L’idrogeno è il carburante delle stelle e come tale ci affascina, soprattutto per la possibilità di usufruire di una grande densità energetica senza emissioni nocive, avvicinandoci alla soluzione della transizione energetica. Ma non è tutto così semplice come sembra, né così green. Per questo è necessario inquadrare bene l’argomento…
Se è vero che l’idrogeno può rappresentare una leva indispensabile per costruire un’Europa – ma sarebbe bene cominciare a pensare in grande e trasferire queste tecnologie pulite a tutto il Pianeta – a zero emissioni, con un’economia green, moderna ed efficiente.
L’interesse è alto anche nel nostro Paese dove sono già stati stanziati 3,2 miliardi di euro per promuovere la produzione, la distribuzione e gli usi finali dell’idrogeno.
Un grande fascino arriva dal possibile impiego di questo elemento per la mobilità ma, al momento, impedimenti tecnologici e di produzione su larga scala di idrogeno verde fanno intuire piuttosto un uso molto specifico dell’idrogeno per il settore della mobilità pesante, nel quale comunque l’Italia ha deciso di investire 230 milioni di euro.
Con prospettive di ritorno economico molto interessanti: infatti, secondo i risultati dello studio Il futuro della mobilità pesante a idrogeno condotto da Accenture – con il contributo di Free To X, Iveco e Saipem – investendo tra gli 800 e i 950 milioni di euro per la realizzazione e la gestione di infrastrutture necessarie per lo sviluppo della mobilità pesante a idrogeno si arriverebbe a generare in Italia più di 3,5 miliardi di euro di valore della produzione cumulato, evitando al tempo stesso l’emissione di circa 2 milioni di tonnellate di CO2.
“Questo conferma il ruolo rilevante che l’idrogeno ricopre all’interno della transizione energetica, non solo perché adatto alla logistica pesante per le sue facilità d’utilizzo, ma anche in quanto innovazione assoluta nella gestione del sistema energetico – conferma Sandro Bacan, Innovation Lead di Accenture Italia, per il quale – resta oggi più che mai indispensabile la continua sperimentazione e la ricerca costante, per fornire delle soluzioni ottimali a beneficio dell’intero ecosistema e di tutti gli attori che ne fanno parte“.
Le iniziative e gli studi per la produzione di idrogeno verde
La speranza, quindi, è che attraverso la ricerca scientifica si arrivi a disporre, attraverso l’idrogeno, in modo sostenibile e senza inquinare, di tutta l’energia che ci serve, modernizzando il nostro Paese e avviando, finalmente, la decarbonizzazione delle industrie ad alta intensità energetica.
C’è un solo, grande, problema. Per quanto molto abbondante – costituisce circa il 74% dell’Universo – l’idrogeno non è disponibile in natura da solo; sulla Terra si è combinato con l’ossigeno formando l’acqua: per poterlo utilizzare, quindi, è necessario prima riportare l’elemento al suo stato molecolare.
Ottenendo tre tipi di idrogeno diversi – in verità è sempre uno l’elemento, ma per facilità di esposizione, useremo queste definizioni:
- idrogeno grigio, prodotto utilizzando fonti fossili (tra le quali il carbone) in un processo molto inquinante ma relativamente economico
- idrogeno blu, prodotto attraverso l’uso di gas naturale ma con sistemi di stoccaggio della CO2, quindi meno inquinante del precedente ma più costoso
- idrogeno verde, prodotto attraverso processi elettrolitici utilizzando energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili, in un processo a basso impatto ambientale ma ancora molto costoso
Naturale quindi che gli sforzi attuali riguardano il processo di produzione dell’idrogeno, per evitare di dissipare i vantaggi ambientali che può portare a causa del modo in cui viene prodotto.
