Un rischio per la nostra salute viaggia attraverso le tubature dell’acqua: molte sono state realizzate in eternit, con un impasto che contiene amianto…
Bisogna, purtroppo, constatare che, nonostante i 30 anni dell’entrata in vigore della L.257/1992 che ha bandito l’amianto, siamo ancora in colpevole ritardo sulle bonifiche, in particolare delle scuole, degli ospedali e degli acquedotti.
Anche questi ultimi, purtroppo, fino ad aprile del 1993 (data di entrata in vigore del divieto di utilizzo del minerale), sono stati realizzati con tubature in eternit.
Non a caso, proprio l’eternit è il sinonimo di amianto, per il largo utilizzo dell’impasto del cemento amianto, per realizzare onduline, canne fumarie, tubature più resistenti e ignifughe.
Così, nel nostro Paese, secondo solo alla vecchia Unione Sovietica per utilizzo, lavorazione e produzione dell’amianto e di prodotti derivati, ci sono ancora 1.000.000 di siti e micrositi impattati, che comprendono anche la rete idrica.
Infatti, ben 300.000 chilometri di tubature (stima Ona) sono stati realizzati con tubature in cemento amianto (presente nel 15% circa con l’utilizzo di crisotilo e in minima parte di amosite e crocidolite).
Se si considerano anche gli allacciamenti – realizzati prima dell’entrata in vigore della L.257/1992, che ha imposto il divieto di estrazione, lavorazione e produzione di amianto e materiali contenenti amianto – la stima è ben più elevata e allarmante – fino a 500.000 chilometri totali.
Situazione aggravata dai ritardi delle bonifiche in tutti i comparti e, con maggior evidenza, in quello relativo alla rete idrica.
I danni alla salute creati dall’amianto
I minerali di amianto sono altamente cancerogeni e possono provocare malattia e morte, anche dopo 50 anni, senza che ci sia una soglia minima al di sotto della quale si annulli.
Così con unanime consenso scientifico, recepito dalla direttiva n. 477/83/Cee (quarto considerando) e dalla successiva n. 148/2009/Ce (undicesimo considerando), è stato decretato, anche in applicazione del principio di precauzione, che qualsiasi esposizione a questo agente cancerogeno dovrebbe essere evitata, così nei luoghi di vita e di lavoro, al fine di tutelare il bene prezioso della salute e dell’ambiente, anche per le future generazioni.
In questo contesto, nel quale ancora nel 2021, la fibra killer ha provocato, solo nel nostro Paese, più di 10.000 nuovi malati e 7.000 decessi (libro bianco), si impone, in modo ancora più urgente, di affrontare e risolvere questa problematica, disponendo, prima di tutto, la bonifica e messa in sicurezza delle scuole, così degli ospedali e ancor più degli acquedotti, che dispensano nelle nostre case l’acqua potabile, utilizzata per gli scopi più disparati, compresi quelli alimentari, igienici, oltre che per dissetarci.
Pensare che dai nostri rubinetti sgorghi amianto, è qualcosa di impensabile e inaccettabile, è questa la tragica realtà, non solo del passato, ma anche del presente e purtroppo lo sarà per il futuro.
Anche a voler pensare di poter utilizzare i fondi europei e anche quelli del Pnrr, saranno necessari anni, se non decenni, per costruire nuovi acquedotti che siano privi delle tubature in cemento amianto e, nel frattempo, il rischio sarà sempre incipiente.
Lo stesso allegato 1, alla proposta di risoluzione del Parlamento Europeo (2019/2182 – Inl), identifica la necessità di adottare strategie nazionali per la rimozione dell’amianto, con la valutazione e la stima delle quantità di amianto da rimuovere, anche nelle infrastrutture.
Il rischio per le nostre acque potabili
Le acque potabili sono contaminate da amianto, da fonti naturali e antropiche e da inquinamento nella rete, anche per i cassoni, oltre che per le condutture.
Le finalità antropiche dell’uso del minerale ne determinano anche l’evaporazione, per cui le fibre si disperdono tanto da essere direttamente inalate, oltre che ingerite.
