Anche nel settore della pesca non si può più prescindere dalla sostenibilità. È bene ribadirlo durante la giornata mondiale della pesca che cade il 21 novembre. Un passaggio inevitabile, considerando che lo sovrasfruttamento delle risorse ittiche, oltre a minacciare la biodiversità, mette a repentaglio la sussistenza dei pescatori e delle comunità che prosperano sulla pesca. Per fortuna, anche nel nostro paese si moltiplicano le iniziative per ridurre gli impatti delle attività di pesca
Secondo i dati raccolti dalla Fao nell’ultimo State of The World Fisheries and Aquaculture, il consumo di pesce e prodotti ittici in tutto il mondo non accenna a diminuire.
Anzi: trainato dagli incrementi della produzione da acquacultura, dai progressi tecnologici nei mezzi usati per la pesca, dall’aumento della ricchezza pro capite in molte aree del pianeta e dalla riduzione degli sprechi e delle perdite, il pescato globale è cresciuto del 14% tra il 1990 e il 2018.
I numeri davvero impressionanti sono però quelli che riguardano l’acquacultura, che nello stesso periodo ha fatto registrare un aumento del 527%. In sostanza, in poco meno di trent’anni il consumo totale è cresciuto di oltre il 120%.
Questi tassi di crescita hanno però un risvolto negativo, considerato che la percentuale di riserve che viene sfruttata entro limiti biologicamente sostenibili è passata dal 90% del 1990 a poco meno del 66% nel 2018.
Numeri che evidenziano un trend preoccupante di sovraconsumo, che ha effetti spesso disastrosi sui livelli di biodiversità marina e sulla sicurezza alimentare ed economica di quelle fasce di popolazione che dipendono dalla pesca.
E la situazione è particolarmente grave nel Mediterraneo, che oltre a essere uno degli hot spot dei cambiamenti climatici, è anche uno dei bacini più sovrasfruttati: il 75% degli stock viene pescato oltre i limiti di sostenibilità, causando un impoverimento del 93% della biodiversità.
Proprio per affrontare queste criticità, nei giorni scorsi si sono tenuti gli Stati generali della pesca e dell’acquacultura. La prima delle due giornate dell’appuntamento di Catania è stata dedicata alla ricognizione delle difficoltà che oggi caratterizzano il settore, a cui gli operatori ritengono sia opportuno dare risposte in un’ottica green.
Questa indicazione è stata confermata nel corso della seconda giornata, durante la quale si è ribadita l’opportunità della transizione blu, cioè a dire un’economia basata sulla protezione degli ecosistemi e sulla tutela della biodiversità.
È questa la direzione che, secondo quanto dichiarato da Legambiente, MedReAct, Marevivo e Wwf, dovrebbe prendere il settore della pesca in Italia.
Le organizzazioni hanno ricordato che per il Mediterraneo nordoccidentale l’Unione europea ha stabilito che entro il 2025 Italia, Francia e Spagna dovranno ridurre la pesca a strascico del 40%.
Inoltre, le associazioni ambientaliste hanno ribadito l’importanza del raggiungimento degli obiettivi della strategia europea sulla biodiversità per il 2030, specie per quanto riguarda la protezione del 30% delle acque europee, di cui il 10% andrebbe protetto in modo rigoroso.
La sostenibilità come via per il rilancio del settore ittico
In effetti quella della sostenibilità potrebbe essere una delle vie da percorrere per provare a cambiare di segno al settore, che da diversi anni, come evidenziato anche dal report sulla Marineria di Chioggia, pubblicato da Veneto Agricoltura, non versa in condizioni particolarmente floride.
Secondo il report, negli ultimi dieci anni il numero di imbarcazioni si è ridotto di quasi il 10%, mentre le imprese attive sono diminuite del 17,8% rispetto al 2011 (con un aumento però del 97% delle aziende che operano nel comprato dell’acquacultura).
Numeri in calo anche per quanto riguarda il fatturato, che arriva a 19,8 milioni di euro, in con un -20,2%, i transiti totali, pari a 9.364 tonnellate (-17,6% rispetto al 2011), mentre l’incasso totale è stato di 30,9 milioni di euro (-25,7% rispetto al 2011).
Marine Stewardship Council (Msc), organizzazione non-profit internazionale che, attraverso una certificazione ambientale molto rigorosa, ha l’obiettivo di creare un mercato di prodotti ittici sostenibili, ha organizzato la prima edizione della Settimana della pesca sostenibile.
All’iniziativa, che punta a sensibilizzare i consumatori sul tema della sostenibilità delle attività di pesca, hanno aderito pescatori, catene di supermercati e brand del settore come Bofrost, Conad, Consilia, Consorcio, Carrefour Italia, Eismann, Eurospin, Findus, Frosta, Lidl, Ocean47, Rio Mare e Rizzoli Emanuelli.
Nota dolente, mancano ancora i soggetti del comparto del fresco: nel nostro Paese, infatti, non ci sono ancora pescherie certificate per la catena di custodia, che possano offrire pesce fresco sostenibile.
Ma l’attività di Msc non si limita ai protocolli di certificazione. Grazie al finanziamento della fondazione Mava, Marine Stewardship Council sta infatti portando avanti il progetto Blue Fish, che mira a coinvolgere le piccole imprese del settore in percorsi di sostenibilità, attraverso la fornitura di sostegni e strumenti per migliorare le pratiche di pesca e riportare in salute gli stock ittici.
Nell’ambito del progetto Blue Fish, Msc e il Gruppo di azione locale (Gal) Ponte Lama hanno presentato un piano d’azione per il miglioramento della pesca del gambero bianco nell’Adriatico meridionale.
Dopo una prima fase di valutazione delle attività di pesca, sono state presentate alcune proposte di miglioramento. In particolare, il piano prevede l’aggiornamento della valutazione della risorsa e dello scarto, da effettuarsi sulla base gli obiettivi della politica comune della pesca:
- identificazione delle strategie per limitare le catture accidentali e gli effetti indiretti dell’attività di pesca sugli habitat marini
- elaborazione di un piano di gestione per il gambero
- valutazione degli impatti socio-economico delle misure di gestione adottate
L’obiettivo di tutto il progetto è far sì che le attività di pesca e tutti gli attori della filiera ittica adottino i principi dello standard Msc, realizzando allo stesso tempo percorsi di innovazione finalizzati a raggiungere un equilibrio tra la sostenibilità ambientale e quella socioeconomica.