Gico, il progetto europeo per produrre idrogeno verde da biomasse e rifiuti
Lo scopo del progetto europeo Gico, finanziato dal programma Horizon 2020 con circa 4 milioni di euro, è la produzione di idrogeno verde da biomasse e da rifiuti, con la contemporanea cattura della CO2 emessa per la sua valorizzazione energetica.
La guida della ricerca europea è italiana, con l’Università Guglielmo Marconi nel ruolo di coordinatore ed Enea tra i partner scientifici.
Questo progetto svilupperà la prossima generazione di tecnologie per le energie rinnovabili che formeranno la spina dorsale del sistema energetico al 2030 e al 2050.
Il team Enea si occuperà delle attività sperimentali per la produzione di idrogeno verde da gassificazione di biomasse, con cattura di CO2 mediante sorbenti solidi. Saranno sviluppati impianti a biomasse residue di piccola e media taglia (500 – 5.000 kWe) che utilizzeranno da 2 a 20 tonnellate di scarti al giorno disponibili a livello locale, secondo un approccio di utilizzo sostenibile e circolare delle risorse.
I ricercatori Enea si occuperanno anche della valorizzazione energetica dell’anidride carbonica catturata, attraverso l’impiego di reattori altamente innovativi in cui la CO2 viene dissociata in monossido di carbonio (CO) e ossigeno (O2) mediante un gas ionizzato (plasma freddo).
Un’alleanza tutta italiana per lo sviluppo dell’idrogeno
Un accordo per trovare sinergie di sviluppo concreto dell’idrogeno verde in Italia: Axpo Italia, operatore sul mercato libero dell’energia, e Abb Italia, azienda tecnologica, hanno siglato un impegno per unire le reciproche capacità innovative, tecnologiche e di visione per sviluppare progetti in questo settore.
In particolare, le due aziende attraverso la ricerca di tecnologie applicabili lungo tutta la catena di fornitura, l’analisi, lo studio e la realizzazione di test per la produzione di idrogeno verde puntano a definire e realizzare un progetto pilota in Italia.
“L’idrogeno offre una soluzione concreta per la decarbonizzazione dei processi industriali e dei settori economici in cui la riduzione delle emissioni di CO2 è sia urgente che difficile da ottenere. L’avvio di questo accordo con Axpo, con cui vantiamo una collaborazione di lunga data, è un primo passo per esplorare le potenzialità dell’idrogeno verde in Italia” ha dichiarato Sergio Durando, head of Abb Energy Industries Italia.
Ravenna sostenibile: studio per produrre idrogeno verde
Anche Comune di Ravenna, Gruppo Hera, Ravenna Holding, Start Romagna e Aess hanno siglato un accordo per lo sviluppo di un impianto per la produzione di idrogeno verde e di energia elettrica rinnovabile, da utilizzare nel trasporto pubblico locale.
Lo studio prenderà in considerazione la realizzazione, nei pressi del deposito degli autobus di Ravenna, di un impianto di produzione e stoccaggio e di un impianto di distribuzione di idrogeno.
L’accordo prevede attività di analisi e ricerca congiunte, per verificare la fattibilità di un programma sperimentale di sviluppo della filiera di idrogeno green, da utilizzare prevalentemente, ma non esclusivamente, nel trasporto pubblico locale nel comune di Ravenna.
Per alimentare in modo sostenibile la produzione di idrogeno, il progetto prevede la produzione di energia elettrica rinnovabile, grazie all’installazione di impianti fotovoltaici sui tetti disponibili degli edifici presenti nella stessa area e su nuove pensiline da realizzare a copertura per il parcheggio degli autobus.
Sarà presa in considerazione anche l’eventualità di realizzare un impianto fotovoltaico anche sulla discarica di Ravenna, gestita da Herambiente (società del Gruppo Hera) e di realizzare, sempre nella stessa area, un altro impianto di produzione di idrogeno green.
