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Aziende-atenei: ecco come creare i link giusti. E non con i soliti dottorati

pubblicato il: - ultima modifica: 25 Giugno 2021
atenei e aziende, alta formazione
Foto di Michal Jarmoluk da Pixabay

Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) anche i percorsi di dottorato hanno trovato posto con l’obiettivo di coinvolgere maggiormente le imprese nell’attivazione di collaborazioni coerenti con le strategie di ecosostenibilità e di innovazione e digitalizzazione.

Di fatto nasce proprio in questi mesi anche una nuova tipologia di dottorati (i cosiddetti dottorati comunali) oltre allo sviluppo di corsi di dottorato in scienze della difesa e della sicurezza.

Ma andiamo con ordine: cosa si intende per dottorati comunali? Sono 9 i milioni accantonati per il triennio 2021/2023 e destinati al finanziamento in via sperimentale, da parte dei Comuni presenti nelle aree interne del Paese, anche in forma associata, di borse di studio per dottorati di ricerca denominati dottorati comunali.

“Tali dottorati – si legge in una nota della Camera dei deputati – sono finalizzati alla definizione, all’attuazione, allo studio e al monitoraggio di strategie locali volte allo sviluppo sostenibile, in coerenza con l’Agenda Onu 2030 e, in particolare, alla transizione ecologica, alla transizione digitale, al contrasto delle diseguaglianze sociali ed educative, al rafforzamento delle attività economiche e al potenziamento delle capacità amministrative“.

I dottorati comunali sono soggetti al consueto accreditamento da parte del Ministro dell’università e della ricerca. Gli atenei italiani ci stanno già lavorando. Con un occhio al futuro.

Nella revisione attualmente in atto del Dm 45 (il decreto che regola il dottorato di ricerca) – spiega Gianluca Calestani, delegato del Rettore per i Dottorati di Ricerca dell’Università di Parma – ci si è posti l’obiettivo di rispondere non solo alle esigenze del tessuto della ricerca, ma anche a quelle della pubblica amministrazione e delle imprese.

L’obiettivo del corso di dottorato diventa il conseguimento da parte del dottore di ricerca di quella indipendenza sul lavoro che è garanzia di proficuo inserimento professionale nella società, quale che sia il settore in cui ci si troverà ad operare (pubblico, privato, industriale, accademico…).

Si cerca quindi di superare l’idea di dottorato come primo step di accesso alla carriera accademica per andare incontro a una visione più europea del dottorato di ricerca, adeguandosi a quei Principles for Innovative Doctoral Training (Research excellence) che lo indirizzano verso il mondo produttivo“.

Senza ovviamente perdere di vista le altre opportunità che tracciano il solco di collaborazione con le aziende. Ovvero: le Borse di ricerca, i dottorati industriali e i dottorati in alto apprendistato.

Di fatto a breve gli uffici incaricati a sviluppare tematiche di competenza sono in attesa di nuovi regolamenti dei dottorati. Entro primi di ottobre però la programmazione deve essere pronta e annunciata agli studenti e alle aziende.

Sulla base di questi presupposti, vediamo quindi come un’azienda si può muovere per capire come collaborare con un ateneo.

Vale, innanzitutto, la regola geografica (più l’Università è vicina meglio è) oltre a quella settoriale. Tanto più se si parla di dottorato in alto apprendistato che è finanziato dalle Regioni e per cui l’azienda deve avere sede o filiali nella Regione della stessa Università.

Il che – fa notare ancora Calestanicrea qualche problema e a volte delle disparità perché magari l’azienda sta proprio al confine con una Regione con cui avrebbe molta affinità di tematiche“.

Il riferimento va alla Food valley di Cremona e zone limitrofe. In quest’ultimo caso – ovvero in tema di settore – va analizzato bene il piano formativo.

All’Università di Bari, per esempio – ci racconta Isabella Pisano, ricercatrice in ambito biotecnologie – abbiamo all’attivo più di 10 dottorati industriali nel settore biomedico, agroalimentare, zootecnico e delle biotecnologie industriali“.

