Oltre alle bombe, ci sono rischi oggettivi di inquinamento che permarranno per anni. Qui ne esaminiamo i principali a partire dai tetti di amianto, che sotto le bombe si sfaldano rilasciando le polveri portatrici di cancro. E c’è chi lancia l’allarme animali…
Questa è una guerra che non uccide solo i civili ucraini ora, ma rischia di far cadere su questo popolo e su tutta l’Europa, probabilmente il Pianeta, l’escalation della crisi climatica e di tassi di inquinamento sempre più fuori controllo.
Incendi che si sommano a quelli che nell’ Unione Europea mandano a fuoco ogni anno una
superficie di 400.000 ettari (4.000 km2), l’85% della quale in Europa meridionale; nuvole di fumo nero; convogli che prendono fuoco con tutto il loro carico di tossico, detriti di cemento e rottami irrecuperabili. Tetti in Eternit sfondati dalle bombe e, si sa, l’amianto quando lo sgretoli rilascia tutto il cattivo che ha in sé.
Portatori di cancro, per via delle fibre che, liberandosi sotto i bombardamenti, rimagono in sospensione nell’aria anche a lungo e possono risultare facilmente inalabili. E purtroppo i tetti in amianto in queste zone di Europa sono ancora tantissimi. Troppi.
E poi, nucleare delle 14 centrali qui attive (più quella di Chernobil che è in azione per moderare le scorie ancora radioattive ancora prodotte nel 1986). Scorie che minacciano a partire dalla insicurezza politica.
Falde d’acqua inquinate, terreni smembrati. Non c’è nulla di ciò che dovremmo sempre più difendere che in questa guerra venga rispettato. A cominciare dalle vite umane, ovviamente.
E dagli animali per i quali Lndc Animal Protection e One World Actors Productions Animal Rescues/Owap chiedono la possibilità di garantire un corridoio umanitario tra il distretto di Borodyanski e Kiev, al fine di autorizzare Natasha Mazur, direttrice dei servizi veterinari di Kiev, ad accedere al canile municipale Borodyanka, che ospita oltre 500 cani e numerosi gatti abbandonati.
Qui si torna indietro…
E noi rimaniamo spettatori inermi di questa catastrofe umana e ambientale. Si torna indietro in tutti i sensi. Non viene neanche più voglia di parlare di transizione ecologica. Nemmeno energetica.
Su quest’ultimo tema si concentra Giampaolo Vitali, dirigente di ricerca dell’Istituto di ricerca sulla crescita economica sostenibile del Cnr/ Ircres. Lui è più ottimista: “nonostante le urgenze provocate dalla guerra, che potrebbero causare un rallentamento del processo di decarbonizzazione, la strada da percorrere resta la transizione green, pur in presenza di un grosso rischio inflattivo“.
Intanto c’è chi mette in guarda sull’acquisto di legname proveniente da Paesi impegnati in aggressioni o conflitti armati (leggi Russia e Biellorussia). A sottolinearlo è il Pefc, ente promotore della gestione delle foreste.
Proprio per questo motivo, il Consiglio internazionale del Pefc ha deciso di dare una risposta immediata ed efficace dichiarando che il legno proveniente dalla Russia e dalla Bielorussia è ufficialmente considerato legname di guerra: in quanto tale non potrà più essere usato in un prodotto certificato Pefc.
Così, con questa inaudita guerra di attacco all’Ucraina, tutto passa in secondo piano e gli obiettivi dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) rischiano ancora di più di non essere raggiunti rendendo la neutralità carbonica, ossia emissioni nette nulle (Nze), entro il 2050, un goal irraggiungibile.
Sulla crisi alimentare
E della crisi alimentare che si prospetta con la guerra in atto, l’eurodeputata Eleonora Evi, co-portavoce nazionale di Europa Verde chiede di portare avanti senza indugi quanto previsto dalla Strategia sulla biodiversità e dalla Farm to Fork.
Evi e i colleghi dei Greens/Ale temeno l’accantonamento delle misure europee a protezione della biodiversità e dell’inverdimento dell’agricoltura, destano grande preoccupazione. “La guerra – ribadisce la Evi – non deve diventare un pretesto per disattendere gli impegni climatici a medio e lungo termine, soprattutto in considerazione del fatto che i target previsti da queste strategie ci consentiranno, nel lungo periodo, di ridurre la nostra dipendenza da pesticidi sintetici realizzati in gran parte con il gas russo, e di costruire in questo modo la nostra sovranità alimentare, oltre che politica”.
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