Investire bene – in senso etico e sostenibile – fa bene anche finanziariamente: è quanto illustra il Rapporto sulla finanza etica e sostenibile in Europa, presentato a Bruxelles dalla Fondazione Culturale di Banca Etica.
Il report analizza le prestazioni delle 23 banche etiche e sostenibili presenti in Europa – il criterio adottato per individuarle è stato quello dell’adesione alla Global Alliance for Banking or Values e alla Federazione europea delle Banche Etiche e Alternative – mettendole a confronto con quelle delle 15 banche sistemiche europee individuate dall’Autorità Bancaria Europea (EBA).
Il lavoro che ha trovato la sua sintesi nel Rapporto sulla finanza etica e sostenibile in Europa, si distingue da altre analisi finanziarie tradizionali perché, oltre a misurare la crescita degli asset investiti secondo criteri di sostenibilità, ha studiato il versante del credito, misurando quanto la finanza sostenibile dia credito a famiglie e imprese e sostenga la creazione di valore e occupazione, nel rispetto dell’ambiente, della legalità e dei diritti umani.
Cosa racconta il Rapporto sulla finanza etica e sostenibile in Europa
I risultati dello studio non lasciano spazio ad alcun dubbio: negli ultimi 10 anni le banche etiche hanno continuato a fare le banche in modo classico, raccogliendo depositi e concedendo prestiti mentre le banche sistemiche (le cosiddette too big to fail) si sono dedicate molto di più ad altre attività (investimenti in titoli, servizi finanziari).
Nel 2017 la concessione di crediti rappresentava in media quasi il 77% delle attività totali per le banche etiche e sostenibili ma solo il 40,52% per le grandi banche tradizionali.
Le banche etiche hanno mostrato performance migliori anche sul piano dei rendimenti: tra il 2007 e il 2017 le banche etiche e sostenibili hanno reso oltre il triplo rispetto alle banche tradizionali, con una redditività media annua (in termini di ROE-Return on Equity) del 3,98% contro l’1,23%. In effetti, fino al 2006/2007 le banche sistemiche hanno potuto godere di profitti drogati dalla speculazione e dall’indebitamento, ma poi quella fase è finita.
Così mentre chi aveva contribuito alla crescita esponenziale delle masse investite in strumenti sempre più sofisticati e speculativi si è dovuto dedicare a rimettere ordine ai propri asset per non essere travolto dallo scoppio delle bolle, ritirandosi anche dal credito all’economia reale, le banche etiche hanno potuto invece svolgere al meglio il proprio compito, trovando anzi ancora più spazi di crescita.
Se causa crisi economica poi la crescita dei colossi bancari europei si è fermata o comunque è molto rallentata, gli attivi, i depositi, i prestiti e il patrimonio netto delle banche etiche e sostenibili aumentano con percentuali intorno al 10% annuo.
Le normative e le proposte necessarie allo sviluppo del settore
Se le banche etiche sono strutturalmente diverse rispetto alle banche sistemiche e si sono dimostrate anche più resistenti alla crisi, è allora urgente approvare normative, a livello nazionale e in Europa, che riconoscano e premino questa diversità.
La terza parte del Rapporto sulla finanza etica e sostenibile in Europa analizza com’è cambiato il sistema finanziario a dieci anni dallo scoppio della crisi, quanto pesano ancora sulle decisioni politiche le lobby della finanza e quante occasioni di riforma si siano perse per strada negli ultimi anni, con il ritorno di un vento di restaurazione preoccupante su entrambe le sponde dell’Atlantico.
In particolare, il movimento della finanza etica e sostenibile auspica maggiore coraggio da parte della Commissione Europea che fin qui sembra volersi concentrare sui soli aspetti ambientali, mettendo in secondo piano i criteri sociali.
Un errore di prospettiva che Banca Etica, insieme a Gabv (Global Alliance for Banking on Values) e Febea (Federazione Europea delle Banche Etiche e Alternative) sta cercando di far modificare, grazie alla presentazione di emendamenti al progetto di riforma.