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Crisi climatica sulla nostra pelle: che fare? Ipcc docet

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Riflessioni sui dati del nuovo Rapporto di Valutazione dell’Ipcc sui cambiamenti climatici e relazioni con il disastro ambientale che stiamo toccando con mano

Incendi, allagamenti, caldo africano anche in Paese che africa non sono. La crisi climatica ce la viviamo addosso eppure non sappiamo ancora che fare per affrontare la crisi climatica.

Eppure, i dati scientifici non mancano. Quello che è appena stato pubblicato dal Gruppo di Lavoro I è la prima parte del Sesto Rapporto di Valutazione (Ar6) dell’Ipcc, lavoro che “riflette sforzi straordinari in circostanze eccezionali” come le definisce il presidente dell’Ipcc Hoesung Lee e che fornisce un contributo inestimabile ai negoziati sul clima e ai processi decisionali.

Il rapporto fornisce una valutazione dei cambiamenti climatici su scala regionale più dettagliata rispetto al passato e per la prima volta include un approfondimento sulle informazioni utili per valutazione del rischio, l’adattamento e altri processi decisionali che sono di aiuto nel tradurre i cambiamenti fisici del clima – calore, freddo, pioggia, siccità, neve, vento, inondazioni costiere e altro – nei loro significati più diretti per le società e per gli ecosistemi.

Il rapporto riflette un riscontro oggettivo che mostra un quadro molto più chiaro del clima passato, presente e futuro, condizione essenziale per capire come sta evolvendo la situazione e come si può invertire la rotta.

Soprattutto la diffusione di questi dati devono permettere alle persone di comprendere la portata dei cambiamenti climatici, che non si mostrano allo stesso modo nelle diverse parti del mondo.

Infatti, se le caratteristiche dei cambiamenti climatici dipendono direttamente dal livello di riscaldamento globale, ciò che le persone vivono in prima persona è spesso molto diverso dalla media globale.

Per esempio, il riscaldamento sulla superfice terrestre nell’Artico – regione fondamentale per l’equilibrio climatico terrestre – è più elevato rispetto alla media globale, più del doppio.

Inoltre, “i cambiamenti climatici che stiamo vivendo aumenteranno con un ulteriore incremento del riscaldamento” ha detto il co-presidente del Gruppo di Lavoro I dell’Ipcc, Panmao Zhai. Inutile fare come gli struzzi, nascondendo la testa nella sabbia sperando che il problema passi da solo.

Per Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, “la crisi climatica accelera ed è necessario cambiare passo puntando con più decisione sulla limitazione dell’aumento della temperatura a non più di 1,5°C e quindi ad aumentare gli impegni di riduzione delle emissioni di gas serra al 2030 e di anticipare la traiettoria verso la neutralità climatica. Non possiamo più rimandare“.

Un concetto su cui i Paesi si trovano concordisenza però poi riuscire a definire strategie e iniziative concrete di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra.

Ecco allora che Ronchi esorta l’Italia e l’Europa “a sfidare i paesi ritardatari, in particolare la Cina, dimostrando che possiamo avere un’economia competitiva e climaticamente neutrale“.

Ma anche a livello locale è necessario varare con urgenza misure più incisive, inserendole in un quadro normativo “organico e condiviso di incremento dei target al 2030; per la traiettoria per la neutralità climatica, che ancora manca nel nostro Paese, è necessario varare, come altri importanti Paesi europei, una legge per la protezione del clima” conclude Ronchi.

Quindi, “stabilizzare il clima richiederà riduzioni forti, rapide e costanti delle emissioni di gas a effetto serra e raggiungere emissioni nette di CO2 pari a zero. Limitare altri gas serra e inquinanti atmosferici, specialmente il metano, potrebbe avere dei benefici sia per la salute che per il clima” conclude Zhai.

