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Il problema del greenwashing si fa sempre più ampio

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Foto da PxHere

L’apparire invece dell’essere, vantare un’attenzione all’ambiente che, invece, non c’è e viene mostrato a soli fini commerciali: ecco in sostanza cosa è il greenwashing, problema che si fa sempre più acuto visto l’interesse dei cittadini a prodotti e aziende sostenibili. Ecco i risultati di un’indagine dell’Unione europea

L’interesse degli italiani verso l’ambiente e la sostenibilità è molto cresciuto negli ultimi 10 anni: secondo i dati di un’indagine svolta da Swg a marzo di quest’anno e commissionata da Bluenergy Group, il 77% degli intervistati ha manifestato un forte interesse verso la tutela e l’impegno personale verso il nostro ecosistema – con un picco dell’84% tra i laureati.

Interesse che va addirittura oltre quello per la situazione economica, con la maggioranza assoluta – il 54% – del campione che antepone, per importanza, il miglioramento delle condizioni ambientali alla crescita dell’occupazione.

Ovvio allora che questa risvegliata attenzione verso la sostenibilità abbia attivato anche le mire commerciali e comunicative più disinvolte.

Che cadono per l’appunto nel greenwashing, neologismo con il quale si intende, per l’appunto, una “strategia di comunicazione volta a sostenere e valorizzare la reputazione ambientale dell’impresa mediante un uso disinvolto di richiami all’ambiente nella comunicazione istituzionale e di prodotto, non supportato da risultati reali e credibili sul fronte del miglioramento dei processi produttivi adottati o dei prodotti realizzati” – (fonte glossariomarketing.it).

Capita allora di leggere di aziende attente all’ambiente e alla sostenibilità perché “hanno eliminato i bicchieri di plastica del caffé in ufficio” o che “utilizzano in una minima parte della loro produzione plastica riciclata” o, ancora che “piantano alberi in Africa” continuando a invadere i mercati avanzati di plastica.

I casi sono molti, tanto che anche la Commissione europea, insieme alle associazioni dei consumatori europee hanno effettuato una ricerca sui siti web delle aziende per valutare quanto diffuso sia il problema del greenwashing nel nostro continente.

L’esercizio viene svolto annualmente per controllare e identificare eventuali abusi comunicativi che violino il diritto dei consumatori dell’Ue; quest’anno, per la prima volta, l’indagine si è concentrata proprio sul greenwashing.

Lo “sweep” – così viene chiamata l’indagine – ha analizzato le affermazioni a sostegno delle attività green delle aziende sui loro siti web – in vari settori commerciali quali abbigliamento, cosmetici ed elettrodomestici.

Con risultati non proprio positivi per quasi la metà deli siti presi in considerazione.

Non è corretto – afferma il commissario alla giustizia Didier Reyndersapprofittarsi del desiderio dei cittadini europei di avere una vita sana e sostenibile e io applaudo le aziende che si sforzano di produrre prodotti o servizi ecologici. Tuttavia, ci sono anche aziende senza scrupoli, che ingannano i consumatori con affermazioni vaghe, false o esagerate“.

L’ampio screening effettuato su 344 siti web ha portato ad appurare che:

  • in più della metà dei casi, l’azienda non ha fornito informazioni sufficienti per permettere ai consumatori di giudicare l’accuratezza delle sue affermazioni
  • nel 37% dei casi, le affermazioni pubblicate erano vaghe e generiche come “consapevole”, “eco-friendly”, “sostenibile” e miravano soprattutto a trasmettere ai consumatori l’impressione non comprovata che un prodotto non avesse alcun impatto negativo sull’ambiente
  • nel 59% dei casi l’azienda non ha fornito prove facilmente accessibili per sostenere la sua affermazione

La valutazione finale ha quindi rilevato come, tenendo conto di vari fattori, nel 42% dei casi totali l’affermazione pubblicata online dalle aziende potesse essere falso o ingannevole e che potesse potenzialmente equivalere a una pratica commerciale sleale secondo la direttiva sulle pratiche commerciali sleali (Ucpd).

Come può difendersi allora il cittadino di fronte all’aumento delle pratiche di greenwashing? Come Edizioni Green Planner racconta da anni, la cosa importante è informarsi bene – il tema delle fake news è stato affrontato in un convegno online – e non fermarsi alla prima affermazione di marketing diffusa dai brand.

La conoscenza e la lettura di varie fonti aiuta quindi a prendere decisioni obiettive, basate su dati e non su sensazioni personali o impulsi emotivi.

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