Plastic New Deal è un progetto che nasce dalla consapevolezza che la plastica rappresenta una minaccia sempre maggiore e che, per salvaguardare il Pianeta, il territorio gioca un ruolo cruciale. E così, imprese, enti pubblici e società civile hanno deciso di collaborare per lo sviluppo di un nuovo welfare ambientale, capace di trovare soluzioni alternative alla plastica monouso.
L’iniziativa, maturata dall’interazione tra l’Associazione Ambiente e Lavoro e Legambiente Lombardia, è stata possibile grazie al bando Plastic Challenge istituito da Fondazione Cariplo.
Che in questi anni ha deciso di sostenere i progetti promossi da Enti no profit del Terzo Settore sui temi della sostenibilità ambientale, tra cui la riduzione dell’uso della plastica.
Per farlo, Fondazione Cariplo ha promosso il coinvolgimento delle amministrazioni locali. Queste, attraverso progetti pilota poi replicabili presso altre realtà, occupano un punto cardine nella promozione di collaborazioni territoriali.
Il patto tra aziende e territorio
Da febbraio 2021 a luglio 2022 il patto collaborativo tra aziende e territorio si è sviluppato in un’area ben precisa: la Brianza lecchese, meratese e oggionese.
Per contribuire alla riduzione della plastica e avere, dunque, un impatto sulle emissioni di CO2 dovute alla scorretta gestione della sua filiera, sono state coinvolte quattro aziende di settori manufatturieri diversi:
- Calvi, azienda metalmeccanica specializzata nella produzione di profili speciali in acciaio trafilati a freddo. È un’azienda multinazionale con sede a Merate che conta circa 200 dipendenti
- Novacart Italia, specializzata nella produzione di prodotti in carta e cartoncino per uso alimentare. Con sede principale a Garbagnate Monastero, ha circa 300 dipendenti
- Top Glass Industries, azienda specializzata nella produzione di profili compositi pultrusi, costituiti da resine organiche rinforzate con fibre di vetro. Ha sede a Osnago, per un totale di circa 60 dipendenti
- Novatex Italia, leader mondiale nella produzione di reti per rotopresse. La sede principale è a Oggiono, con circa 130 dipendenti
Le aziende hanno partecipato attivamente al progetto su due fronti: il primo, riguardante l’utilizzo della plastica monouso nel packaging – sia in ingresso che in uscita – e nei prodotti; il secondo, relativo alla plastica usata negli spazi comuni adibiti per i lavoratori (mense e distributori automatici).
L’aspetto scientifico
“Grazie all’intervento di due Istituti del Cnr, ovvero Stiima (Istituto di Sistemi e Tecnologie Industriali Intelligenti per il Manufatturiero Avanzato) e Ipcb (Istituto per i Polimeri, Compositi e Biomateriali) è stato possibile intraprendere un percorso di analisi con tutte le aziende, per registrare la quantità del materiale plastico utilizzato, la sua provenienza e la tipologia.
Dopo confronti specifici e su più livelli, i ricercatori hanno individuato possibili alternative sia alla quantità usata – lavorando sugli spessori – sia alla qualità – vegetale o riciclato. Inoltre, hanno valutato qualità e quantità dei cambiamenti e gli effetti ambientali delle scelte introdotte” spiega Wolfango Pirelli, segretario Associazione Ambiente e Lavoro.
Nel caso di Novatex, l’intervento sul packaging usato per l’invio dei prodotti al cliente ha evidenziato la possibilità di ridurre fino al 30% la produzione di plastica, sostituendola con materiale a contenuto riciclato.
Parallelamente, grazie al contributo di Ipcb, l’azienda sta svolgendo un’analisi per identificare – nella famiglia dei polimeri – materiali innovativi per sostituire il polietilene (Pe) ad alta intensità attualmente utilizzato, non facilmente avviabile a recupero e riciclo.
