Home Green Jobs Il vino migliora irrigando meno: lo conferma l’Università di Pisa

Il vino migliora irrigando meno: lo conferma l’Università di Pisa

ricerca giacomo palai

Giacomo Palai ha ricevuto il Young minds award per aver dimostrato che con il giusto sistema di irrigazione delle viti, non solo si risparmia acqua, ma si produce anche un vino migliore. Noi l’abbiamo incontrato…

L’eccellenza della ricerca italiana è stata premiata dall’International Society for Horticultural Science (Ishs). Nel corso del simposio internazionale dedicato all’irrigazione nelle coltivazioni da fruttache nell’ultima edizione si è tenuto a Stellenbosch (Sud Africa) è stato premiato Giacomo Palai.

Assegnista di ricerca del Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari e Agro-Ambientali dell’Università di Pisa, Giacomo si è aggiudicato il Young minds award per le sue ricerche sugli effetti dello stress idrico sui metaboliti secondari dell’uva.

A Greenplanner.it ha illustrato il progetto e i risultati della sua ricerca.

Irrigazione in deficit per coltivare uve migliori con un ridotto consumo di acqua. Cosa vuol dire?

I sistemi di irrigazione in deficit prevedono che la pianta riceva meno acqua di quanta ne vorrebbe. Lo studio parte da una considerazione: facendo stare male la pianta (in questo caso specifico la vite) si raggiungono due obiettivi.

Il primo è qualitativo, poiché meno acqua significa migliore prodotto finale; l’altro è ambientale e sociale insieme, dal momento che un sistema simile permette di salvaguardare la risorsa idrica e, quindi, agli agricoltori di spendere meno. Un duplice interesse, per l’ambiente e per le aziende.

ricerca palai

Entriamo nello specifico della ricerca. Come si è svolta?

Lo studio è stato condotto presso il Precision fruit growing lab del Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari e Agro-Ambientali, coordinato dal professore Giovanni Caruso e presso il Laboratorio di ricerche viticole ed enologiche dello stesso dipartimento, coordinato dal professore Claudio D’Onofrio.

Ma, in contemporanea è stato portato anche in alcune aziende della bassa Toscana, nei pressi di Montalcino, dove la scarsità idrica è sempre più evidente. Basta pensare che nel 2022 sono caduti solo 100 mm di pioggia in nove mesi, a fronte dei regolari 600/700 mm.

Dunque, durante i tre anni di dottorato abbiamo testato le piante in più stagioni vegetative, così da verificare gli effetti dei trattamenti irrigui.

In primis, abbiamo studiato la fisiologia della vite per comprenderne i bisogni lungo tutte le fasi, che vanno da marzo/aprile – quando si schiudono le gemme – fino all’autunno, periodo di riposo.

Questo step è stato indispensabile per identificare il momento ideale in cui ridurre l’apporto di acqua alla pianta. Quindi, abbiamo ipotizzato sei trattamenti irrigui diversi, tutti con lo stesso obiettivo.

La differenza tra questi dipende dal momento in cui l’acqua viene tolta e dall’intensità dell’irrigazione. Variando questi parametri abbiamo monitorato la risposta della vite ai periodi di stress, assicurandoci che non fosse eccessivo.

Poi, in fase di raccolta, è stata valutata la qualità delle uve in termini di parametri di base: zucchero, ph, acqua, polifenoli e qualità aromatica delle uve. Ed è proprio qui che abbiamo riscontrato una notevole differenza in termini qualitativi.

I risultati migliori li abbiamo applicando una riduzione idrica nella fase iniziale della maturazione: a livello molecolare, infatti, nelle prime fasi della stagione la pianta sviluppa molto il metabolismo secondario che ne determina la qualità dei frutti.

Possiamo affermare che con questo trattamento abbiamo salvato in termini irrigui circa il 45% di acqua in una stagione produttiva. Ma non solo, abbiamo anche prodotto uve migliori.

Giacomo Palai - Università di Pisa

Raggiunti questi risultati notevoli, qual è il passo successivo?

Ora dobbiamo trasferire l’innovazione alle aziende. La nostra proposta è imparare a gestire l’acqua, da cui siamo distanti per cultura.

È necessario ricorrere alle innovazioni della ricerca per usare sempre meno acqua e – al tempo stesso – per avere sempre di più in termini di qualità. Del resto, è questo il parametro che genera lavoro nel mondo agricolo e fa girare l’economia del settore.

Per farlo, è indispensabile che il tessuto produttivo voglia mettersi in gioco approfondendo le nuove modalità di irrigazione e, finalmente, cambiare. È un settore che fatica a modificarsi perchè non ha vissuto grandi limitazioni proprio grazie alla conformazione del nostro territorio.

Ma sono tendenze destinate a cambiare e una volta che la ricerca ha fornito gli strumenti è compito degli imprenditori recepirli e applicarli per una produzione sempre più sostenibile.

In sud africa, per esempio, hanno fattori molto più limitanti dei nostri (le precipitazioni sono decisamente più scarse) eppure sono abili nel gestire la poca acqua di cui dispongono attraverso i principi di irrigazione di precisione.

Bisogna imparare a dare acqua alle piante secondo le nostre esigenze e non secondo quanto ne vogliono. Grazie alla ricerca è possibile.

Ultima domanda: guardando ai fondi, come si sostiene un progetto di tale portata?

Questo è il tasto dolente. Il succo è che i fondi, in Italia, te li devi cercare. L’interesse verso la ricerca c’è, ma non dal finanziamento pubblico.

Così i fondi sono arrivati dalla collaborazione con aziende private o da bandi europei che, però, sono molto competitivi. Un tema delicato, su cui le politiche nazionali dovrebbero riflettere.

È come se stessimo puntando sul mandare avanti la nazione nella speranza che i fondi vengano dall’esterno. Nel caso spagnolo, i colleghi  hanno a disposizione corposi fondi statali e regionali da cui emergono numerose ricerche.

Probabilmente, in altre parti del mondo una ricerca simile sarebbe stata condotta con il triplo dei fondi. Questo è il paradosso della resilienza lavorativa italiana: facciamo grande ricerca, senza fondi statali a supporto.

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Francesca CutroneFrancesca Cutrone: laureata in lettere e comunicazione, credo che alla collettività spetti muovere proposte per un futuro migliore. Qui entra in gioco la passione dei giovani, da ispirare e accompagnare con il dialogo intergenerazionale | Linkedin
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