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Pastori d’api: così l’apicoltore salva il mondo

miele
Foto di Tommaso Galli

Oggi 20 maggio – nella giornata mondiale delle api – ci concentriamo sulla figura professionale dell’apicoltore con tutto il suo bagaglio culturale. Pro e contro di una professione che svolge un ruolo fondamentale anche in termini di biodiversità

L’Unione europea è il secondo produttore di miele al mondo, dopo la Cina. In totale in Europa si producono circa 250mila tonnellate di miele e ci sono 17 milioni di alveari. L’Italia, con 1,2 milioni è al quarto posto.

Secondo i dati Ismea, in Italia ci sono circa 52mila apicoltori, di cui il 65% produce per autoconsumo e il 35% per il mercato.

Sempre Ismea informa che la produzione italiana di miele nel 2020 si è assestata attorno a 17mila tonnellate. Il Piemonte con ben 5mila tonnellate è la Regione più produttiva dello Stivale.

Dopo una flessione del mercato del miele in Italia, tra il 2018 e il 2019, con l’esplosione della pandemia nel 2020 e con la volontà di una nutrizione più sana, i consumi di miele, sempre secondo Ismea, sono cresciuti del 13%.

Giancarlo Naldi, direttore dell’Osservatorio nazionale del miele sottolinea “In Italia, produciamo la metà del miele che consumiamo“.

Abbiamo parlato anche con Marco Porporato, professore aggregato di apicoltura dell’Università di Torino che ci ha raccontato che “i cambiamenti climatici in corso e le modificazioni operate da pratiche umane, stanno cambiando le raccolte da parte delle api da miele. Le api continuano a produrre miele, ma non nelle stesse quantità in tutti i territori“.

Quest’anno, come precisato da Coldiretti, a causa delle gelate primaverili inusuali e il forte vento il lavoro delle api è stato compromesso.

Anche Barbara Bonomi Romagnoli, giornalista e apicoltrice ha voluto sottolineare una situazione drammatica per il settore, “la stagione di quest’anno è a rischio. In questo mese e mezzo c’è grossa difficoltà, colpa dello stress alimentare. A causa del brutto tempo e delle gelate, le api non hanno cibo e non riescono a sostenersi“.

Questa situazione è diffusa a macchia di leopardo, ma non tutte le piante sono colpite allo stesso modo e quindi in alcune aree la produzione apistica può continuare.

Ogni Regione dispone di diversi tipi di piante e questo consente di avere delle produzioni di miele diversificato. Dovremmo essere più consapevoli del fatto che ci sono tanti tipi di miele, come tanti tipi di vino, diversi in relazione alle regioni di provenienza” prosegue Porporato.

esperti api
Nella foto (da sx): Marco Porporato, docente aggregato di apicoltura dell’Università di Torino; Giancarlo Naldi, direttore dell’Osservatorio nazionale del miele e Barbara Bonomi Romagnoli, giornalista e apicoltrice

Indice degli argomenti relativi all’apicoltura

Diversità dei mieli e qualità

Il miele si divide in due macro categorie, monoflora e millefiori. Secondo alcuni studi, ci sono circa 50 tipi di monoflora, mentre i millefiori sono innumerevoli viste le biodiversità connesse a quel tipo di produzione.

Una precisazione bisogna farla, tra i monoflora non esiste solo l’acacia. “In Italia abbiamo la possibilità di produrre miele di tarassaco, di colza, di robinia o di tiglio. Gli apicoltori possono spostare gli alveari nelle zone in cui sono presenti boschi di castagno. Nel sud Italia è possibile produrre del miele di eucalipto, del miele di timo in Sicilia, del miele di corbezzolo in Sardegna” continua Porporato.

Il miele è diretta espressione dell’ambiente in cui viene prodotto, lo ha spiegato la Bonomi Romagnoliogni miele restituisce il territorio. E per questo è difficile dire che esiste un unico miele di qualità“.

Certamente ci sono dei suggerimenti che, se ben seguiti, ci permettono di mangiare un buon miele. E come Naldi ha voluto sottolineare, “la prima regola è non comprare miele che costa troppo poco. Qualche volta viene adulterato e anche il Paese d’origine è un’indicazione di qualità. Leggere bene l’etichetta e diffidare del prezzo basso“.

Inoltre, prosegue Naldi, “bisogna preferire i mieli che non sono pastorizzati. Perché quelli pastorizzati perdono il gusto e le proprietà organolettiche come le vitamine“.

Anche la Romagnoli Bonomi ha aggiunto “in un miele troppo umido ne risente la qualità” e aggiunge “il miele andrebbe mangiato a temperatura ambiente. Nel riscaldarlo si perdono le proprietà nutritive“.