Quindi, l’esposizione che si viene a determinare, è anche per inalazione, oltre che ingestione. Nell’ultima monografia Iarc si fa uno specifico riferimento alla cancerogenicità di queste fibre, anche se solamente ingerite, tanto da provocare il mesotelioma, il cancro del polmone, della laringe, e dell’ovaio.
Inoltre sono state osservate associazioni positive tra l’esposizione a tutte le forme di amianto e cancro della faringe, stomaco, colon-retto – esistono prove sufficienti negli animali per la cancerogenicità di tutte le forme di amianto, che sono cancerogeni per l’uomo (gruppo 1 – pag. 294).
L’agenzia dell’Oms, nella sua monografia, ribadisce che l’amianto è cancerogeno anche nell’acqua potabile (pag. 224, capo 1.4.3).
Tra le fonti antropiche di contaminazione dell’acqua potabile “l’erosione delle rocce contenenti amianto è la principale fonte naturale. Le fonti antropiche includono: erosione dei cumuli di rifiuti contenenti amianto, corrosione dei tubi di cemento-amianto, disintegrazione dei materiali di copertura contenenti amianto e deflusso delle acque reflue industriali (Atsdr, 2001)“.
Queste esposizioni costituiscono la causa di cancro, tra cui le neoplasie allo stomaco e al fegato (colangiocarcinoma), come recentemente confermato dagli studi scientifici del prof. Giovanni Brandi.
In ogni caso, debbono essere garantiti i requisiti di idoneità dell’acqua per il consumo umano, secondo il D.lgs 31/2001, in recepimento e applicazione della direttiva 98/83/Ce.
Ritengo indispensabile, quindi, per garantire la qualità dell’acqua potabile, che non ci siano fibre di amianto disciolte e perciò stesso è indispensabile realizzare nuovi acquedotti privi di condutture e cassoni in amianto.
L’urgenza dell’intervento su tutta la rete idrica nazionale si giustifica, oltre che sulla vetustà degli impianti (che fanno disperdere il 50% della loro portata di acqua), anche sul fatto che l’inquinamento è elevato, anche per la sismicità, la perdita del potere aggrappante del cemento, le manutenzioni, e tutte le altre peculiarità, che si manifestano.
In più, stanno pagando un prezzo inaccettabile le maestranze impiegate nella manutenzione di questi acquedotti.
Tanto è vero che, nel VII Rapporto ReNaM (categoria 38, di pag. 152) si afferma che “l’uso di cemento-amianto per la costruzione di condotte a pressione per l’adduzione di acqua potabile e per alcune condotte per il gas cittadino e di guarnizioni e baderne a uso coibente ha comportato una possibile esposizione degli idraulici addetti alla installazione e alla manutenzione delle reti di distribuzione“.
Quindi, le attività di manutenzione e riparazione delle tubature, hanno determinato e determinano elevate esposizioni di questi operatori, come tra l’altro dimostra il dato epidemiologico, che in particolare, quello di carattere generale, riporta proprio per il settore edile la più alta incidenza pari al 16,2%, che si giustifica (v. tabella 23 Edilizia – p. 137 del VII Rapporto ReNaM), proprio sulla sussistenza di tubature in amianto e cemento amianto.
Più recentemente, anche grazie alla personale e istituzionale sensibilità del sottosegretario di Stato del Ministero della Salute, Andrea Costa, pare che la tematica possa essere portata al tavolo del Governo nazionale e possano essere utilizzati i fondi del Pnrr.
Certo, è una strada lunga e difficile e prevede la realizzazione di nuovi acquedotti, anche paralleli a quelli già esistenti, nei quali far scorrere l’acqua potabile che dispensa la vita, che è il bene prezioso e indisponibile, patrimonio dell’essere umano.
L’Osservatorio nazionale amianto è da sempre al fianco delle vittime e supporta chi è stato colpito dalla malattia con una consulenza gratuita al numero verde 800.034294. È possibile richiedere la consulenza scritta anche attraverso la pagina dedicata al mesotelioma.
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