escamotage, ma un passo necessario per dare una svolta alla produzione industriale. L’emergenza ambientale, che è anche un fatto sociale, implica la necessità di affrontare questo tema sia dal punto di vista della domanda, espressa dal consumatore, che da quello dell’offerta, rappresentato dall’azienda“.

Non è un processo semplice, né veloce… l’attivista ambientale Rob Hopkins, nel libro Cambiamo il mondo del 2004 – 16 anni fa -, scriveva infatti che “il processo della transizione ecologica rimanda a dei cambiamenti nella quotidianità e negli stili di vita, lo sviluppo economico e la pianificazione, secondo una sperimentazione basata dall’apprendimento dei diversi attori coinvolti inizialmente“.

La transizione ecologica, quindi, può avvenire soltanto se, dal basso, i cittadini spingono con i loro comportamenti e le loro abitudini l’industria a cambiare e, dall’alto, avviene un cambiamento della produzione che deve essere in grado di convertirsi a una economia circolare, con lo scopo di trasformare gli scarti aziendali rendendoli prodotti sostenibili.

Ben venga allora un Ministero della transizione ecologica che sovrintenda non solo la tutela dell’ambiente e sviluppi percorsi di educazione ambientale sempre più pervasivi – noi di Greenplanner.it ci auguriamo che l’educazione ambientale e civica diventi una materia fondamentale da studiare nelle scuole italiane, di qualunque grado – ma che lavori assiduamente per formare nuovi manager della sostenibilità ecologica in grado di cambiare la mentalità della parte produttiva del Paese.

Ferri conclude dicendo che un aspirante manager della sostenibilità ecologica “deve rendersi conto di come finanziare un business plan sostenibile o anche come prevedere all’interno della sua azienda una comunicazione green“.

Ma, soprattutto, aggiungiamo noi di Greenplanner, deve assumersi la responsabilità di sfruttare la forza del business per tutelare l’ambiente e le persone, cambiando per sempre il paradigma della nostra società. Senza cadere nella facile trappola del greenwashing!

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