La proposta della Commissione europea per proteggere la salute dei cittadini: riduzione sostanziale dell’esposizione minima e bonifiche degli edifici ancora contaminati.
L’amianto indica quei minerali fibrosi che hanno ucciso e continuano a uccidere in Europa e nel mondo. Per questo, io ritengo, che non si può attendere oltre e occorre un colpo di reni, per portare a termine le bonifiche.
La legge 257/1992, pur ponendo il divieto di estrazione, lavorazione e commercializzazione, non ne impone la bonifica.
Essendo stata l’Italia il maggiore produttore e utilizzatore in Europa, seconda solo alla vecchia Unione Sovietica, è evidente che, anche per il ritardo delle bonifiche, il dato epidemiologico di 7.000 decessi l’anno, in Italia, è un dato coerente con la tragica realtà che è sotto i nostri occhi.
Scuole, ospedali, palestre, università, nulla e nessuno è stato risparmiato da questo big killer, tant’è vero che sulla base dei tempi di latenza, anche se l‘amianto si bonificasse del tutto da oggi, il numero dei casi e purtroppo, dei decessi, proseguirebbe per i prossimi 40/50 anni, anche se a scemare.
L’Unione europea ha agito sempre in modo timido, tant’è vero che solo dal 2005 vi è stato il bando generalizzato in Europa, anche se con deroghe, e senza un obbligo pregnante di bonifica.
Gli edifici pubblici e privati, i luoghi di lavoro, edificati prima del 1992, hanno presenza di amianto: un carico di morte che deve essere disattivato e disinnescato.
L’unico sistema è la bonifica. L’Unione europea ci conferma che il 78% dei tumori professionali sono causati proprio dall’amianto.
La Commissione europea ha lavorato in questi anni per arrivare a un approccio globale per proteggere la salute dei cittadini e lavoratori e garantire un futuro senza asbesto.
Due le proposte chiave: ridurre il limite massimo di esposizione all’amianto al lavoro e la bonifica degli edifici. Questo contribuirà anche a raggiungere un altro grande obiettivo dell’Ue: quello di sconfiggere il cancro.
Queste declamazioni di intenti, però, non sono sufficienti. Se pensiamo ai luoghi di lavoro (all’Ilva come ai vari petrolchimici), piuttosto che nelle scuole dove c’è ancora amianto, è evidente che è necessario passare dalle parole ai fatti.
Bene l’abbattimento della soglia, ma non è sufficiente perché l’amianto è sempre dannoso anche a bassa dose, quindi non basta.
L’amianto, altamente cancerogeno, come spiego nella qualità di presidente dell’Ona – Osservatorio nazionale amianto, ne Il libro bianco delle morti da amianto in Italia – ed. 2022, causa il mesotelioma e altri gravi tumori.
Tra questi il cancro al polmone, alla laringe, alla faringe, alle ovaie e al colon.
Da anni sostengo che le fibre inalate e ingerite possano causare anche altri tipi di tumore e la Commissione europea, in questo senso, consulterà anche il Comitato consultivo tripartito per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro in merito al riconoscimento di ulteriori malattie correlate all’amianto come malattie professionali.
Un passo importante che consentirà a sempre più persone, lavoratori in primis colpiti dalle patologie asbesto correlate, di veder riconosciuti i propri diritti.
“La prevenzione – ha commentato Stella Kyriakides, commissaria per la Salute e la sicurezza alimentare – è più efficace di qualsiasi cura contro il cancro. Considerando che il 40% dei tumori è prevenibile, si tratta della strategia a lungo termine più efficiente.
Nell’ambito delle azioni previste dal piano europeo di lotta contro il cancro, puntiamo a contribuire in modo significativo alla prevenzione del cancro riducendo l’esposizione alle sostanze pericolose, tra cui l’amianto“.
I dati parlano da soli: nel 2019 nell’Ue più di 70mila persone sono morte per le conseguenze dell’esposizione all’amianto sul luogo di lavoro.
Purtroppo sono ancora esposti all’amianto tra i 4,1 e i 7,3 milioni di lavoratori, dei quali il 97% nel settore edile e il 2% nella gestione dei rifiuti.
Le malattie legate all’esposizione hanno un lungo periodo di latenza: questi operai potrebbero ammalarsi anche tra 30 o 40 anni. Il picco di casi in Italia è previsto tra il 2025 e il 2030.
La Commissione europea ha allora proposto una campagna di comunicazione dal titolo: Costruire un futuro senza amianto.
Il fenomeno deve essere affrontato in modo globale: partendo dal miglioramento delle diagnosi e delle cure delle malattie causate dall’amianto, fino all’identificazione e alla rimozione sicura dell’amianto e al trattamento dei relativi rifiuti.
Cuore della proposta è la modifica della direttiva sull’esposizione all’amianto durante il lavoro.
Riducendo di ben 10 volte il limite di esposizione all’amianto durante le ore lavorative (da 0,1 fibre per centimetro cubo (f/cm³) a 0,01 f/cm³), la Commissione accoglierebbe la mia tesi, sostenuta anche due anni fa in una speciale commissione di esperti, della quale ero membro, guidata dall’ex magistrato simbolo della lotta all’eternit Raffaele Guariniello, che in Italia ha lavorato alla stesura di una serie di proposte concrete di riforma organica della legge del ’92.
Non c’è una soglia minima sicura e l’unica fibra che non fa danni è quella che non si respira. Ne ho parlato anche su Radio Rai, nella trasmissione Che giorno è.
Anche durante la commissione di esperti erano state affrontate tutte le tematiche: gli aspetti giuridici, scientifici, sanitari, tecnici, procedurali, previdenziali e assistenziali per aggiornare la norma. Purtroppo, però, poi la proposta è stata dimenticata.
La Commissione europea non ha dimenticato di affrontare la questione degli edifici ancora carichi di amianto.
Ha per questo presentato una proposta legislativa concernente il rilevamento e la registrazione dell’amianto negli immobili e propone un nuovo approccio normativo per l’introduzione di registri digitali degli edifici.
Infine vuole rivedere il protocollo Ue per la gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione e avviare uno studio volto a individuare le pratiche di gestione dei rifiuti di amianto e le nuove tecnologie di trattamento.
Questa proposta fa parte del piano europeo di lotta contro il cancro e contribuirà agli obiettivi del Green Deal europeo, del piano d’azione inquinamento zero. I fondi europei per le bonifiche sono disponibili già da ora.
È necessaria quindi una cultura diversa rispetto a questo cancerogeno, per una effettiva transizione ecologica che, come ripeto da tempo, deve essere anche etica e sociale.
L’Unione europea si è mossa tardi e timidamente, ma forse questo è il momento perché finalmente la politica privilegi la salute e l’ambiente, questo è il punto chiave che abbiamo sempre sostenuto e che i partiti, tutti, non sono stati in grado di realizzare.
Che invece avrebbe portato un risparmio nelle spese sanitarie e un volano anche per l’economia.
Crediamo in un mondo migliore senza amianto e senza cancro, oltreché in pace: solo così si potrà perseguire la tutela dell’essere umano inteso come singolo e nella sua dimensione collettiva e senza spazio e senza tempo, proiettato verso le future generazioni.
Una nuova alba, illuminata dalle sagge parole di Papa Francesco, in cui tutti gli esseri umani siano immersi nella natura in una simbiosi bellissima e meravigliosa che il cancro di amianto, e tutte le altre malattie da inquinamento, negano.
Tutti insieme contro l’amianto, per la vita e per la salute e per le future generazioni alle quali vogliamo restituire l’acqua, l’aria e la terra, il bene e la salute, il bello e la prosperità.