Utilizzata sin dall’inizio del Novecento, la plastica ebbe una forte diffusione dopo la seconda guerra mondiale, fino ad arrivare ai giorni nostri, dove sono più i rifiuti che vengono generati con questo materiale rispetto alla produzione e alla messa in commercio di articoli realizzati con essa.
La sensibilizzazione si è spostata dunque sui danni che lo sfruttamento e lo smaltimento della plastica possono provocare all’ambiente, anche se non è semplice fermare la fruizione di un composto così flessibile e resistente, impiegato negli ambiti più disparati da parte dell’uomo.
Paradossalmente la plastica può anche essere impiegata in contesti ecologici: senza di lei non sarebbe infatti possibile produrre i pannelli solari.
Anche nel settore dei trasporti il suo contributo si può dire che sia in parte green: grazie alla plastica i veicoli sono diventati più leggeri e ciò ha condotto a una riduzione dell’anidride carbonica nell’aria.
Emerge dunque che il problema più grande non è tanto servirsi della plastica, ma come gestirla: è opportuno mettere in atto una tecnica di riciclaggio della plastica efficace, in modo da risolvere la questione dei rifiuti mal gestiti, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Per fare ciò, sarebbe auspicabile cominciare impartendo un’educazione civica al cittadino.
Alcuni dati sulla plastica in Italia
In Italia il riciclo della plastica è ancora una faccenda spinosa: il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica (Corepla) ha messo in luce come il Belpaese abbia fatto molti progressi sul fronte della raccolta differenziata, contendendosi il primato a livello europeo con la Germania, a dimostrazione di come sia cresciuta la consapevolezza dei cittadini rispetto a queste tematiche, anche se ci sono alcuni errori che continuano a essere commessi: non è raro trovare nei bidoni dedicati alla plastica giocattoli o pennarelli, che andrebbero gettati nell’indifferenziata.
Inoltre a livello di riciclo della plastica, le battaglie da combattere sono ancora molte: solo il 43,5% di essa viene trasformata in nuovi oggetti, mentre la restante parte finisce nei termovalorizzatori per produrre energia, o in discarica.
È evidente più che mai come il processo di smaltimento plastica debba essere incentivato, in quanto gli impianti attuali non possono trattare agevolmente la quantità di scarti prodotta.
Gli impatti sull’ambiente
Gli effetti della plastica sulla flora e la fauna sono spaventosi, soprattutto all’interno degli ecosistemi marini. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite 800 specie animali si trovano in una condizione di rischio, vista l’elevata possibilità di morire ingerendo questo materiale, o di restare intrappolate nella marea di rifiuti.
A nessuno vengono fatti sconti: tutti sono indistintamente colpiti, dai grandi mammiferi al plancton. Alcune ricerche hanno inoltre stimato che entro il 2050 il 99% degli uccelli avrà all’interno del loro organismo della plastica.
Non è ancora del tutto chiaro come questa sostanza agirà nel corpo dei vari esseri viventi che la ingeriranno, tuttavia è innegabile che una sua assunzione conduca alla morte, soprattutto nel caso delle tartarughe marine, che si ritrovano incapaci di nutrirsi a causa dei pezzi di plastica che bloccano il loro tratto digestivo.
La paura più grande quindi è che venga interrotto completamente il ciclo di vita dell’oceano, qualora tale fenomeno dovesse verificarsi anche in altri animali.
Molti inoltre i casi di mammiferi marini intrappolati in prodotti di plastica, che gli impediscono di andare alla ricerca di cibo, facendoli morire o provocando gravi danni al loro organismo.
Spostandoci sulla terra, le microparticelle di plastica riescono a disperdersi nelle acque e nell’aria: le plastiche alogene in particolare, rilasciano sostanze chimiche nel terreno, penetrando fino alle falde acquifere.
Le soluzioni più ecologiche
Quali possono essere gli espedienti migliori per tutelare l’ambiente? Secondo la comunità scientifica bisognerebbe cercare di gestire al meglio la fase finale di vita della plastica, evitando di farla accumulare nelle discariche.
Un approccio vincente potrebbe essere sviluppare un processo produttivo per ottenere il poliidrossialcanoato (Pha), polimero biodegradabile. Tale polimero viene generato in natura da alcuni batteri che si trovano in una condizione di eccesso di carbonio.
Questi microrganismi vengono geneticamente modificati in laboratorio e coltivati nei fermentatori per trasformare metano e ossigeno in Pha.
Il polimero viene poi separato attraverso specifiche tecniche, e sfruttato per realizzare prodotti mirati variandone la composizione, grazie all’aggiunta di additivi diversi. Finito il suo ciclo, la plastica viene degradata in modo tale da originare gas metano, fornendo dunque nuova linfa per la creazione di Pha.
Qual è il vantaggio ambientale? Primo su tutti lo sfruttamento ecologico del gas metano, inquinante che contribuisce maggiormente, insieme all’anidride carbonica, al cambiamento climatico di questi anni, sia per cause naturali (paludi o giacimenti fossili) sia per le azioni dell’uomo (combustione nell’industria o nelle abitazioni).
Gli impianti di smaltimento della plastica potrebbero essere incentivati ad abbracciare questo trattamento, soprattutto per il giovamento economico di cui godrebbero, raggiungendo tassi di riciclaggio elevati.