Il rapporto mostra infatti che le attività umane hanno ancora il potenziale per determinare il corso del clima futuro agendo decisamente sulla limitazione dell’anidride carbonica, che è il principale motore dei cambiamenti climatici, anche se altri gas serra e inquinanti atmosferici contribuiscono a influenzare il clima.

Il primo volume del sesto rapporto di valutazione del Gruppo Intergovernativo sui cambiamenti climatici non lascia dubbi sulla necessità di agire subito per ridurre le emissioni” afferma in una nota la presidente della Commissione Ambiente della Camera, Alessia Rotta.

Non si tratta più di una crisi climatica, ma di un’emergenza climatica: siamo in presenza di un riscaldamento causato in massima parte dalle attività umane. E sono proprio le attività umane che hanno ancora il potenziale per determinare il corso del nostro futuro. Una sfida enorme in cui l’Europa sarà protagonista per consegnare ai ragazzi un mondo migliore” conclude Rotta.

Sesto rapporto sui cambiamenti climatici: cosa è stato evidenziato

Dalle analisi del rapporto emerge che nei prossimi decenni un aumento dei cambiamenti climatici è atteso in tutte le regioni. Con 1,5°C di riscaldamento globale, ci si attende un incremento del numero di ondate di calore, stagioni calde più lunghe e stagioni fredde più brevi.

Con un riscaldamento globale di 2°C, gli estremi di calore raggiungerebbero più spesso soglie di tolleranza critiche per l’agricoltura e la salute.

Ma la temperatura non è l’unico elemento in gioco. I cambiamenti climatici stanno portando molti cambiamenti in diverse regioni e tutti aumenteranno con un ulteriore riscaldamento.

Questi includono cambiamenti nei valori dell’umidità, nei venti, nella neve e nel ghiaccio, nelle aree costiere e negli oceani. Ecco alcune delle conseguenze:

  • i cambiamenti climatici stanno intensificando il ciclo dell’acqua. Questo porta, in alcune regioni, piogge più intense e inondazioni a esse associate, in molte altre regioni porta a siccità più intense
  • i cambiamenti climatici stanno influenzando gli andamenti delle precipitazioni. Alle alte latitudini, è probabile che le precipitazioni aumentino, mentre ci si attende che diminuiscano in gran parte delle regioni subtropicali. Sono attesi cambiamenti nelle precipitazioni monsoniche, con variazioni nelle diverse regioni
  • per le aree costiere ci si attende un continuo aumento del livello del mare per tutto il XXI secolo che contribuirebbe a inondazioni costiere più frequenti e gravi nelle aree basse rispetto al livello del mare e all’erosione delle coste. Eventi estremi riferiti al livello del mare che prima si verificavano una volta ogni 100 anni, entro la fine di questo secolo potrebbero verificarsi ogni anno
  • un ulteriore riscaldamento intensificherà lo scioglimento del permafrost, la perdita della copertura nevosa stagionale, lo scioglimento dei ghiacciai e della calotta polare e la perdita del ghiaccio marino artico estivo
  • i cambiamenti nell’oceano quali il riscaldamento, le più frequenti ondate di calore marino, l’acidificazione degli oceani e la riduzione dei livelli di ossigeno in mare sono stati chiaramente collegati all’influenza umana. Questi cambiamenti influenzano sia gli ecosistemi marini che le persone che dipendono da essi e continueranno almeno per il resto di questo secolo
  • per le città, alcuni aspetti dei cambiamenti climatici possono risultare amplificati. Tra questi, le ondate di calore (le aree urbane sono di solito più calde dei loro dintorni), le inondazioni dovute a forti precipitazioni e l’aumento del livello del mare nelle città costiere

Il riscaldamento del Pianeta è sempre più veloce

Il nostro Pianeta si surriscalda sempre di più e, in un effetto a catena, senza interventi decisi questo fenomeno accellererà sempre di più.

