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La forza depurativa delle microalghe

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Interessanti gli studi portati avanti presso l’Università Politecnica delle Marche per le bonifiche ambientali. Prevista la realizzazione di un impianto pilota volto alla depurazione di acque reflue urbane all’interno del progetto, finanziato dall’Unione europea, Microalgae 4.0.

Quando si sente parlare di alghe è facile pensare al mare e alle grandi praterie sottomarine dove trovano rifugio innumerevoli specie animali. Meno facile è pensare alle microalghe, parenti strette delle ben più note macroalghe ma che a queste non hanno nulla da invidiare.

Le microalghe fanno parte del fitoplankton e si stima che circa 1/3 dell’ossigeno che respiriamo derivi dalla fotosintesi di questi microorganismi che, al pari delle piante, producono ossigeno a partire da luce e anidride carbonica.

Negli ultimi anni le microalghe sono sotto i riflettori di molte aziende e istituti di ricerca e da tempo sono considerate come una delle tante possibili soluzioni per contrastare la crisi climatica che stiamo vivendo: con produttività 10-20 volte maggiori delle piante le microalghe possano assimilare molta più CO2, che viene convertita in molecole di grandissimo interesse fra cui acidi grassi omega3 e omega6, amminoacidi essenziali, precursori di bioplastiche e molte altre.

Restando in tema di sostenibilità ambientale, un interessante campo di applicazione delle microalghe prevede il loro utilizzo nella fitodepurazione di acque reflue: le microalghe, al pari dei batteri, usano il carbonio organico e altri elementi inquinanti presenti in questi scarti come fonte di energia per la propria crescita depurando al contempo il mezzo in cui si trovano.

Il processo di depurazione risulterebbe più green rispetto ai metodi tradizionali per due motivi principali:

1) le microalghe oltre al carbonio organico utilizzano anche la CO2 atmosferica riducendone la quantità presente in atmosfera

2) le microalghe convertono i nutrienti presenti nelle acque reflue in composti a elevato valore commerciale e industriale che possono quindi essere riutilizzati in un’ottica di circolarità

Di questo processo, l’Algae Lab, il laboratorio di Fisiologia delle Alghe dell’Università Politecnica delle Marche, si occupa ormai da diversi anni e anche grazie a numerose collaborazioni con aziende e altri enti di ricerca è riuscito a ottenere importanti risultati dimostrando come la fitodepurazione sia un processo innovativo, affidabile ma soprattutto sostenibile.

A oggi, il gruppo di ricerca ha effettuato prove sperimentali in laboratorio utilizzando acque reflue urbane, acque di vegetazione (acque reflue prodotte durante l’estrazione dell’olio d’oliva) e digestato (sottoprodotto della digestione anaerobica).

In tutti questi casi i risultati ottenuti hanno sempre confermato l’affidabilità di questa tecnica e presto, in collaborazione con il WweeLab, gruppo di ricerca di ingegneria della medesima università, è prevista la realizzazione di un impianto pilota volto alla depurazione di acque reflue urbane all’interno del progetto finanziato dall’Unione europea Microalgae 4.0.

Nel mondo attuale in cui la sostenibilità dei processi industriali è primaria, la fitodepurazione con microalghe può essere un’interessante e valida alternativa ai processi tradizionali.

Crediti immagine: Depositphotos

(articolo redatto da Lorenzo Mollo, plant biotechnologist, Università Politecnica delle Marche)

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