La Cop15 è un incontro per addetti ai lavori, che in pochi conoscono, compresi gli obiettivi che i partecipanti si pongono, a cominciare dalla biodiversità, termine ancor più sconosciuto alla maggioranza dei cittadini.
La Cop15 – in sessione plenaria in questi giorni nella Montréal canadese – è la Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Diversità Biologica (Cbd), dedicata alla difesa della biodiversità.
Uno dei termini, quello della biodiversità, tra i più incompresi dai non addetti ai lavori. Vediamo cosa ci si può aspettare dunque dalla Cop15, a partire proprio da questa definizione sfuggente.
La Treccani specifica che la biodiversità è “la variabilità tra gli organismi viventi all’interno di una singola specie (diversità genetica); fra specie diverse e tra ecosistemi.
Le specie descritte dalla scienza sono in totale circa 1,75 milioni, mentre il valore di quelle stimate oscilla da 3,63 a più di 111 milioni. Peraltro, le stime risultano incomplete, poiché nuove specie vengono scoperte e aggiunte continuamente al totale generale“.
L’importanza della biodiversità – sempre secondo la Treccani – consisterebbe nel ruolo che riveste nel mantenere l’equilibrio dinamico della biosfera, contribuendo anche a governare i cicli biogeochimici e a stabilizzare il clima.
Dunque, salvaguardare la biodiversità, vuol dire prolungare la nostra vista su questo Pianeta. Ecco perché è così importante la Cop15, già ribattezzata la Cop di Parigi per la natura.
Sul piatto, un presupposto inquietante avallato dai dati rilasciati dalle Nazioni Unite: circa un milione di specie animali e vegetali sono a rischio di estinzione. Il tasso di estinzione è tale che un numero crescente di scienziati definisce la situazione attuale come il “sesto evento di estinzione di massa” sulla Terra.
La Cop15 finirà il 19 dicembre e dovrebbe arrivare a ratificare una bozza di risoluzione, quella fin qui chiamata di Kunming, con al centro la conservazione della biodiversità, l’uso sostenibile dei suoi componenti e l’equa condivisione dei benefici derivanti dall’uso delle risorse genetiche.
Siamo sulla buona strada?
Intanto, in Europa è stata approvata la legge contro la deforestazione che impone alle aziende di risalire lungo tutta la filiera di approvvigionamento, fino al singolo appezzamento di terra, pena l’applicazione di multe.
E questa pare essere di buon auspicio per la Cop15. Come sintetizza GreenPeace, la legge contro la deforestazione si applicherà alle aziende che vendono soia, carne bovina, olio di palma, legno, gomma, cacao, caffè e alcuni prodotti derivati come cuoio, cioccolato e mobili.
Un passo avanti importante, dato che finora i cittadini europei non avevano alcuna garanzia che gli articoli acquistati non fossero frutto della deforestazione. Però, accanto alle foreste vanno protette altre aree naturali assai sensibili come savane e torbiere.
“Non c’è dubbio che questa legge farà tacere un buon numero di motoseghe e impedirà alle aziende di trarre profitto dalla deforestazione – ha commentato Federica Ferrario, responsabile della campagna agricoltura di Greenpeace Italia – Però non tutto brilla oggi, dato che i governi dell’Ue hanno infilato alcune scappatoie per le industrie del taglio del legname e non hanno protetto in modo adeguato i diritti delle popolazioni indigene, che difendono la natura anche a costo della loro stessa vita.
Per questo oggi tutti gli occhi dovrebbero essere puntati sui nostri ministri e sulle nostre delegazioni alla Cop15, affinché si possa finalmente ottenere un accordo globale per la protezione della natura“.
Vedremo quante luci si accenderanno per festeggiare un Natale consapevole di biodiversità.
Aggiunta pubblicata il 19_12_2022 ovvero a fine Cop15:
Tirando le somme sulla Cop15 possiamo dire che vertice non sia riuscito a fornire l’ambizione, gli strumenti o i finanziamenti necessari per fermare un’estinzione di massa. L’obiettivo 30×30, di proteggere almeno il 30 per cento della terra e del mare entro il 2030 è stato accolto con successo, ma è ridotto all’osso. Secondo GreenPeace: “Venti miliardi di dollari all’anno fino al 2025 e poi trenta miliardi di dollari all’anno fino al 2030 sono un inizio, ma non sono sufficienti. Con un deficit di finanziamento della biodiversità di settecento miliardi di dollari, non è chiaro da dove verrà il resto del denaro. Il finanziamento non è solo una questione di quanto, ma anche di quanto velocemente. L’istituzione di un fondo nel 2023 dovrebbe far arrivare più velocemente i finanziamenti ai Paesi in via di sviluppo”.