Lo scudo penale – approvato dal Senato – che verrà applicato a coloro che subentreranno nella gestione degli impianti della ex Ilva spinge a favorire un aumento della produzione industriale a discapito della salute dei bambini e dell’ambiente.
Un bimbo di Taranto, quando viene al mondo, ha davanti a sé uno svantaggio clamoroso. Se vive a ridosso dell’area industriale Acciaierie d’Italia, meglio nota come ex Ilva, lo attende una differenza di circa 15 punti di Qi in meno rispetto ai coetanei che nascono altrove.
Ad attenderlo c’è il rischio di una ridotta aspettativa di vita e un aumentato rischio di malattie respiratorie, malattie cardiache, cancro e disturbi neurologici debilitanti.
Per questo l’Associazione culturale pediatri (Acp), tramite la pediatra e ricercatrice Annamaria Moschetti, ha depositato in Parlamento una relazione che motiva il proprio, assoluto, no a ogni genere di bilanciamento che la politica vorrebbe imporre a una produzione industriale tanto impattante.
“La questione qui è che questo stabilimento doveva nascere in aperta campagna – spiega Moschetti – dove il suo impatto non si sarebbe concentrato sulle persone che ci abitano accanto. Invece è stato fatto a ridosso di una città.
Una cosa simile è successa anche in Germania, a Duisburg, dove però grazie probabilmente a una maggiore consapevolezza sui rischi, gli impianti sono stati distanziati dall’abitato già molti anni fa. In Italia invece ci si continua ad ammalare e a morire a causa dell’Ex Ilva e ora un nuovo decreto può peggiorare le cose“.
L’appello dei pediatri segue un decreto legge che, dopo essere stato avversato dagli enti locali, dagli ambientalisti, dai sindacati e dalla stessa azienda, spinge anche i medici a parlare di un vero e proprio scudo penale per chi si accingerà a gestire gli impianti e ad aumentare la produzione: è stato appena approvato dal Senato, generando una vera bagarre in aula.
Il documento depositato da Acp è consultabile online. Spiega che il decreto legge propone un bilanciamento tra le esigenze della produzione di acciaio del sito – dichiarato di interesse strategico – con la salute della popolazione, ma che tutte le valutazioni di impatto sanitario svolte a oggi a vari livelli produttivi hanno documentato esistere un danno che la scienza definisce di misura inaccettabile per la salute.
“Esistono inoltre rischi ancora non sufficientemente valutati a carico della popolazione e dei bambini e, a fronte di queste evidenze, nessun bilanciamento è possibile, se imposto per legge al di fuori di qualsiasi validazione scientifica” continua Moschetti.
Per questo Acp ribadisce che il diritto dei bambini alla vita, alla salute e a vivere in un ambiente salubre è intoccabile, e non può essere subordinato né bilanciato con altre pur legittime esigenze.
“Non possiamo che respingere il criterio generico, soggettivo e privo di fondamento scientifico, nuovamente richiamato nel presente decreto, del bilanciamento come strumento per validare l’ammissibilità di autorizzazioni all’impianto siderurgico di Taranto.
I dieci decreti cosiddetti salva Ilva, che si sono succeduti nel corso degli ultimi 11 anni con lo scopo dichiarato di tutelare produzione di acciaio e salute umana, non possono non essere considerati nel loro insieme e giudicati come il più macroscopico fallimento della politica nell’affrontare una situazione di crisi industriale e sanitaria, crisi che ha avuto inizio dalla fondazione dell’impianto siderurgico, che avrebbe dovuto essere collocato distante dalle abitazioni, in aperta campagna e che invece per tutti questi decenni ha ininterrottamente causato sofferenza e morte nella popolazione” commenta Moschetti.
Acp ricorda che l’attuale situazione di Taranto è stata sottilmente ascritta a razzismo ambientale dalla Corte di Strasburgo, che ha scritto: “Nel 2002, le autorità giudiziarie ordinarono la chiusura della cokeria1 di uno degli stabilimenti della società Ilva di Cornigliano (Genova), poiché alcuni studi avevano dimostrato un nesso tra le particelle emesse e il tasso di mortalità nel quartiere interessato. Nel 2005 fu chiuso anche uno degli altiforni dello stabilimento di Cornigliano. L’intera produzione fu quindi trasferita a Taranto“.
A conferma, nel 2022 è giunta la dura condanna dell’Onu (Rapporto Onu febbraio 2022) che ha incluso Taranto tra le zone di sacrificio, definite come quei luoghi del Pianeta “che rappresentano la peggiore negligenza immaginabile dell’obbligo di uno Stato di rispettare, proteggere e realizzare il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile” ed è arrivata anche la condanna dello Stato italiano da parte della Corte europea dei diritti dell’Uomo, che chiese al Parlamento di tenerne debito conto.
“Richiamiamo dunque gli attori politici alla responsabilità verso le future generazioni – conclude Moschetti – al loro diritto a vivere in ambiente salubre, a godere di buona salute, al loro diritto di avvalersi del patrimonio di intelligenza ricevuto e, in definitiva, semplicemente a vivere“.
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