Università degli Studi di Torino e Politecnico di Torino, un patto per supportare Regione Piemeonte e Comune di Torino nella ricerca sull’idrogeno
Stefano Geuna, rettore dell’Università di Torino e Guido Saracco, rettore del Politecnico di Torino hanno firmato l’accordo di coopetizione sul tema idrogeno, un impegno già manifestato con i molti progetti finanziati dall’Unione Europea per incrementare soluzioni pulite, efficienti e convenienti che sfruttino il potenziale dell’idrogeno come vettore energetico.
Le tecnologie legate all’uso dell’idrogeno potranno essere un tassello essenziale per la transizione ecologica, in particolare per la decarbonizzazione dei trasporti e di molti processi produttivi della regione.
Da molti anni gli atenei torinesi sono impegnati nella ricerca e nell’innovazione su questo tema. In particolare, sono da tempo in corso studi sulla produzione di idrogeno per elettrolisi dell’acqua, con tecnologie termochimiche e da biomasse.
Mediante lo sviluppo di catalizzatori avanzati altamente selettivi, viene studiato l’uso dell’idrogeno per la sintesi di idrocarburi mediante idrogenazione della CO2.
In ambito geologico, sono in atto ricerche per l’identificazione di siti per lo stoccaggio di grandi quantità di idrogeno. Nell’ambito del progetto HyCare, coordinato dall’Università di Torino, si sta sviluppando un sistema di stoccaggio di idrogeno basati su idruri, integrato con elettrolizzatori e celle a combustibile.
L’idrogeno infatti viene proposto come stabilizzatore di reti elettriche basate sulle energie rinnovabili. L’uso dell’idrogeno in sistemi di accumulo energetico per grandi taglie e lunghe durate (sistemi power-to-power o P2P) è una delle prospettive di utilizzo di maggior interesse a livello internazionale.
Anche la Lombardia guarda all’idrogeno verde
La Lombardia, considerata la locomotiva economica del nostro Paese, guarda con interesse all’idrogeno verde e punta, nei prossimi anni a diventare una delle Hydrogen Region più avanzate dell’Europa e del mondo.
Lo ha affermato l’assessore all’ambiente e clima di Regione Lombardia Raffaele Cattaneo, spiegando che “con il nuovo Programma regionale energia ambiente e clima (Preac) prosegue il percorso della nostra Regione verso la sostenibilità e la decarbonizzazione, che individua l’idrogeno come uno degli asset strategici su cui puntare, al fine di raggiungere la leadership tecnologica nella transizione ecologica che affronteremo nei prossimi anni“.
“Siamo infatti convinti – continua l’assessore – che l’utilizzo dell’idrogeno favorisca l’evoluzione verso le fonti rinnovabili, in particolare nel settore dei trasporti, permettendo di adottare forme di trasporto a zero impatto ambientale, ovvero in grado di contribuire, insieme ad altre tecnologie sostenibili, alla decarbonizzazione del trasporto“.
Transizione energetica non significa transizione elettrica
L’idrogeno è la chiave per garantire la carbon neutrality del sistema energetico, perché può essere immagazzinato in grandi quantità nella rete del gas esistente e prelevato in base alle esigenze stagionali.
L’impiego di una tecnologia intelligente, che includa l’infrastruttura di un gas come l’idrogeno come soluzione per lo stoccaggio di energia, consente di raggiungere gli obiettivi climatici in relazione alla riduzione del carbon footprint.
Conciliando la prospettiva a lungo termine della neutralità climatica con le opportunità offerte dal mercato della cogenerazione che vede, a livello strutturale, diversi interventi in fase di attuazione, come per esempio l’adeguamento di molti gasdotti per consentire il trasporto di idrogeno al 100%, in modo da agevolare una transizione lenta e sostenibile verso l’era delle energie rinnovabili, attraverso infrastrutture esistenti e performanti.
Per Christian Manca, Ceo di 2G Italia, infatti “il percorso di transizione energetica deve essere eseguito con gradualità, anche nei settori del riscaldamento e della mobilità, per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica“.
