Dopo anni di crescita a due cifre il futuro dell’eolico in Italia è piuttosto incerto, soprattutto a causa del quadro normativo, e intanto l’innovazione si concentra su impianti sempre più efficienti e sulla conquista dell’offshore, prossima frontiera del settore.
La seconda fonte rinnovabile in Italia per potenza installata, ma la prima per produzione elettrica (dati 2010 secondo il Wind energy report del Mip) è l’eolico, che nonostante il galoppo del fotovoltaico, ha mantenuto tassi di crescita di tutto rispetto: si parla di circa 1 GW all’anno nonostante l’incertezza normativa e i continui cambiamenti dei certificati verdi, che hanno creato confusione negli operatori.
L’incremento è stato di circa il 25% negli ultimi 10 anni, fino ad arrivare agli attuali 7 GW di potenza eolica in impianti di grande taglia.
Questi parchi eolici assicurano una produzione di circa 10 TWh di energia elettrica, all’anno in grado teoricamente di soddisfare il fabbisogno di 3 milioni di famiglie.
“Il tasso di crescita è però destinato a dimezzarsi o quasi” spiega Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy & Strategy Group del Mip, artefice di un report sul business dell’energia eolica “Perché l’ultimo conto energia e i relativi decreti hanno cambiato lo scenario: saranno finanziati fino a 500 MW e il repowering, la riqualificazione di parchi eolici già esistenti, che si stima abbia una potenzialità di circa 150 MW l’anno e complessivamente di 2,7 GW”.
La tariffa omnicomprensiva è di 30 centesimi per Kwh prodotto, per gli impianti sotto i 60 Kw l’incentivo sarà diretto, fino a 5 MW sarà costituito un registro relativo ai piccoli impianti, al di sopra di questa taglia è prevista una procedura d’asta, mentre i certificati verdi sono destinati a sparire.
Nonostante le buone performance il nostro Paese sconta anche in questo settore la lentezza della burocrazia e prezzi di realizzazione più alti. Un impianto costa in Italia mediamente il 20% in più rispetto agli altri Paesi europei. L’acquisizione dei terreni e la predisposizione delle necessarie infrastrutture costa il doppio rispetto alla media europea, mentre sviluppo e progettazione, soprattutto per quanto riguarda le autorizzazioni richiedono un investimento del 25% in più.
Ecco perché la produzione di energia eolica arriva a costare, in Italia, circa il 25% in più, confrontata con l’Europa. Le lungaggini burocratiche sono invece responsabili del nanismo degli impianti italiani. Ancora nel 2011 la taglia da 850 kW, che era considerata grande 10 anni fa, rappresentava il 35% dell’installato, mentre nel mondo non supera il 19% e i nuovi impianti sono quasi 4 volte più potenti.
Ovviamente però, finché l’iter autorizzativo continuerà a durare 4-5 anni, i progetti all’avanguardia al momento della progettazione, una volta finiti saranno inevitabilmente superati. Nonostante questo la filiera, composta da oltre 230 imprese italiane, ha generato nel 2011 un fatturato 3,3 miliardi di euro. Il 71% delle imprese di progettazione e installazione è italiano, così come gestione e manutenzione sono affidate nella stragrande maggioranza dei casi ad aziende italiane.
La tecnologia è invece appannaggio per lo più di imprese straniere, spesso con base in Italia. Nonostante la massiccia presenza della danese Vestas, leader di mercato, e di colossi come Ge Energy e Siemens, esistono realtà italiane interessanti come Moncada Energy e Leitwind.
E quest’ultima segna un’espansione che l’ha portata nel 2011 a installare 8 MW in Italia. L’eolico è stato fino a oggi un settore piuttosto redditizio: l’Energy & Strategy report ha calcolato una redditività fra il 15 e il 20% per impianti intorno ai 25.000 MWh/MW e tra il 2 e il 5% per una taglia fino intorno ai 1000 MWh/MW.