Secondo le nuove stime sulle possibilità di superare il livello di riscaldamento globale di 1,5°C nei prossimi decenni, il rapporto indica che – a meno di mettere in campo riduzioni immediate, rapide e su larga scala delle emissioni di gas serra – limitare il riscaldamento a circa 1,5°C o addirittura 2°C sarà un obiettivo fuori da ogni portata.

Le emissioni di gas serra provenienti dalle attività umane sono responsabili di circa 1,1°C di riscaldamento rispetto al periodo 1850-1900. Mediamente nei prossimi 20 anni, secondo il rapporto, la temperatura globale dovrebbe raggiungere o superare 1,5°C di riscaldamento.

Ecco alcune risposte a quanto emerso dalla pubblicazione del sesto rapporto di valutazione sui cambiamenti climatici dell’Ipcc.

Come si possono sintetizzare le novità principali del rapporto dell’Ipcc

Sappiamo da decenni che la terra si sta riscaldando. I recenti cambiamenti climatici, che sono emersi a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso, sono diffusi, rapidi, si stanno intensificando e sono senza precedenti se guardiamo alla storia di migliaia di anni.

Le evidenze scientifiche raccolte da questo rapporto rafforzano la consapevolezza che le attività umane sono alla base delle cause dei cambiamenti climatici. L’influenza umana sta rendendo gli eventi climatici estremi più frequenti e gravi.

Alcuni dei cambiamenti a cui stiamo assistendo sono irreversibili. Tuttavia, altri possono essere rallentati e altri ancora potrebbero essere arrestati o addirittura invertiti limitando il riscaldamento globale.

Per contenere l’innalzamento della temperatura media del pianeta entro (1,5°C rispetto al periodo pre-industriale) è necessario ridurre drasticamente e rapidamente le emissioni di CO2, metano e altri gas serra.

Senza riduzioni immediate, rapide e su larga scala, delle emissioni di gas serra, limitare il riscaldamento a 1,5°C rispetto al periodo per-industriale sarà impossibile.

Come si può limitare l’innalzamento della temperatura media globale a 1,5°C o 2°C

Secondo i dati del rapporto c’è una probabilità superiore al 50% che 1,5°C di riscaldamento venga superato negli anni immediatamente successivi al 2030, in anticipo rispetto a quanto valutato nel recente rapporto pubblicato nel 2018.

L’anno in questione viene calcolato considerando la stima centrale su una media di 20 anni. È virtualmente certo che la soglia di riscaldamento globale di 2°C sarà superata durante il XXI secolo se le future emissioni saranno in linea con quanto ipotizzato nei due scenari ad alte emissioni (Ssp3-7.0 e Ssp6-8.5).

Nel caso di una diminuzione delle emissioni globali di gas serra dal 2020 in poi e raggiungendo emissioni nette di CO2 pari a zero intorno alla metà del secolo, è possibile che il riscaldamento globale rimanga al di sotto di 1.5°C.

C’è un un collegamento tra inquinamento atmosferico e cambiamenti climatici?

L’inquinamento atmosferico e le cause dei cambiamenti climatici sono due fattori strettamente legati tra di loro. Si tratta di un elemento di novità del rapporto Climate Change 2021: le basi fisico-scientifiche.

Infatti, nel capitolo 6 vengono discussi, per la prima volta in modo organico nei lavori dell’Ipcc, i cosiddetti forzanti climatici a breve tempo di permanenza in atmosfera, molti dei quali sono i più comuni inquinanti atmosferici che hanno effetti deleteri sulla salute umana e l’ambiente in generale.

I due fenomeni, inquinamento atmosferico e cambiamenti climatici, vengono definiti “due facce della stessa medaglia“, fino a concludere che politiche integrate di riduzione delle emissioni generate dalle attività umane costituiscono la migliore strategia di politica ambientale, anche in termini di costi sociali ed economici, e producono effetti benefici sia per la qualità dell’aria che per il contenimento del riscaldamento del pianeta.

