La data fatidica nella roadmap di bonifica della centrale nucleare di Fukushima, in Giappone, è il 24 agosto quando verranno rilasciate nell’oceano più di un milione di tonnellate di acqua radioattiva trattata. Le reazioni internazionali…
Arriva a conclusione il piano di bonifica e smantellamento dell’impianto nucleare di Fukushima, approvato due anni fa dal governo giapponese, nonostante le forti critiche di Cina e Paesi limitrofi, dei dubbi delle associazioni ambientaliste e dei gruppi di pescatori locali.
Il 24 agosto, dall’impianto nucleare gestito dalla Tokyo Electric Power Company (Tepco) verranno rilasciate nell’oceano le acque reflue radioattive trattate; si tratta di oltre un milione di tonnellate di acqua.
L’acqua, che è stata prima trattata per rimuovere gli inquinanti più dannosi, verrà rilasciata gradualmente in quantità molto diluite. La bonifica procederà quindi per molti anni: potrebbero volercene 30 o più per rimuovere tutto il combustibile nucleare, smantellare i reattori e rimuovere tutti gli edifici.
Secondo Greenpeace, nei serbatoi della centrale c’erano a inizio giugno di quest’anno 1.335.381 metri cubi di acque reflue radioattive: il 70% di queste, a causa del fallimento della tecnologia di trattamento Alps (Advanced Liquid Processing System), dovrà essere trattato nuovamente.
Per gli scienziati interpellati dall’associazione ambientalista i rischi radiologici derivanti dagli scarichi non sono stati pienamente valutati e, inoltre, sono stati ignorati gli impatti biologici del trizio, del carbonio-14, dello stronzio-90 e dello iodio-129, che saranno rilasciati negli scarichi.
Di parere contrario invece l’agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) che a luglio aveva dichiarato che il piano del governo giapponese soddisfava gli standard di sicurezza e che il rilascio dell’acqua trattata non dovrebbe rappresentare una grave minaccia per la salute umana.
In un rapporto presentato ufficialmente dal direttore generale Rafael Mariano Grossi al primo ministro giapponese Fumio Kishida l’Aiea riporta inoltre che lo scarico dell’acqua trattata avrebbe un “impatto radiologico trascurabile per le persone e l’ambiente“.
Questa operazione genera come immaginabile forti tensioni nei Paesi vicini: Corea del Sud, Cina e le isole del Pacifico hanno espresso preoccupazione per i potenziali danni all’ambiente o alla salute delle persone.
La Cina ha già annunciato il divieto di importazione di cibo da 10 prefetture giapponesi, tra cui Fukushima e il rafforzamento delle ispezioni per monitorare la presenza di “sostanze radioattive, per garantire la sicurezza delle importazioni di cibo giapponese in Cina“.
Più sdegnato e forte il commento di Greenpeace che afferma che la decisione non tiene conto delle prove scientifiche, viola i diritti umani delle comunità in Giappone e nella regione del Pacifico e non è conforme al diritto marittimo internazionale. Soprattutto, l’operazione del 24 agosto 2023 ignora le preoccupazioni della popolazione, compresi i pescatori.
Preoccupazione anche in Italia, espressa anche dalla Coldiretti, visto che oltre 21 milioni di chili di pesci, crostacei e molluschi arrivanonel nostro Paese dalle acque del Giappone e finiscono in supermercati e ristoranti in cui il pesce viene consumato crudo.
Immagine di Nikkei Asia