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Le conseguenze del danno ambientale: da locale a globale. Il caso dei Pfas

inquinamento acqua
Immagine da Depositphotos

La valutazione e la gravità di un danno ambientale deve tenere conto degli effetti globali e non solo locali. Prendiamo il caso dei Pfas, le sostanze chimiche artificiali che, ormai sappiamo, avrà effetti duraturi.

Quando si parla di tutela dell’ambiente, l’effettivo impatto di una azione viene valutato considerando il danno che essa genera sul territorio e sulla comunità. Ma come si valuta la gravità di un danno ambientale?

Esistono due approcci per valutare la gravità di un danno ambientale, uno di tipo locale e l’altro di tipo globale. In entrambi i casi, il fattore tempo diventa la variabile determinante per valutare l’effetto del danno.

Facciamo un esempio. Un’azienda localizzata in uno specifico territorio opera quotidianamente seguendo le legislazioni obbligatorie che, con specifico riferimento al tema ambientale, sono state scritte imponendo dei limiti legislativi calibrati rispetto alla specifica area geografica in cui si trova tale azienda.

Ciò significa che se, per esempio, consideriamo l’impiego della risorsa acqua nella produzione di un bene e il successivo scarico del refluo utilizzato in un corpo recettore, una legge determinerà i parametri chimici che lo scarico deve rispettare per rispettare l’ambiente e la comunità locale.

Tali parametri sono determinati sulla base delle conoscenze chimiche e delle tecnologie di trattamento tipiche del momento in cui il testo normativo viene scritto. In questo modo il legislatore tiene sotto controllo il rischio locale, correlabile al contesto ambientale, minimizzando il danno ambientale di breve periodo.

Un esempio di danno ambientale: i Pfas

Il caso Pfas (sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate) ci ha insegnato che tuttavia preoccuparsi solo del rischio locale spesso non è sufficiente per garantire la tutela di un territorio e della comunità su un arco temporale di lungo periodo.

A distanza di molti anni infatti, l’evoluzione delle conoscenze chimiche e delle tecnologie disponibili possono comportare una riclassificazione del pericolo correlabile a un composto chimico.

I Pfas, sono un gruppo di oltre 1.000 sostanze chimiche artificiali che a partire dagli anni cinquanta, si sono diffuse in tutto il mondo, utilizzate soprattutto per rendere resistenti ai grassi e all’acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti, ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa, nonostante la loro identità chimica e i loro effetti nel tempo non fossero completamente conosciuti e mappabili.

Il loro impiego e i sistemi di trattamento utilizzati erano permessi negli anni passati ma con il passare del tempo è aumentata la consapevolezza che tali sostanze se gestite in modo non idoneo e con sforzi tecnologici importanti, potessero comportare seri danni per ambiente e per l’organismo a causa della loro mobilità, fino a tramutarsi negli anni più recenti in danni sanitari per la comunità.

Preoccuparsi delle generazioni future, significa approfondire la gestione ambientale e territoriale preoccupandosi dei danni ambientali non solamente nel breve periodo, ma soprattutto nel lungo periodo, cercando di simulare le conseguenze delle scelte fatte oggi rispetto ai risvolti che le stesse potranno avere nel in futuro attraverso l’applicazione di modelli matematici previsionali.

Il ruolo scientifico della sostenibilità consiste nella valutazione del danno su scala globale, garantendo la tutela delle risorse che riceviamo in eredità per le generazioni future.

Crediti immagine: Depositphotos

(articolo redatto da Michele Milan)

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