Zygmunt Bauman afferma che viviamo oggi in uno stato di modernità liquida, ossia in una situazione così rapidamente mutevole da rendere “… il cambiamento l’unica cosa permanente e l’incertezza l’unica certezza”. Cosa significa, allora, parlare di Slow Brand (e di altre articolazioni che approfondiremo nel corso dell’articolo), oggi, in un periodo storico così complicato?
Lo abbiamo chiesto a Patrizia Musso, dai primi anni ’90 docente presso l’Università Cattolica di Milano sui temi di brand communication, che dal 2023 insegna anche nel modulo di Brand Entertainment presso la Facoltà di Cimo (comunicazione per l’impresa, i media e le organizzazioni complesse), sempre dell’Università Cattolica.
Ricordiamo anche che Patrizia Musso, forte della sua più che trentennale esperienza di consulente strategico e formatore aziendale su temi di branding, è fondatrice e direttrice, dal 2001, di Brandforum.it, l’osservatorio digitale culturale sullo stesso tema che rappresenta un importante punto d’incontro tra la ricerca scientifica e le realtà aziendali ed è uno spazio virtuale dove i diversi punti di vista si confrontano per tratteggiare i confini del branding, visto come realtà fluida, mobile, dinamica, capace di esprimersi attraverso soluzioni innovative e in continua evoluzione.
Musso è oggi anche membro della Obe Academy, organismo di cui fino al 2021 è stata direttore scientifico dell’Osservatorio (Osservatorio Branded Entertainment), cioè l’associazione che studia e promuove la diffusione sul mercato italiano del branded entertainment.
All’attività di consulenza, Patrizia Musso ha sempre affiancato l’attività di docenza e, come abbiamo scritto, insegna dai primi anni ’90 presso l’Università Cattolica di Milano ed è autrice di saggi e di numerosi volumi pubblicati con l’editore Franco Angeli sulle diverse strategie di branding).
È dell’ottobre 2013 la pubblicazione con l’editore Franco Angeli, della prima edizione di Slow Brand. La gestione socio-economica della marca contemporanea, che nel gennaio 2017 ha visto una nuova edizione aggiornata e ampliata dal significativo titolo Slow brand. Vincere imparando a correre più lentamente.
Come coniugare organizzazione slow e sostenibilità
Il passaggio a una migliore articolazione dei concetti di Slow Brand dei volumi pubblicati ci porta ad approfondire quale sia stato il momento in cui Patrizia Musso ha avuto l’idea di assumere su di sé il ruolo di divulgatrice all’interno delle aziende dei concetti slow legati a stretto filo alla più ampia visione sulla sostenibilità declinata in questo caso a partire dalla stessa organizzazione aziendale.
Come lei stessa ci ricorda “Questi concetti mi sono stati sicuramente ispirati dal lavoro di Slow Food, l’associazione impegnata a ridare il giusto valore al cibo nel rispetto di chi produce, in armonia con ambiente ed ecosistemi, che opera ormai in 150 paesi per promuovere un’alimentazione buona, pulita, giusta per tutti, coltivando tutte le conoscenze a livello locale“.
Le prime riflessioni sono nate sul campo, a partire dal 2011, durante un’esperienza molto personale, cioè alcune constatazioni da pendolare (commuter, per inglesi e americani) tra Milano e Torino, dove aveva avuto una docenza.
Scendendo dal treno si era resa conto che tra tutte le persone alla stazione, lei era quella che correva di più, che si affrettava, che camminava più veloce. Contemporaneamente, aveva letto un articolo sul Corriere della Sera che raccontava l’esperienza dell’associazione l’Arte di Vivere con Lentezza, che il 26 febbraio dello stesso anno, a Milano, in occasione della Giornata Mondiale della Lentezza, aveva organizzato alcune azioni dimostrative, installando passo-velox tra Piazza San Babila e Piazza Duomo per multare simbolicamente i passanti frettolosi e distribuendo un elenco di Comanda-lenti.
Una combinazione davvero magica per Patrizia Musso, che da quel momento ha deciso di approfondire la questione e nel 2013 ha avuto l’occasione di incontrare personalmente Bruno Contigiani, il fondatore di Vivere con Lentezza, durante una sessione del Salone della Csr e dell’innovazione sociale, appuntamento nell’ambito della sostenibilità, promosso da Università Bocconi, Sustainability Makers, Fondazione Global Compact Network Italia, ASviS, Sodalitas, Unioncamere, Koinètica.