Quali sono le conseguenze sul ciclo idrogeologico

Il ciclo idrologico coinvolge l’acqua in tutte le sue forme ed è facilmente comprensibile quanto possa essere importante per gli utenti finali e per la società avere informazioni specificamente dedicate a esso.

Rispetto al precedente rapporto dell’Ipcc, la comprensione teorica dei fenomeni associati al ciclo idrologico, è aumentata grazie a una maggiore disponibilità di dati, a un miglioramento e approfondimento delle metodologie e alla possibilità di avere accesso a esperimenti e modelli, sempre più numerosi e diversificati.

Di conseguenza, capiamo come eventi estremi, quali fenomeni siccitosi o precipitazioni intense, potranno essere più intensi nel futuro, o come precipitazione e altre componenti del ciclo idrologico saranno più variabili sia a livello stagionale che di anno in anno.

Nel futuro, estremi associati alle precipitazioni saranno più intensi in molte regioni, anche dove ci si aspetta una diminuzione della precipitazione media.

Le analisi sviluppate sul tema del ciclo idrologico consentono anche di approfondire temi come il ruolo delle emissioni di aerosol dovute all’attività dell’uomo nel cambiamento osservato.

Infatti, dalla seconda metà del XX secolo l’aumento delle precipitazioni a livello globale, soprattutto nell’emisfero settentrionale e in alcune aree monsoniche è stato parzialmente mascherato da una diminuzione, come conseguenza della presenza di aerosol di origine antropica.

Sappiamo anche che a livello regionale il ciclo idrologico potrebbe cambiare in modo non lineare perché i fattori in gioco possono essere diversi.

Il rapporto tra cambiamenti climatici e oceano

Molti dei cambiamenti che abbiamo registrato nel recente passato e stiamo vivendo nel presente, sono segnali di un impatto ormai irreversibile dei cambiamenti climatici, come per esempio quello relativo all’innalzamento della temperatura del mare, allo scioglimento del ghiaccio terrestre, al conseguente aumento del livello del mare, all’acidificazione e alla deossigenazione.

Un ulteriore riscaldamento amplificherà ulteriormente lo scongelamento del permafrost e la perdita della copertura nevosa stagionale, del ghiaccio terrestre e del ghiaccio marino artico.

È probabile che l’Artico sarà praticamente privo di ghiaccio marino a settembre (mese del minimo annuo) almeno una volta prima del 2050, con eventi più frequenti per livelli di riscaldamento più elevati.

Il livello medio globale del mare continuerà ad aumentare per tutto il XXI secolo in tutti e cinque gli scenari futuri considerati.

Il rapporto utilizza scenari diversi – Ssp, Shared Socio-economic Pathways – di cosa si tratta

Il rapporto analizza i cambiamenti climatici con riferimento a 5 scenari che coprono una gamma di possibili sviluppi futuri di fattori antropogenici che influenzano i cambiamenti climatici.

Gli Ssp – Shared Socio-economic Pathway -considerano una varietà di contesti socioeconomici diversi associati all’implementazione di diverse strategie di gestione delle emissioni di gas serra.

Questi scenari partono dal 2015 e comprendono ipotesi con:

  • alte emissioni di gas serra (Ssp3-7.0 e Ssp5-8.5) ed emissioni di CO2 che raddoppiano entro il 2100 o il 2050 rispetto ai valori attuali
  • valori intermedi di emissioni di gas serra (Ssp2-4.5) con emissioni di CO2 che rimangono ai livelli attuali fino alla metà del secolo
  • emissioni basse o molto basse di gas serra (Ssp1-1.9 e Ssp1-2.6) con emissioni di CO2 che vanno verso l’obiettivo di zero emissioni nette intorno al 2050 o dopo, con diversi livelli di emissioni negative di CO2

Il rapporto completo è visualizzabile a questo link: Climate Change 2021
The Physical Science Basis.

Le informazioni su base locale e regionale possono essere visualizzate qui:
Ipcc Wgi Interactive Atlas, Regional information.

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