Calcestruzzo autorigenerante, cemento rinforzato con fibra di carbonio, ma anche materiali a cambiamento di fase: ormai chi costruisce deve prendere in considerazione materiali risultati di nuove ricerche prese anche a prestito dagli alberi.
Un’indagine di Allied Market Research conferma che il mercato dei cosiddetti alternative building material, valutato circa 190 miliardi di dollari nel 2020, raggiungerà i 330 miliardi nel 2030, con un tasso di crescita composto annuale del 5,8% e una crescita complessiva del 74%.
Di cosa si tratta? Si tratta di materiali che partono da ciò che la natura ci offre e lo uniscono all’innovazione tecnologica, per arrivare a soluzioni e materiali che, se applicati all’architettura, possono diventare modelli di costruzione responsabile e di sviluppo sostenibile del settore.
E che per esempio puntano a risolvere il problema della durabilità e manutenzione degli edifici. Si studia il calcestruzzo autorigenerante, ovvero un calcestruzzo in cui i batteri contenuti al suo interno entrano a contatto con l’acqua o l’ossigeno presenti in una eventuale crepa e producono cristalli di calcite in grado di riempirla e automaticamente ripararla.
Oppure il cemento rinforzato con fibra di carbonio, un materiale estremamente resistente oltre che leggero e flessibile, perfetto per gli edifici esposti a cattive condizioni atmosferiche, già sperimentato nel The Cube, all’interno del campus della Technical University di Dresda.
Si sta indagando anche sul possibile impiego del grafene, un materiale dall’eccezionale proprietà conduttiva costituito da uno strato di atomi di carbonio, con il quale è possibile produrre un calcestruzzo molto più resistente utilizzando una minor quantità di materiali tradizionali.
Chryso, tramite uno dei suoi ritrovati di punta Icare, sostituisce il clinker, componente base per la produzione del cemento, con leganti più ecologici ed economici, riducendo così la quantità di emissioni di CO2 durante il processo di lavorazione e abbattendo i costi energetici e di produzione.
Ci sono poi i Phase Change Material (Pcm), o materiali a cambiamento di fase, che cambiano le loro proprietà adattandosi all’ambiente circostante: i vetri termoregolatori diventano opachi e mantengono un ambiente più fresco all’interno di un edificio nei periodi più caldi. Al contrario, in inverno, diventano traslucidi, permettendo alla luce e al calore di entrare.
Per quanto riguarda materiali già presenti in natura, invece, l’elenco è ampio: bio-mattoni di canapa e calce, particolarmente resistenti agli agenti atmosferici, paglia e lana, ideali per l‘isolamento termoacustico e l’assorbimento di sostanze inquinanti presenti nell’aria.
Secondo il World Economic Forum, il micelio, ossia la massa di fibre ramificate che formano il fungo, può essere una valida alternativa alle schiume plastiche a spruzzo con il vantaggio che, essendo un materiale altamente biodegradabile, si decomporrà naturalmente una volta terminato il suo ciclo di vita.
Ci verranno incontro anche le stampanti 3D: a Venezia durante la Biennale di Architettura 2021 è stato esposto Stratius, progetto di Zaha Hadid Architects, un ponte composto da blocchi di cemento stampati in 3D che consente un notevole risparmio in termini di acqua, energia e costi di trasporto; inoltre le sue componenti possono essere smantellate e facilmente riciclate una volta che la costruzione non dovesse più essere necessaria.
Crediti immagine: Depositphotos