Il livello qualitativo dei vini italiani è elevato ma da solo non basta più: sono necessarie, invece, procedure che garantiscano anche visioni di rispetto ambientale e di sostenibilità.
Un tempo non molto lontano era sufficiente apporre la nomenclatura Doc e Docg all’interno dell’etichetta per spingere i consumatori all’acquisto di una bottiglia di vino, con l’idea di portarsi a casa un prodotto di qualità.
Oggi le dinamiche di mercato e, con esse, i criteri di acquisto, si sono evolute; gli acquirenti sono alla ricerca di altre tipologie di garanzie che permettano di bilanciare gli aspetti qualitativi tipici di prodotto con una visione rispettosa dell’ambiente e orientata a un utilizzo consapevole delle risorse messe a disposizione dal territorio.
Non è più sufficiente essere un vino che può vantare una qualche denominazione di origine per spingere all’acquisto; bisogna lavorare su aspetti di tipo valoriale.
Lo ha capito bene Asso Odc, l’associazione degli Organismi di Certificazione del Vino, che si propone, fin dalla sua costituzione, di rappresentare i diversi interessi del settore vitivinicolo, che vale oltre 14 miliardi di euro, presso le istituzioni nazionali e comunitarie.
L’associazione, fondata nel 2017, è composta da un insieme di enti che certificano il 95% della produzione italiana di vini Dop (Denominazione di Origine Protetta) e Igp (Indicazione geografica protetta): Agroqualità, Ceviq, Parco3A – Pta, Siquria, Tca, Triveneta Certificazioni e Valoritalia.
All’interno della cornice della Milano Wine Week 2022 Asso Odc ha organizzato il convegno Tracciabilità e certificazione dei vini a Denominazione di Origine: un valore aggiunto per il mercato e il territorio per illustrare come anche il processo di certificazione si stia evolvendo, in modo importante, all’interno di un segmento agroalimentare in cui è cresciuta l’attenzione verso i principi della biodinamica, della valorizzazione del patrimonio enografico locale e di corretto bilanciamento tra le attività in vigna e le pratiche di cantina.
La certificazione rappresenta l’ultimo tassello prima della distribuzione del prodotto sul mercato; il convegno organizzato da Asso Odc ha dimostrato come, in Italia, questo processo possa essere ritenuto tra i più avanzati del mondo, grazie alla combinazione di verifiche documentali, controlli in campo e in cantina per rendere la tracciabilità e il rispetto dei disciplinari più solidi.
L’idea di fondo è di ridurre il carico burocratico delle imprese, rendere le procedure più affidabili e trasparenti e fornire così ulteriori garanzie al mercato.
“L’insieme delle nostre verifiche documentali, in campo e in cantina consente di ottenere la completa tracciabilità di ogni partita di vino immessa sul mercato. Un sistema certamente complesso, che tuttavia da un lato consente di tutelare consumatori e operatori, che in questo modo sanno che ogni vino certificato possiede i requisiti minimi richiesti dai disciplinari; dall’altro garantisce le stesse imprese vitivinicole, che in ogni momento sono in grado di fornire certezze sui propri standard produttivi” spiega Luca Sartori, presidente di Asso Odc.
Oggi il livello qualitativo dei vini italiani è riconosciuto a livello internazionale, grazie anche al dinamismo e alle capacità dimostrate dalle aziende nell’affrontare le difficoltà degli ultimi anni.
Soprattutto perché l’Italia conta più di 500 Denominazioni di Origine, un risultato di tutto rispetto.
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