In questo senso, allora, la cogenerazione a idrogeno potrebbe diventare la spina dorsale della centrale elettrica del futuro, che potrà essere gestita in modo sostenibile dal punto di vista climatico, anche compensando le fluttuazioni della produzione di elettricità prodotta da parte di centrali eoliche e solari.
Le centrali di cogenerazione alimentate a idrogeno consentono un ingresso graduale e capillare nell’economia dell’idrogeno. L’infrastruttura esistente può essere riadattata in parallelo e in sincronia con la crescente disponibilità del gas, senza arrestare o avviare repentinamente grandi progetti infrastrutturali.
Ma l’idrogeno è davvero in grado di salvarci o è solo green marketing?
La decarbonizzazione è il futuro dell’economia europea, non ci sono dubbi al riguardo; semmai il dubbio riguarda ancora il modo di arrivarci e i metodi per rendere meno impattatnti settori fondamentali come quello della mobilità.
Negli ultimi due anni l’utilizzo dell’idrogeno, puro o nell’ambito di vettori energetici carbon-free o carbon neutral, è ritornato prepotentemente alla ribalta, a seguito dalla constatazione che in molti settori la soluzione a batterie non è applicabile.
Nella mobilità, per esempio, il trasporto pesante e a lungo raggio su strada non si presta all’elettrico a batteria per i tempi di ricarica e la penalizzazione della frazione di carico utile. Lo stesso avviene nel trasporto navale (in aeronautica la questione è ancora più complessa).
La stessa Unione europea ha impresso una forte accelerazione allo sviluppo dell’idrogeno come vettore energetico, dalla produzione all’utilizzo in vari settori, dall’industria pesante alla mobilità. Ma è tutt’oro quello che luccica? O meglio, l’idrogeno è davvero la soluzione perfetta al problema.
“La pervasività con la quale da qualche mese a questa parte si leggono su tutta la stampa lirici peana che inneggiano all’idrogeno come strada verso la decarbonizzazione dovrebbe far inarcare qualcosa di più di un sopracciglio” ci racconta Gianni Catalfamo, Ceo di Onewedge, azienda che si occupa di sistemi di ricarica elettrica, nonché ingegnere nucleare.
Catalfamo spiega infatti che l’idrogeno ha una serie di problemi che derivano dall’estrema piccolezza della sua molecola che, sia nel trasporto via conduttura che nello stoccaggio in cilindri sotto pressione, causa perdite non trascurabili.
Ma, in casi come questi, i numeri possono dare una mano a inquadrare il problema: per confrontare la economicità delle diverse fonti di energia, è stata sviluppata una metrica chiamata Eroi (Energy Return On Energy Invested) che indica quanti joules (o kWh) di energia ricaveremo investendo un joule (o kWh) in una certa tecnologia.
L’infografica – spiegata bene da Catalfamo in suo articolo – “mostra il differenziale drammatico che si è creato tra il petrolio degli anni ’50 e quello odierno, ove i costi di estrazione stratosferici di fracking e sabbie bituminose ha spinto l’Eroi al di sotto dei valori di alcune fonti rinnovabili come il vento. Da ricordare inoltre che questi valori sono riferiti alla sola generazione, senza cioè il costo energetico di forme accumulo, che penalizzano solo le fonti rinnovabili come idro, vento e fotovoltaico“.
Dal calcolo sono esclusi gli impatti ambientali, in primis la riduzione delle emissioni inquinanti che causano i problemi dovuti ai cambiamenti climatici.
“Comunque la si valuti però, il bilancio energetico dell’idrogeno è pesantemente passivo e la sua applicazione può essere presa in considerazione limitatamente a quelle applicazioni ove una elettrificazione pone problemi insormontabili e solo fintanto che la tecnologia delle batterie non sarà stata in grado di superarli” conclude Catalfamo.