Per una facilità d’uso e per seguire le tendenze di mercato, negli anni si è moltiplicato il consumo di miele liquido, stato in cui si trasforma una volta pastorizzato. Anche il gusto ha seguito una progressiva uniformità, prediligendo certi sapori e un determinato grado di dolcezza.

Il messaggio che ha voluto lanciare Porporato, condiviso da molti, è l’importanza ad “abituarci a consumare mieli diversi per apprezzare i profumi, i sapori e la diversa consistenza che è conseguenza della diversa composizione di zuccheri che si trovano nel nettare prodotto dalle piante. Bisogna apprezzare i sapori della natura attraverso il miele“.

Dalla pianta e poi grazie all’elaborazione che le api fanno negli alveari e al lavoro di concentrazione di questi zuccheri, le api ci danno un prodotto che è diverso a seconda dell’origine del nettare” ha concluso Porporato.

Sono le api a fare il miele, questo è vero, però non bisogna dimenticare l’importante lavoro e le conoscenze fondamentali degli apicoltori.

Lo ha voluto precisare Naldil’apicoltore è un pastore d’api, fa molto nomadismo e questo è fondamentale. L’apicoltore è fondamentale per fare il miele buono e per mantenere in vita l’ape, la pratica più difficile“.

La pastorizia della api: il lavoro dell’apicoltore

L’apicoltore è un pastore e può decidere in che modo condurre le sue pratiche, se in modo più naturale o più intensivo. “L’apicoltura è l’arte dell’allevamento delle api” commenta Porporato.

Quando parliamo di pastorizia, pensiamo sempre al pastore che munge le sue mucche. Certamente questo immaginario non si può applicare alle api, “l’apicoltore è in grado di gestire le api per fare sì che raccolgano una quantità maggiore di nettare e polline rispetto a quella che è strettamente necessaria per la sopravvivenza delle colonie“.

Oltre a essere una pratica molto faticosa, il nomadismo in apicoltura è pericoloso e spesso questi pastori d’api sono vittima di furti e attacchi. Il problema di queste violenze riguarda tutti. Più api muoiono, più la biodiversità diminuisce e più in fretta scompariremo anche noi.

L’attacco subito da Mattia Landra, apicoltore nomade del cuneese, a pochi giorni dalla giornata mondiale delle api è straziante. 70 arnie distrutte e milioni di api morte.

Ne abbiamo voluto parlare con Naldi: “quello che è successo a Mattia è sicuramente la cattiveria di un apicoltore. I furti e le devastazioni sono mano di esperti. Purtroppo le mele marce ci sono ovunque, ma la reazione di solidarietà che si è creata, riabilita la categoria degli apicoltori“.

Noi ci uniamo al messaggio di solidarietà per Mattia e per le api. Dobbiamo però chiedere anche più chiarezza sull’inusuale ordinanza comunale del Comune di Caluso, a pochi giorni prima del fatto increscioso, che vietava il nomadismo apistico nel territorio comunale.

Gli apicoltori non hanno vita facile, non solo esistono asperità tra di loro, ma anche con gli agricoltori gli scontri sono spesso continui.

Apicoltura e agricoltura: troppo spesso incompatibili

Spesso, nell’immaginario collettivo, ma anche nella realtà, l’agricoltore non è un fraterno amico del pastore di bestiame. E a questo binomio litigioso, bisogna aggiungere anche l’apicoltore, essendo anch’egli un pastore. Tra apicoltori e agricoltori, insomma, non scorre buon sangue.

Su questo argomento interviene ancora Naldi: “fino a meno di 10 anni fa, agricoltori e apicoltori non si parlavano. Gli apicoltori erano infuriati per il massiccio utilizzo di fitofarmaci e pesticidi, che nel 2008 hanno provocato la perdita del 50% del patrimonio italiano di api“.

A questa osservazione si aggiunge il commento di Barbara Bonomi Romagnoli: “l’agricoltura intensiva ha fatto fin troppi danni. E se le api sono a rischio, siamo a rischio anche noi“.

Sicuramente si stanno facendo dei passi in avanti per una gestione più sinergica di due pratiche, l’apicoltura e l’agricoltura, che per natura sono armoniose, ma troppo spesso per volere umano, poco compatibili.

L’Osservatorio nazionale del miele si sta muovendo da diverso tempo per creare un’intesa fra le parti ed è stato istituito un tavolo tecnico presso il Ministero delle politiche agricole.

Anche a livello comunitario si stanno facendo dei passi in avanti per promuovere la salvaguardia delle api nelle campagne, come suggerisce Marco Porporato: “la politica agricola comunitaria sta intervenendo cercando di indurre gli agricoltori a riservare un 5% delle superfici per introdurre delle piante erbacee che forniscano fiori e risorse per le api“.

