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Rifiuti tessili: non ci sono più alibi che tengano anche per l’Italia

rifiuti tessili
Immagine da Depositphotos

Il 25% dei 15 kg di prodotti tessili mediamente usati all’anno da un cittadino europeo, una volta diventati rifiuti, è destinato all’esportazione. Dove finisce dunque? Quali sono i problemi annessi…

È la Germania il principale Paese esportatore di rifiuti tessili (36%) seguito dall’Olanda (14%), mentre l’Italia mantiene pressoché costante la quota del 10%.

Lo mette in evidenza il rapporto Etc/Ce – European topic centre on circular economy che, certamente, non offre più alibi a quanti continuano a sottovalutare il problema della gestione dei rifiuti tessili o si illudono che gli abiti donati finiscano sempre in beneficienza.

Il problema, ma che poi potrebbe facilmente diventare opportunità è chiaro: i tessili sono in media la quarta maggiore fonte di pressione sull’ambiente e sui cambiamenti climatici.

Ma non solo: la quantità di tessili usati esportati dall’Ue è triplicata negli ultimi due decenni, passando da poco più di 550.000 tonnellate nel 2000 a quasi 1,7 milioni di tonnellate nel 2019.

fonte: Etc/Ce

Dove vanno a finire gli scarti tessili?

È ancora il rapporto che ce lo dice: il 25% dei 15 kg di prodotti tessili mediamente usati all’anno da un cittadino europeo, una volta diventati rifiuti è destinato all’esportazione. Nel 2019 quasi la metà (il 46%) è finito in Africa.

I tessuti importati e usati in questo continente finiscono principalmente nei mercati locali in quanto c’è una domanda di vestiti usati a buon mercato dall’Europa, ma la parte prevalente, non idonea al riutilizzo, finisce per lo più in discariche a cielo aperto con gravi effetti ambientali.

Il 41% dei rifiuti tessili europei è invece finito in Asia. Qui la filiera è più attrezzata per il riciclo con aree dedicate allo smistamento e alla rigenerazione degli stracci. È probabile che i tessuti che non possono essere riciclati o riesportati finiscano anch’essi nelle discariche.

Eppure la Ue lo scorso anno…

A causa dell’obbligo di raccogliere i rifiuti tessili come frazione separata in tutti i Paesi dell’Ue entro il 2025, la quantità di tessili usati raccolti potrebbe aumentare ulteriormente, evidenziando le limitate capacità di riutilizzo e riciclaggio del sistema industriale europeo.

Al riguardo occorre ricordare che nel documento del marzo 2022, finalizzato a regolamentare la transizione ecologica dell’industria della moda, l’Unione europea vincola l’esportazione di rifiuti tessili verso Paesi non appartenenti all’Ocse solo a condizione che tali Paesi comunichino alla Commissione europea la loro intenzione di importare determinati tipi di rifiuti e dimostrino di essere in grado di gestirli in modo sostenibile.

Il non prendere in seria considerazione questo tema vuol dire una perdita di valore qualitativo dei rifiuti tessili: una volta sottratta la crema, che spesso resta nei Paesi d’origine alimentando il mercato della seconda mano e del vintage, ciò che viene esportato è spesso di scarsa/nulla qualità, condizione che certo favorisce il fenomeno discarica selvaggia.

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Aurora MagniAurora Magni: difficile incontrarla senza il suo setter inglese al fianco. Una laurea in filosofia e una passione per i materiali e l'innovazione nell'industria tessile e della moda; è presidente e cofondatrice della società di ricerca e consulenza Blumine, insegna Sostenibilità dei sistemi industriali alla Liuc di Castellanza e collabora con università e centri ricerca. Giornalista, ha in attivo studi e pubblicazioni sulla sostenibilità | Linkedin
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