Oltre a tutte le tipiche aree di un Politecnico (Ingegneria Civile e Architettura, Ingegneria Informatica e della Comunicazione, Ingegneria Industriale e Scienze Fisiche, Chimiche e Matematiche per l’Ingegneria) è bene sapere che il politecnico di Torino partecipa al dottorato nazionale in Sviluppo Sostenibile e Cambiamento Climatico, che ha come sede amministrativa l’Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia e il Dottorato di ricerca nazionale in Intelligenza Artificiale di cui è sede amministrativa per l’indirizzo Industria 4.0.

A Paolo Biscari, direttore della Scuola di Dottorato del Politecnico di Milano chiediamo di farci uno schema di costi. “Per la borsa in convenzione – spiega Biscaril’azienda concorda il tema di ricerca, il relatore e il tutor aziendale con uno dei corsi di dottorato; si firma una convenzione e si mette a bando il posto con cui viene selezionato un dottorando che svolgerà quella ricerca; costo approssimativo 70mila euro lordi per tre anni di borsa.

In caso di executive Phd: l’azienda concorda il tema di ricerca, il relatore e il tutor aziendale con uno dei corsi di dottorato; si firma una convenzione ma la convenzione è nominativa: a svolgere l’executive Phd è un dipendente dell’azienda, che può anche lavorare part-time in un programma di dottorato allungato di conseguenza a 4-5 anni.

Qui il costo da sostenere sarebbe di circa 3-4.000 euro/anno (oltre allo stipendio del dipendente, che l’azienda ovviamente continua a pagare). Infine, per l’alto apprendistato: somiglia all’executive ma l’assunzione del dipendente segue le regole (e ha i vantaggi fiscali) dell’apprendistato“.

Ma il referente del Politecnico di Milano aggiunge un ultima opportunità: ovvero “la possibilità di fare contratti di ricerca con i singoli gruppi di ricerca dipartimentali. Questi hanno costo variabile a seconda del tempo che dovrà essere dedicato dal personale universitario alla ricerca, dalle apparecchiature richieste ecc.

Il costo medio mensile è comunque molto superiore al costo medio mensile della borsa di dottorato e quindi molti contratti di ricerca sono stipulati per ricerche mirate di durata breve (qualche mese)“.

Il nostro Ateneo – spiega Maria Luce Frezzotti, presidente della Scuola unica di dottorato dell’Università di Milano-Bicocca – negli anni ha sviluppato convenzioni di Dottorato Industriale con più di 150 imprese profit e no-profit, tra cui Intesa San Paolo, Agenzia Entrate, La Roche, Basf, Rottafarm, Pirelli, Sanofi, Unhcr (United Nation High Refugee Agency), San Raffaele, Il Filo di Arianna e Volontariato internazionale per lo sviluppo. Alle quali si aggiungeranno, il prossimo a.a, Banca d’Italia, Google, Astrazeneca, Novartis, Medtronic, e Cuamm Medici con l’Africa, tra le altre“.

L’invito è partecipare alla prossima giornata del Dottorato Industriale che si terrà – quest’anno – attorno al 25 ottobre 2021. “La giornata – spiega Frezzottiha l’obiettivo di illustrare alle aziende le possibilità di collaborazione e sviluppare le attività consolidate“.

E in futuro come potrebbe cambiare il metodo di collaborazione azienda/Università?

Secondo la Pisano dell’Università di Bari: “Strategico potrebbe essere un reclutamento per call for proposal così da poter garantire continuità anche nel percorso post-dottorato“.

Per Paola Mottetti dell’area formazione dell’Università di Bologna è interessante che le aziende capiscano bene che possono “assumere dottorandi di età inferiore ai 30 anni con contratto di lavoro di apprendistato basato sull’alternanza studio-lavoro finalizzato al conseguimento del titolo di Dottore di Ricerca.

L’apprendistato per il dottorato di ricerca dura dai 24 a 48 mesi ed è utile per le imprese, anche di piccole e medie dimensioni, per sviluppare ricerca e inserire giovane personale di elevata qualificazione in azienda, progettando un percorso formativo in linea con le esigenze dell’impresa e usufruendo di benefici fiscali“.