Le iniziative politiche e un incremento di buon senso nelle pratiche degli operatori, si stanno rivelando azioni positive, infatti “le morie come quelle del 2008 non si verificano più – sono ancora parole di Giancarlo Naldi – Però, tuttora, esistono dei fenomeni di spopolamento e si avvertono soprattutto dove ci sono delle colture agrarie intensive“.

Dimentichiamoci dell’immagine stereotipata delle api in mezzo alla campagna, perché ora il loro habitat preferito sta diventando la città.

L’apicoltura urbana è una risorsa importante per le api perché nella campagna l’intensificazione delle coltivazioni ha creato una frammentazione dell’habitat. Le coltivazioni intensive di fatto hanno creato un deserto biologico nei quali le api possono trovare delle condizioni favorevoli al massimo per 15 giorni all’anno” ha sottolineato Porporato.

Cittadini, consumatori: alleiamoci con le api

Molto spesso di fronte a problematiche così complesse, il singolo cittadino si sente impotente. Così non è. Per la salvaguardia delle api abbiamo un duplice ruolo estremamente importante, siamo sia cittadini del Mondo che consumatori di miele.

Come consumatori, gli esperti sopracitati ci hanno suggerito che dobbiamo variare il più possibile e scegliere miele di qualità, possibilmente italiano. Per conoscere a pieno il prodotto, dobbiamo leggere le etichette e guardare tutti mezzi disponibili che garantiscono la tracciabilità.

Come cittadini del Mondo, il messaggio è sempre lo stesso: usare buon senso. Per aiutare le api occorre dar loro da mangiare e per farlo, basta avere le giuste piante sui balconi o nei giardini e diminuire il più possibile l’utilizzo di sostanze tossiche.

Una singola persona può comunque operare per fare sì che le api trovino delle condizioni ottimali per sopravvivere. Due delle piante amate dalle api sono la lavanda e il rosmarino” suggerisce Porporato.

Giancarlo Naldi ha sottolineato che anche i Comuni possono fare qualcosa, “le città sono importantissime, possono piantare piante nettarifere e adottare una manutenzione del verde in modo sostenibile. I comuni dovrebbero anche fare formazione per gli operatori del verde e per i cittadini“.

Tante iniziative per conoscere le api e difenderle

Si sta diffondendo una consapevolezza sempre più crescente sull’importanza della salvaguardia delle api. È diventato evidente quanto sia importante conoscerle per capire il loro ruolo fondamentale nella vita di tutti i giorni.

Sulla Terra – Porporato sottolinea – ci sono circa 20.000 specie di api e alcune di queste producono miele, ma tutte sono importanti per l’ecosistema“.

Se tanto si sta facendo per aiutare le api, è grazie alla formazione sia dentro che fuori dalle scuole. Informare e formare per difendere.

A Bologna, dal 20 maggio al 5 giugno, Conapi e Melizia organizzano BeeBo, un evento cittadino diffuso dedicato alla sensibilizzazione e alla scoperta delle api.

Sempre a Bologna è nato BeeBol, un progetto di Legambiente nel rione Pilastro di Bologna. Il loro messaggio: le api fanno scuola. “Lo scopo è sviluppare nel parco dell’Arboreto un percorso esperienziale. Far conoscere ai bambini i ritmi quotidiani dell’alveare e far conoscere loro il ruolo delle api. Bisogna far passare il timore verso le api” ha aggiunto Teresa Panzarella, responsabile del progetto.

All’interno del parco dell’Arboreto ci sarà un’arnia che ha anche lo scopo di monitorare l’ambiente circostante. “Controlleremo degli indicatori del miele per capire cosa c’è intorno e lo stato di salute dell’ambiente” prosegue la Panzarella.

Anche i laboratori pH di Tüv Italia sono impegnati nei test per ricercare le principali sostanze inquinanti che minacciano la sopravvivenza delle api.

Conoscere le api è un’importante azione culturale. Formare per difenderle, ma anche per adottare atteggiamenti di solidarietà sociale insita nelle colonie d’api.

È questo il ruolo culturale di Donne dei mieli spiegato da Barbara Bonomi Romagnolila società apistica è femminile, è fatta per la maggioranza di insette. Creare un gruppo per mettere a confronto le nostre esperienze e competenze per valorizzare quello che facciamo come donne esperte di miele e api. Come esiste la biodiversità delle api, esiste la biodiversità delle donne dei mieli“.

Un’altra realtà impegnata nella formazione è l’Apam, associazione produttori apistici della provincia di Milano, che organizza ogni anno un corso per apicoltori principianti per far conoscere loro il fantastico mondo delle api. Molti, partendo da principianti, sono ora apicoltori a tempo pieno.

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