Stessa ricerca è stata condotta da Top Glass che, in collaborazione con i ricercatori del Cnr, ha individuato alcuni materiali che possano sostituire il polietilene ad alta o bassa densità (Hdpe e Ldpe) e il polipropilene (Pp) attualmente utilizzati in fase di imballaggio.
Inoltre, l’azienda ha coinvolto i principali fornitori per riutilizzare il medesimo imballo per più forniture, evitandone così lo smaltimento dopo il primo ciclo di vita.
Soluzioni alternative per minimizzare l’uso di plastica monouso in fase di imballaggio e garantire la protezione delle materie prime.
Lavoratori, eco-famiglie e amministrazione locale: il risultato della partecipazione
Le aziende sono soprattutto persone. “I 631 dipendenti delle quattro aziende che hanno partecipato al Plastic New Deal sono stati coinvolti per individuare effettivi cambiamenti presso la sede aziendale, volti a limitare l’uso della plastica monouso e migliorare la gestione complessiva dei rifiuti” è il commento di Patrizia Colombo di Legambiente Lombardia.
I dati dimostrano che ogni anno in azienda si consumano in media 18.000 bottiglie e 90.000 bicchierini di plastica.
Un numero esiguo rispetto alla quantità di rifiuti plastici creati durante l’attività produttiva ma, grazie al coinvolgimento di lavoratori e Rsu (Rappresentanza sindacale unitaria), è possibile dimostrare che anche i piccoli gesti quotidiani possono contribuire alla sfida ambientale.
Ecco le alternative introdotte per gli spazi dei dipendenti: erogatori di acqua frizzante e naturale collegati alla rete idrica, bicchieri in carta o materiale compostabile, palette in legno per miscelare lo zucchero, borracce aziendali e tazze personali.
Tramite la partecipazione delle amministrazioni locali è stato possibile coinvolgere le famiglie dei dipendenti e diffondere le buone pratiche individuate anche esternamente al luogo di lavoro.
Le 70 famiglie selezionate hanno sperimentato il cambiamento a partire dalla propria quotidianità: con il supporto di Silea hanno poi realizzato un decalogo di ecoconsigli per ridurre i rifiuti e aiutare l’ambiente a tema pulizia, alimentazione e abbigliamento da condividere con il resto della comunità.
Le eco-famiglie, con la loro esperienza, diventano l’esempio concreto di una nuova prospettiva sostenibile.
Per far sì che le esperienze virtuose territoriali siano replicabili su larga scala, devono essere supportate e implementate con politiche a livello nazionale che siano altrettanto virtuose e ambiziose.
Il sindaco di Osnago Paolo Brivio, Comune partner del progetto, ha confermato che: “L’azione dell’amministrazione ha potuto svilupparsi attraverso la costruzione di una rete di rapporti e di coinvolgimenti di altri soggetti istituzionali del territorio, a cominciare dalle società partecipate Silea (gestione del ciclo dei rifiuti) e Lario Reti Holding gestione del sistema idrico integrato)“.
La replicabilità del progetto Plastic New Deal
Queste hanno offerto una soluzione pratica alle buone azioni individuate da lavoratori e famiglie e “insieme con altre amministrazioni comunali, quali i Comuni di Osnago, Oggiono, Lomagna e il Parco regionale di Montevecchia, hanno consentito di ampliare la diffusione dei messaggi del progetto“, arrivando a coinvolgere altri 20 nuclei familiari nell’attività delle Famiglie super eco.
Ed è per questo che l’esperienza Plastic New Deal non si conclude così. A ottobre, le testimonianze aziendali confluiranno in un tavolo di lavoro che rappresenterà un vero e proprio punto di partenza per la valorizzazione del progetto.
Non solo idee, dunque, ma anche dialogo con chi ha vissuto in prima persona il progetto, monitoraggio e formazione per rafforzare il senso di responsabilità del territorio, delle sue aziende e delle sue persone.
(ha collaborato Marzio Marzorati di Legambiente)