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Amianto: come riconoscerlo e stanarlo

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Marilina Boschetti

L’Italia, benché sia stata la prima nazione in Europa a mettere al bando l’amianto ha rimosso solo il 25% di quello installato. L’importanza delle bonifiche e dei centri di cetrificazione. Ne parliamo con Marilina Boschetti, asbestos technician expert dei laboratori del Gruppo Tuv Italia

Pastiglie di amianto sono state ritrovate, recentemente, nel rivestimento interno di un thermos. Ciò mette in evidenza come non bisogna abbassare la guardia rispetto all’uso di questo materiale che è cancerogeno.

Ma come riconoscere l’amianto sia nei prodotti di consumo, sia in manufatti industriali?

È necessario rivolgersi a laboratori certificati dal Ministero della Salute che attraverso campionamenti e analisi specifiche sono in grado di determinare la presenza o l’assenza” spiega a GreenPlanner.it in una lunga intervista Marilina Boschetti, asbestos technician expert dei laboratori del Gruppo Tuv Italia.

Quindi, dove si nasconde ancora l’amianto e come riconoscerlo?

L’amianto (o asbesto dal greco asbestos = indistruttibile) comprende una famiglia di silicati fibrosi che, per le caratteristiche di resistenza al calore, agli acidi e alle alcali, è stato, fino al 1994, largamente usato nell’industria, nei trasporti e nell’edilizia, sia in forma friabile (coibentazioni di tubature, pannelli isolanti, rivestimenti isolanti a spruzzo) che compatta (manufatti in cemento-amianto quali lastre piane o ondulate per coperture, canne fumarie, serbatoi e condotte per acqua, pavimenti vinilici).

Si stima, che in Italia tra il 1984 e il 1988, di amianto, isolato o misto al cemento, ne siano stati utilizzate 3 milioni di tonnellate e che oggi siano ancora presenti 2,5 miliardi di mq. di coperture in cemento-amianto, pari a circa 32 milioni di tonnellate, in gran parte friabili e, se consideriamo i rifiuti esistenti, quelli da amianto sono secondi per volume solo a quelli urbani e primi in quantità considerando i rifiuti tossici.

L’edilizia è certamente il settore dove questo materiale è stato utilizzato in maniera preminente ma, sfortunatamente, è possibile trovarlo anche ora nei prodotti di consumo importati da paesi Extra Ue.

L’amianto è quindi nella rendicontazione delle attività di controllo effettuate a livello nazionale per la verifica del rispetto del regolamento Reach, il regolamento 1907/2006 della Ue sulle sostanze chimiche entrato in vigore nel 2007.

L’importanza del fine vita dell’amianto: voi cosa consigliate?

Quest’anno si sono festeggiati i 30 anni dalla legge che mise al bando l’amianto in Italia, prima nazione in Europa a vietarne l’utilizzo e la produzione nel 1992.

Tra i principali interventi effettuati nel nostro Paese si ricordano:

  • realizzazione di una mappa nazionale dei siti contaminati da amianto e effettuazione di opere di bonifica sul territorio nazionale
  • attivazione di un piano di sorveglianza epidemiologica nazionale della mortalità per mesotelioma negli 8.000 comuni italiani
  • attivazione dal 2002 del Registro Nazionale Mesoteliomi (ReNaM) che rappresenta uno dei più avanzati sistemi di sorveglianza epidemiologica attiva in questo settore, con oltre 30mila casi censiti
  • operativo dal 2008 il Programma nazionale di qualificazione per i laboratori che eseguono le analisi per la determinazione dell’amianto su tutto il territorio nazionale

Nonostante siano passati 30 anni dall’approvazione di questa legge, a oggi, solo il 25% di quello installato è stato rimosso. I laboratori pH continuano a sensibilizzare i committenti nell’articolare un finalizzato programma di ispezione dei campioni sospetti Mca, con l’ausilio di personale qualificato.