Ovviamente, l’azienda può partecipare alla selezione del dottorando che beneficerà del contratto di apprendistato.

 

I dottorati nazionali in Intelligenza Artificiale e in Sostenibilità:

mettere a sistema le risorse del Paese per promuovere la transizione digitale ed ecologica

 Intelligenza artificiale e Sostenibilità

Intanto, il sistema dell’università e della ricerca nazionale, su sollecitazione del Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR), ha sviluppato due programmi di dottorato nazionale, su “Intelligenza Artificiale” e su “Sviluppo Sostenibile e Cambiamento Climatico”, volti a superare la frammentazione mettendo a sistema le risorse delle università e degli enti di ricerca, per formare una generazione di dottori di ricerca in grado di guidare la transizione digitale ed ecologica del Paese.

I due dottorati nazionali hanno in comune un approccio multidisciplinare che mette insieme la formazione sugli aspetti fondazionali e metodologici con l’applicazione in settori strategici, al fine di formare dottori di ricerca in grado non solo di sviluppare nuova conoscenza ma anche di diffonderla per lo sviluppo socio-economico del Paese.

Entrambi sono finanziati al 50% dal MUR e al 50% dalle università ed enti di ricerca partecipanti. Quello in Intelligenza Artificiale (www.phd-ai.it) , coordinato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche e dall’Università di Pisa, parte con un finanziamento di oltre 15 milioni di Euro che permette di offrire al primo ciclo oltre 170 borse: uno dei programmi di dottorato sull’AI più grandi ed ambiziosi a livello mondiale. A dimostrazione del ruolo trasformativo dell’Intelligenza Artificiale sull’economia e sulla società, questo dottorato sarà suddiviso in 5 aree di specializzazione, ciascuna coordinata da un’università capofila: Salute (Campus Bio-Medico di Roma), Industria 4.0 (Politecnico di Torino), Agricoltura e Ambiente (Università Federico II di Napoli), Sicurezza (Sapienza Università di Roma) e Società (Università di Pisa). Il dottorato nazionale in “Sviluppo Sostenibile e Cambiamento Climatico” (www.iusspavia.it/phd-sdc) coordinato dalla Scuola IUSS di Pavia, ha ottenuto un finanziamento di oltre 8 M Euro per più di 100 borse di dottorato solo per il primo ciclo ed è il primo in Italia e in Europa sui temi della sostenibilità e del cambiamento climatico fondato su una rete a scala nazionale e su un approccio multi-, trans- ed inter-disciplinare.

Oltre ai coordinatori e alle università capofila, i due dottorati prevedono il coinvolgimento di tutte le migliori risorse nazionali attraverso due chiamate aperte, in base alle quali sono state selezionate ulteriori 52 università e 3 enti pubblici di ricerca per il dottorato nazionale in Intelligenza Artificiale e 30 atenei e il contributo di 6 EPR per quello in Sviluppo Sostenibile e Cambiamento Climatico.

Questo approccio ha consentito di far emergere, in due settori chiave per la transizione digitale ed ecologica del Paese, le reti dei centri di eccellenza nazionali, caratterizzate da una ricchezza di competenze in grado di competere a livello mondiale, e allo stesso tempo garanti di un’ampia copertura territoriale, così da rappresentare un importante punto di riferimento per le attività di innovazione da sviluppare nell’ambito del PNRR.

In questi giorni, con l’uscita dei bandi di ammissione ai due dottorati nazionali (scadenza delle domande nella seconda metà di luglio) ha preso l’avvio il processo di selezione degli oltre 270 dottorandi (170 per IA e 105 per Sostenibilità e Clima) che prenderanno parte, a partire da novembre 2021, alla prima edizione. L’ambizione è non solo di trattenere in Italia i migliori laureati ma anche di attrarre talenti dagli altri paesi, per sviluppare le risorse umane indispensabili per sostenere la ricerca scientifica e l’innovazione sociale e industriale verso una società digitale rispettosa delle persone e dell’ambiente, volta al benessere e alla sostenibilità.

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