Contemporaneamente, tutto il materiale di ricerca e approfondimento sulle diverse situazioni nelle aziende a proposito di un modello organizzativo e di gestione dei brand che si ispirasse maggiormente a un concetto di rallentamento, veniva raccolto, trasformandosi, nell’ottobre 2013, appunto nella prima edizione del volume sul tema (Slow Brand. La gestione socio-economica della marca contemporanea), seguito, nel gennaio 2017, dalla nuova edizione aggiornata e ampliata (Slow brand. Vincere imparando a correre più lentamente).
Slow Brand Festival, la vetrina della compatibilità e coerenza produzione, filosofia slow e sostenibilità
Tra il 2013 e il 2015 si sono avvicendati incontri, approfondimenti, brainstorming e riflessioni, fino ad arrivare, nel giugno 2015 alla prima edizione dell’evento annuale, lo Slow Brand Festival, in collaborazione con Brandforum e l’Associazione Vivere con Lentezza, diventato ormai un appuntamento annuale e che dal giugno 2018 si è svolto anche in collaborazione con Almed, Alta Scuola in Media Comunicazione e Spettacolo dell’Università Cattolica.
Un festival il cui scopo è quello di portare all’emersione quelle esperienze aziendali che costituiscono le buone notizie del mondo delle imprese che troppo spesso vengono dimenticate dai grandi mezzi di comunicazione di massa, o, anzi, non sono diffuse dalle stesse aziende che scelgono come strategia di comunicazione la non comunicazione.
“Oggi il gap tra il doing e il telling è ancora troppo ampio – sostiene Musso – perché la cultura della comunicazione e dei suoi processi, malgrado ci troviamo in una società infodemica, è ancora troppo spesso un ostacolo anche per molte realtà di medie dimensioni“.
Sostiene Patrizia Musso che “Rallentare per un’azienda – un’organizzazione fatta di persone non solo di macchine – non significa fermarsi, ma, come ha dimostrato il periodo pandemico, mettersi in gioco con nuovi approcci collaborativi e nuovi modi di lavorare, nonché coraggiose gestioni dei brand da parte delle aziende“.
E questo attraverso vari elementi. Per fare un esempio, la sede aziendale stessa può diventare piattaforma relazionale per instaurare un rapporto unico e più duraturo con i dipendenti, per realizzare iniziative collaterali al mondo del welfare aziendale (dove l’esigenza/interesse/benessere dei dipendenti vengono messi al centro di attività/servizi) per promuovere azioni di comunicazione adeguate, creando così una vera e propria Slow Factory.
Questo può essere reso possibile da un’innovativa e coraggiosa capacità di ascolto e di osservazione delle necessità degli altri, attenzione e cura verso le nuove generazioni, volontà di trasferire ai più giovani conoscenza e consapevolezza, attitudine all’approccio multidisciplinare e alla condivisione, passione, competenza e impegno, fattori che sicuramente richiedono ancora molto lavoro per poter arrivare a una rappresentazione della realtà più completa.
E poiché compito dell’università è quello di sviluppare ricerca, Patrizia Musso nel corso degli anni ha coinvolto sempre più gli studenti anche nella gestione dello Slow Brand Festival, facendo proporre proprio a loro le candidature per le diverse categorie della manifestazione, candidature che fino a oggi erano state votate dalla giuria di professionisti esperti.
Ed ecco il capovolgimento del 2023 nell’articolazione dei lavori: è stato chiesto al panel dei 20 esperti di sottoporre la rosa delle candidature e sarà la giuria composta da 15 studenti (laureati e frequentanti alcuni corsi di laurea triennale e magistrale dell’Università Cattolica) con i loro nuovi modi di concepire il lavoro (al quale attribuiscono meno valore intrinseco, valorizzando di più il tempo liberato che carriera e denaro), a decretare la rosa dei vincitori dell’edizione di quest’anno, che si chiuderà con un evento pubblico il prossimo 18 maggio, in collaborazione con Almed.
Ma com’è possibile quantificare in qualche modo i passi avanti fatti in questi anni di lavoro per la conoscenza e l’applicazione dei concetti slow?
“Abbiamo coniato il termine Sroi, Slow Return On Investment, con un gioco di parole fin troppo facile, il possibile ritorno, ovviamente modificando anche il parametro temporale, che non è più l’imperativo qui e ora” sottolinea Musso.
In effetti lo Sroi non può essere calcolato secondo gli schemi tradizionali, ma valutando alcuni indicatori con occhi nuovi: per esempio, lo smartworking e lo slow-working non come problema (e/o ripiego) ma come opportunità, la fidelizzazione delle persone verso le dimissioni di massa, la vivibilità/equilibrio/benessere sul luogo di lavoro verso stress e altri parametri ancora, che via via la ricerca sul campo sta portando alla luce.
Crediti immagine: Depositphotos