Il programma prevede:

  1. ricerca e verifica della documentazione tecnica disponibile sull’edificio, per accertarsi dei vari tipi di materiali usati nella sua costruzione, e per rintracciare, ove possibile, l’impresa edile appaltatrice
  2. ispezione diretta dei materiali per identificare quelli friabili e potenzialmente contenenti fibre di amianto
  3. verifica dello stato di conservazione dei materiali friabili, per fornire una prima valutazione approssimativa sul potenziale di rilascio di fibre nell’ambiente
  4. campionamento dei materiali friabili sospetti e invio al nostro laboratorio, per la conferma analitica della presenza e del contenuto di amianto
  5. mappatura delle zone in cui sono presenti materiali contenenti amianto
  6. registrazione di tutte le informazioni raccolte in apposite schede da conservare come documentazione e da rilasciare anche ai responsabili dell’edificio

Vi risulta che si possa “recuperare” per farne altro (ovvero ci sono progetti di economia circolare sull’amianto e derivati)?

I processi di smaltimento dell’amianto rappresentano un problema molto importante sia per i rischi legati all’esposizione della sostanza sulla popolazione, sia per la carenza di discariche dedicate.

Al 2009, la produzione dei rifiuti contenenti amianto ammontava in Italia a 379.000 tonnellate e oltre il 72% di tali rifiuti è stato esportato in discariche all’estero (prevalentemente in Germania) con tutti i conseguenti oneri.

Con il Dm n.234 del 29/04/2004 è stato definito un regolamento per la determinazione e la disciplina delle attività di recupero dei materiali contenenti amianto.

La normativa definisce due strategie principali:

  1. trattamenti che riducono il rilascio di fibre dei Rca (rifiuti contenenti amianto) senza modificare la struttura cristallochimica; la destinazione finale di tali rifiuti trattati però rimane la discarica
  2. trattamenti che modificano completamente la struttura cristallochimica dell’amianto e che quindi annullano la pericolosità connessa ai minerali di amianto; la destinazione finale dei materiali derivanti da tali trattamenti è il riutilizzo come materia prima

Esistono a oggi due grossi trattamenti degli Rca:

  1. Trattamenti chimico-fisici (attacco chimico, trattamento idrotermico…)
  2. Trattamenti termici (litificazione, vetrificazione, ceramizzazione…)

Questi trattamenti eliminano completamente il rifiuto trasformandolo in una fase cristallina non fibrosa, non tossica e riutilizzabile.

La vostra certificazione cosa comporta in questo settore?

Tra gli elementi di rilievo individuati dal legislatore nell’attuazione della Legge 257/92 sulla cessazione dell’impiego dell’amianto, è stato previsto un ruolo fondamentale al riconoscimento dei requisiti minimi dei laboratori pubblici e privati, che intendono effettuare attività analitiche sull’amianto.

I laboratori del coordinamento centrale Iss, Inail ex Ispesl Arpa Cnr hanno avviato un percorso Nazionale di qualificazione dei laboratori che effettuano le analisi sull’amianto con cadenza biennale.

I laboratori pH del Gruppo Tuv Italia con oltre 20 anni di esperienza nelle analisi sull’amianto, hanno partecipato e continuano a partecipare ai programmi di qualificazione nazionali che soddisfano i requisiti minimi per le attività di campionamento e per ciascuna metodica analitica.

pH Labs è riconosciuta a livello nazionale come laboratorio qualificato per determinare la presenza/assenza dell’amianto nei manufatti con la tecnica in microscopia ottica (Molp/Dc Mocf/Dc), per quantificare l’amianto in tracce con la tecnica al microscopio elettronico a scansione (Sem) e per quantificare l’amianto in concentrazioni superiori al 1% con la tecnica al diffrattometro a raggi X (Drx).

È anche qualificato per la determinazione dell’amianto aerodisperso con le tecniche Mocf e Sem. I laboratori pH sono certificati da Accredia per tutte le tecniche di ricerca dell’amianto.

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