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Archeoplastica: l’archeologia marina della plastica

archeoplastica

Il nostro scopo non è quello di raccogliere quanta più plastica possibile. Gli obiettivi sono altri e più profondi, legati a una prospettiva diversa da cui guardare il problema, per migliore la nostra consapevolezza nell’uso che facciamo tutti i giorni della plastica monouso“.

Enzo Suma ci tiene a sottolineare la filosofia di Archeoplastica, il museo del packaging restituito dal mare. Suma è il fondatore di questo progetto nato con lo scopo di sensibilizzare sul problema dell’inquinamento da plastica nei mari.

Dal 2018 Enzo, guida naturalistica di Ostuni (Br), ha selezionato oltre 200 rifiuti di plastica, risalenti anche agli anni ’60: dei veri e propri reperti archeologici da raccogliere in un sito Internet che funga da museo virtuale.

L’obiettivo è quello di raccontare una storia senza fine, quella della plastica: solo la conoscenza e la consapevolezza del problema, a partire dalla visualizzazione di una semplice foto, potranno portare al cambiamento di ciascuno di noi nell’uso quotidiano della plastica monouso” racconta Suma.

La mano che sostiene un qualche flacone trovato in spiaggia è la mia – continua SumaL’idea è maturata quando ho trovato una bomboletta spray Ambra Solare con l’etichetta ancora leggibile e che riportava il costo in lire. Un rifiuto di oltre cinquant’anni fa che, una volta postato sui miei social personali, generò molto stupore. Da lì l’idea di aprire un sito e un blog“.

archeoplastica - lavoro educativo

A oggi la plastica raccolta è talmente tanta che l’impatto positivo del progetto Archeoplastica non si misura solo con il recupero della plastica, letteralmente spiaggiata.

L’obiettivo del progetto è quello di sensibilizzare quante più persone possibile sul grave inquinamento del mare causato dalla plastica, affinché cambi l’approccio comune a questo materiale, tramite la realizzazione di un museo virtuale e diverse mostre itineranti.

I reperti permettono infatti di dare una data a questo materiale e quindi un’identità che non dovrebbe più appartenere ai giorni nostri. “Non ha alcun senso utilizzare un materiale destinato a essere eterno, perché non si biodegraderà mai del tutto, per un utilizzo di pochi minuti o addirittura pochi secondi, come nel caso di un bicchiere di plastica monouso“.

Enzo collabora con l’impresa che gestisce i rifiuti nel suo paese e si occupa dello smaltimento corretto del materiale recuperato. I flaconi di plastica, invece, sono destinati alle mostre nelle scuole o nei luoghi pubblici.

Inoltre, ha da poco avviato una campagna di crowdfunding: i fondi verranno utilizzati per registrare il dominio sul web per rendere disponibile l’osservazione in 3D dei reperti, esattamente come fanno i musei archeologici più all’avanguardia, attraverso un complicato lavoro fotografico che utilizza la tecnica della fotogrammetria.

Il cammino è ancora lungo e c’è molto da fare. Da quando esiste il progetto Archeoplastica sono nate tante collaborazioni, sia con associazioni, sia con enti, che con molte scuole.

A volte ci contattano associazioni che magari gestiscono un centro di educazione ambientale in qualche bene o palazzo storico per organizzare una mostra con i reperti. Noi accettiamo sempre volentieri, fornendo il materiale che andrà poi in esposizione.

Quest’estate abbiamo collaborato, per esempio, con le Riserve Naturali del Litorale Tarantino, organizzando una esposizione di reperti del progetto all’interno di una delle stanze della meravigliosa torre costiera di Torre Colimena, sulla costa di Manduria (Ta) – continua SumaMa sono tante le associazioni con cui il progetto collabora. Inoltre, importanti associazioni ambientaliste italiane e internazionali si sono occupate di Archeoplastica e con loro abbiamo realizzato alcuni servizi di divulgazione per la tutela delle spiagge e del mare“.

Per quanto riguarda il lavoro svolto nelle scuole, in questi ultimi anni l’associazione ha coinvolto diverse scuole elementari della Puglia e altre a distanza, in diverse città italiane.

Per i bambini è come avere davanti un reperto della preistoria, più vecchio dei loro genitori. I bambini rimangono molto colpiti da questi oggetti. Una delle azioni principali del progetto Archeoplastica è proprio quella di veicolare il messaggio ai ragazzi e di riflesso anche ai loro genitori.

Nell’atrio delle scuole gli alunni potranno osservare i reperti, ma anche ritirare un opuscolo dove trovare le buone pratiche che ciascuno di noi può da subito mettere in atto per ridurre la nostra produzione di plastica.

Sicuramente il futuro del progetto è lungo e durante questo cammino potranno nascere tante altre collaborazioni con aziende di vario tipo. Abbiamo già iniziato diverse collaborazioni: l’azienda Bugnion di Milano, specializzata nella tutela di marchi e brevetti, ha sostenuto il progetto e anche la 3dflow, azienda italiana leader nel settore del 3D, ci ha donato una licenza completa del software che utilizziamo per la scannerizzazione dei reperti, giù visibile sul sito del museo virtuale di Archeoplastica.

Ci sono diversi amici che collaborano con me a vario titolo, francamente ho perso il conto e il numero fortunatamente cresce continuamente” conclude Suma.

Quando le persone che risparmiano la plastica, la smaltiscono correttamente o addirittura smettono di usarla, saranno più dei reperti, allora si avrà veramente un risultato.

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