Conosciamo Andrea Satta, pediatra, membro dell’Associazione Culturale Pediatri (Acp), che è anche musicista, ciclista e ambientalista.
Satta 30 anni fa ha fondato la band Têtes de Bois, con la quale ha creato un esempio interessante di palco a pedali, ovvero uno spazio per fare musica all’aperto, adattabile e trasportabile, ma soprattutto capace di alimentarsi con la forza delle gambe dei suoi spettatori.
“Utopie che mi piace generare per mostrare che un’altra via è possibile – racconta – nella speranza di poter vivere un giorno in un mondo meno inquinato, quindi più sano“.
Per questo Greenplanner.it gli ha dato la parola, nella consueta rubrica dedicata ad Acp.
Satta, come si lega la musica alla pediatria?
I bambini sono artisti naturali, hanno la spregiudicatezza che serve a un artista per stare sul palco, l’incoscienza che l’artista trova solo quando è molto bravo.
I bambini vengono applauditi spesso e dicono cose anticonvenzionali e sincere, ovvero proprio quello che l’artista dovrebbe fare. Hanno meno filtri e meno remore.
Hanno un’energia indispensabile, per me sono la fonte che mi rinnova e mi tiene agganciato al domani, sono la ruota che ti rende l’equilibrio.
Se li conosci, li vedi crescere e ti preoccupi della loro salute, ti rende felice poi scoprire di essere una persona importante nella loro vita.
Hai gestito l’’ntimità di tenere una vita nel palmo di una mano e poi, quando li incontri ormai adulti, il rapporto cambia, ma resta il ricordo di averli aiutati quando erano in difficoltà, indifesi.
Questo è l’aspetto affascinante del mio lavoro ed è simile al lavoro di musicista. Scrivere una canzone, o stare sul palco, è come aver cura di un bambino e adoperarsi per farlo crescere bene.
Lei ha figli?
Due figli. Lao di 20 anni che studia architettura e Gea di 11 anni, che fa la prima media.
E come è diventato anche un attivista ambientalista?
Lo sono da sempre. L’urgenza più grande per me è il consumo di suolo, perché ogni centimetro di cemento che coliamo a terra non tornerà più indietro. È il dramma peggiore.
Occupare il suolo è per sempre, perché se cementifichi 500 mq per costruire un benzinaio, per esempio, anche se l’area cade in disuso, rimarrà così perché nessuno avrà più l’interesse a farla tornare un prato, non si troverà mai il capitale.
Ecco, il consumo di suolo è un gesto di grandissima responsabilità.
Come si inserisce in tutto questo il discorso del palco a pedali?
Il palco a pedali nasce guardando mio nonno che tornava dall’orto illuminando la strada con la dinamo. Dunque davvero tanti anni fa mi venne il pallino di sfruttare questa energia, che poi divenne l’immagine di 100 pedalatori che potessero accendere un microfono.
È stato grazie al mio caro amico Gino Sebastianelli, ingegnere elettrico, che, lavorandoci a lungo sopra, siamo riusciti a realizzarlo veramente.
È servita una serie di dinamo molto particolari per poter ridurre da 5mila a solo 100 il numero di persone necessarie per alimentare il palco.
Grazie poi a un impianto che disperde poco, fatto da led e mille accorgimenti per ridurre il consumo, è sufficiente una pedalata leggera oggi per produrre energia sufficiente a un concerto.
È un’utopia, è solo un messaggio per dire che possiamo fare delle scelte.
Quali per esempio?
Per esempio quella di andare a scuola o al lavoro in bici. Abbiamo detto no a uno sponsor di cyclette che voleva fornirci i mezzi su cui far pedalare le persone, proprio perché volevamo che la gente venisse con la propria bici, che poi si aggancia a uno speciale trespolo per convogliare l’energia.
Perché se fai questo, se vai a un concerto in bici, poi magari scopri che puoi rinunciare all’automobile anche per andare al lavoro.
Da quanti anni è medico? Ha visto cambiare la salute media dei suoi piccoli pazienti?
Sono pediatra da 25 anni e sì, ho visto aumentare le patologie allergiche, sicuramente. E anche disturbi di relazione, ci sono oggi molti più casi di disagio relazionale.
Le allergie derivano dal contesto ambientale in cui viviamo, sempre più inquinato e non solo per quanto riguarda l’aria. Se propini continuamente modifiche al tuo organismo, questo reagirà rifiutando una sostanza che non riconosce.
E c’è una continua modifica negli alimenti, che deriva dal mutare di acque e terreni. Se inquini i terreni sarà più facile sviluppare allergie, per esempio a un metallo che finisce nelle piante.
Dall’altro lato, siamo di fronte a un’emergenza relazionale aggravata dalla pandemia. Vedo adolescenti, ma anche tanti bambini, che vogliono stare in casa, anche nel loro tempo libero.
Conseguenza anche dell’imposizione della mascherina – che non contesto: sono un medico – ma non posso fare a meno di notare la conseguenza del non vedere il viso della maestra e dei compagni.
Come faccio a essere empatico? Questo rallenta e altera la socialità, con il peso aggiuntivo dei dispositivi elettronici, che ci sono letteralmente sfuggiti di mano.