La strada per la decarbonizzazione è la produzione di energia elettrica attraverso le rinnovabili: ma per rendere efficiente e scalabile il sistema è necessario che i sistemi di accumulo facciano un ulteriore passo in avanti tecnologico.
La domanda di energia elettrica è destinata ad aumentare notevolmente da qui al 2050 rendendo necessaria una profonda revisione del sistema elettrico, se si vogliono raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione.
Secondo il Laboratorio Ref Ricerche, nel 2050 ci sarà una domanda di energia elettrica in Italia pari a 670 Twh, dei quali il 5% potrà ancora essere coperto con combustibili fossili.
Questo significa uno sforzo notevole per lo sviluppo della produzione da energie rinnovabili – solare ed eolico principalmente – con conseguente necessità di sviluppo dei sistemi di accumulo per immagazzinare elettricità e fornirla quando la produzione risulta inferiore alla domanda.
Ref Ricerche, su questo scenario, ha sviluppato un position paper nel quale presenta gli scenari di sviluppo della capacità di accumulo al 2050 e i relativi costi per il sistema, ipotizzando diverse evoluzioni della generazione elettrica dalle varie fonti.
Quale sarà il ruolo dei sistemi di accumulo?
Per il pieno raggiungimento degli obiettivi europei di decarbonizzazione è necessario considerare anche il fabbisogno di capacità di accumulo, fondamentale per riallineare temporalmente produzione e consumo di energia elettrica.
Il primo passo è cercare di capire – attraverso delle ipotesi – di che entità sarà questo bisogno, in maniera da iniziare a progettarne lo sviluppo.
Attualmente, scrive Ref Ricerche nella sua analisi, “oltre ai pompaggi idroelettrici, due sembrano i sistemi di storage in grado di supportare lo sviluppo di ingente potenza da fonti non programmabili: i sistemi di accumulo a batteria, e la produzione di idrogeno, che, tramite un processo di elettrolisi che utilizza come input l’elettricità in eccesso e acqua, può essere immagazzinato e riconvertito in elettricità in un secondo momento.
Questi due sistemi di accumulo potrebbero avere ruoli parzialmente differenti nel sistema elettrico pienamente decarbonizzato: le batterie riuscirebbero a sopperire al problema di scissione temporale, mentre l’idrogeno come meccanismo di scissione anche spaziale della produzione di energia.
Ciò è dato dalla natura sostanzialmente stazionaria delle batterie, che possono prelevare ed immettere in rete dallo stesso nodo; mentre l’idrogeno può essere prodotto in un luogo e trasportato in un altro“.
Il sistema elettrico, pertanto, proprio in virtù della non programmabilità della produzione da fonti rinnovabili dovrà riuscire a sopperire a queste problematiche per poter utilizzare in modo ottimale la produzione attraverso i sistemi di accumulo.
Quali sono le tecnologie che abbiamo a disposizione?
Com’è immaginabile oggi la sfida tecnologica principale è sviluppare sistemi di accumulo sempre più efficienti, veloci e poco costosi per accogliere l’enorme richiesta di energia elettrica che le reti si troveranno a dover gestire nei prossimi anni.
Nel paper si legge a questo proposito che, oggi, “rispetto ad altre soluzioni come batterie al piombo (Pb-acido), batterie sodio-zolfo (NaS), batterie al sodio e nichel cloruro (NaNiCl2) o le batterie a flusso redox, la tecnologia dominante per l’elettronica portatile, per i veicoli elettrici e i sistemi di accumulo è quella delle batterie agli ioni di litio (Lib).
L’efficienza del ciclo della maggior parte dei dispositivi elettrici ed elettrochimici raggiunge attualmente il 95%. Benché gli ioni di litio possano avere una durata del ciclo limitata, rispetto alle batterie Redox o Na–S, queste ultime richiedono ancora un forte progresso tecnologico prima di poter competere con le Lib“.
Com’è ovvio aspettarsi in una fase così vivace di ricerca scientifica e di sviluppo innovativo, non è possibile prevedere con certezza cosa accadrà in futuro.
Quali scenari energetici al 2050?
“Per la stima del fabbisogno di capacità di accumulo è stato calcolato il nuovo mix energetico in grado di soddisfare l’aumento della domanda di energia elettrica previsto per quella data e, allo stesso tempo, rispettare i target di lungo termine di decarbonizzazione relativamente al peso delle fonti rinnovabili nel mix stesso.
Per calcolare la capacità di accumuli necessaria a soddisfare il fabbisogno energetico al 2050, si è reso necessario sviluppare un modello con profilo orario di domanda e di produzione. Una volta ottenuto un primo bilancio elettrico orario al 2050, in cui in tutti i giorni dell’anno sono presenti ore in surplus e ore in deficit energetico, si è affrontato un ulteriore problema, ovvero come coprire le ore di deficit con fonti flessibili.
La risposta è stata che in un contesto di totale decarbonizzazione, il biometano rappresenta l’unica risorsa programmabile disponibile per la produzione di energia elettrica (le importazioni sono considerate in misura minore e sono particolarmente sensibili ai cambiamenti climatici e alla situazione energetica dei paesi confinanti). Nella simulazione effettuata, esso è stato ripartito su base oraria, attivando gli impianti a biometano quando l’impianto fotovoltaico non produce energia.
Le stime sul potenziale teorico di biometano producibile in Italia al 2050 presumono una disponibilità pari a 13 miliardi di metri cubi (corrispondenti a circa 70 TWh, a cui si ipotizza di aggiungere ulteriori 40 TWh da materia prima importata)“.
Per Ref Ricerche, quindi, una volta terminate tutte le risorse programmabili a disposizione del nostro ipotetico mix energetico al 2050, il deficit risultante va necessariamente coperto mediante l’uso di sistemi di accumulo, che dovranno accumulare energia durante le ore di surplus e rilasciarla nelle ore residue di deficit.
Quale sarà la capacità di stoccaggio?
“A prescindere dalle analisi sulle quantità finali da installare nel lungo termine, è certo che nel breve termine si renderanno necessari un certo numerodi sistemi di accumulo per sopperire alle discrasie tra produzione da energie rinnovabili intermittenti e picchi di domanda” scrive Ref Ricerche nella sua analisi.
Gli interventi per l’aumento della capacità accumulabile, si legge nel rapporto, sembrano indirizzati al bando di aste per l’assegnazione di capacità, invece che su uno schema che preveda sussidi diretti.
Quello che si prevede, quindi, è la nascita di un mercato per l’approvvigionamento a termine di capacità di stoccaggio e di un mercato successivo di prodotti di time-shifting.
Il primo si basa su delle aste competitive di approvvigionamento di capacità di stoccaggio in cambio di un premio annuale basato sulla capacità messa a disposizione.
I prodotti di time-shifting, invece, daranno il diritto di immagazzinare energia prodotta in un determinato momento in uno (o più) degli stoccaggi vincitori delle aste allo step precedente, per poi poterla immettere in rete successivamente.
Il position paper di Laboratorio ref Ricerche è consultabile online.
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